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L’Italia da vicino: commenti e proposte

Le parole che normalmente usiamo si rivelano talvolta insufficienti a designare certi particolari concetti. Prendiamo “nazionalista”, parola dalla connotazione negativa. Sarebbe molto utile, che in italiano e nelle altre lingue, accanto a “nazionalista”, esistesse un vocabolo designante semplicemente l’amante della nazione, ossia l’individuo per il quale la nazione – la sua e le tante altre – è una realtà positiva.  

 

Io sono un “amante della nazione”, ossia amo il concetto di nazione, cui contrappongo sia un utopico anzi distopico governo mondiale, sia il tribalismo e le altre forme di aggregazioni umane che non si basano sul legame con un “territorio” e su un passato comune, ma sui legami di sangue o su altri tipi di legami miranti a discriminare ed escludere chi non appartiene alla propria tribu’ o fazione. 

 

Walter Veltroni non ama la nazione. Titolo di un suo articolo: “Allarme ambiente globale: il nazionalismo è perdente”. L’articolo ci dice che il riscaldamento del pianeta terra, conseguenza dell’inquinamento ambientale, suscita una diffusa paura, “la quale postula una risposta globale, non nazionalista, non sovranista. Infatti solo se le nazioni della terra si accorderanno sulle limitazioni delle emissioni in atmosfera, il mondo si salverà.”  

 

Immagino che anche il problema dell’immondizia che affligge la capitale, il problema delle discariche abusive e dei numerosi abusi perpetrati nella penisola a danno dell’ambiente – l’alto livello delle polveri sottili, ad esempio, nei centri urbani cementificati ad oltranza e con un traffico automobilistico demenziale – potranno essere risolti solo quando noi italiani riusciremo, insieme con il resto delle nazioni del mondo, a creare un governo mondiale. E riusciremo a disciplinare il traffico non solo a Napoli ma contemporaneamente al Cairo e a Manila. 

 

Si dovrà aspettare un bel po’, insomma. Grottesco è l’uso che Veltroni fa del dizionario italiano. Usa il termine “nazionalista” nella frase “una risposta globale, non nazionalista, non sovranista”. Al posto di “nazionalista” la parola da usare in una simile frase sarebbe “nazionale”. Ma non pago di “nazionalista”, Veltroni aggiunge “sovranista”, altro termine che, per volontà dei padroni del discorso, è diventato una mala parola.  

 

Da tempo, in Italia, i mass media della penisola tendono ad identificare l’origina etnica dell’aggressore, criminale, omicida, assassino, o trasgressore che sia. E specificano anche quando si tratta di un italiano. Una precisazione logica, io trovo, poiché stando alle statistiche, che ci vengono taciute dalle autorità, il tasso di criminalità degli immigrati è “sei volte piu’ alto di quello degli italiani.” (lo studioso Luca Ricolfi, intellettuale di sinistra). Quindi è una precisazione utile quando i giornali scrivono: “Sembra sia stato un magrebino ad accoltellare a morte la banconiera cinese”. 

 

Un mio modesto contributo d’idee al teatrino italiano. I notiziari del TG2 della penisola si concludono con un complesso canoro o con un cantante, spesso rap, che aggiunge il suo sgangherato prodotto culturale ai servizi Rai precedenti, consacrati a pagine di cronaca violenta. Ebbene io proporrei a quelli del TG2 di anticipare l’“importante” pagina culturale costituita dalla canzone italiana, che di italiano ormai non ha assolutamente nulla. Suggerisco loro di mettere il cantante all’inizio. Il fatto di porre all’inizio e non alla fine il frutto grottesco e avvilente del colonialismo culturale subito dall’Italia, già paese del bel canto, preparerà meglio il telespettatore straniero, che dell’Italia ha ancora un’immagine ideale, al “rap” che verrà dopo, ossia alla diarrea di parole che fuoriesce dalla classe politica italiana, e oggi in particolare dall’opposizione.

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