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Canada multietnico e… “intollerante”

Il Punto di Vittorio Giordano

Dopo la strage di Québec city, il Re è più che mai nudo. Nemmeno il Canada, Paese pacifico, accogliente e multietnico per antonomasia, è vaccinato contro la violenza ed è immune dal terrorismo. Qualche avvisaglia, a dire il vero, si era già avuta qualche anno fa: era il 22 ottobre del 2014 quando Michael Zehaf-Bibeau, un canadese convertito all’Islam, aveva fatto irruzione in Parlamento a Ottawa stroncando la vita di un soldato; due giorni prima, a Saint Jean sur Richelieu, Martin Couture-Rouleau, anche lui convertitosi all’Islam jihadista, si era lanciato con l’auto contro due militari, uccidendone uno. La memoria, purtroppo, è selettiva: tendiamo a ricordare solo ciò che ci piace, ci serve o ci conviene. Ma è un inganno cognitivo, sebbene inconscio. La verità è che non possiamo prescindere dal passato che, da che mondo e mondo, è ‘magistra vitae’ ed è imprescindibile per costruire il futuro. E il futuro del Canada, come quello di qualsiasi Paese occidentale, deve fare i conti con la ‘Spada di Damocle’ del terrorismo globale. Putroppo è così: nonostante l’oceano, nonostante lo spirito hippy da ‘volemose bene’, nonostante solo 150 anni di storia unitaria, nonostante il progressismo solidale di Trudeau, nonostante il ‘multiculturalismo dorato’, anche il Paese degli Aceri è un bersaglio. Lo avevamo intuito, adesso ne abbiamo la certezza. Il risveglio è traumatico: il Canada si rivela più che mai fragile ed esposto. Una verità dolorosa che il Paese scopre – e qui sta la beffa, dopo il danno – sotto il governo liberale presieduto da Justin Trudeau, il politico anti-Trump per eccellenza, il leader progressista più popolare del momento sulla scena mondiale. Che proprio qualche giorno fa si è ulteriormente smarcato dal tycoon americano anti-immigrati, annunciando ‘urbi et orbi’: “A tutti coloro che stanno scappando da persecuzioni, terrore e guerra: i canadesi vi accoglieranno, a prescindere dalla vostra fede religiosa. La diversità è la nostra forza”. Sottintendendo che il multiculturalismo canadese è più attraente del melting pot americano. E che, se ieri il sogno era americano, oggi è canadese. Ne siamo proprio certi? In base ai dati resi pubblici recentemente dalla Polizia di Montréal, i crimini di odio sono cresciuti del 20% nell’ultimo anno: addirittura 52 le segnalazioni ricevute dal giorno del massacro alla moschea; mentre un sondaggio della Cbc-Angus Reid Institute rileva come il 68% dei canadesi auspichi che gli immigrati si impegnino maggiormente per integrarsi nella società che li ospita. Forse questo “fondamentalismo multiculturale” qualche falla ce l’ha. Uno Stato, per quanto giovane e aperto, non può prescindere da una spina dorsale, da un’appartenenza che affondi le sue radici in un’identità definita e sedimentata nel tempo. Per quanto secolarizzata, la società canadese è intrisa di valori cristiani: basti pensare alla storia, al patrimonio artistico e alla toponomastica. Perché negarlo? D’altro canto, l’altra faccia della medaglia del “populismo nazionalistico” – quel Canada senza un’identità definita e definitiva, che Trudeau stesso ha dipinto come “il primo Stato post-nazionale del mondo” – non ci mette affatto al riparo dai mali del nostro tempo. Per quanto “cool” e “friendly”, anche il Canada ha fallito. Così come il resto dell’Occidente. Il Canada delle “magnifiche sorti e progressiste” non è riuscita a prevenire il gesto violento di un altro suo ‘figlio’, un altro ‘lupo solitario’, un’altra vittima della società occidentale che si è lasciata ammaliare da quelle ideologie estremiste che sfruttano sempre di più le tecnologie digitali capaci di trascendere ogni confine, lingua o valore. Siamo tutti potenziali vittime e carnefici. È una guerra senza precedenti dove non c’è confine nazionale che tenga. E dove nessuna nazione può sentirsi inattaccabile, solo perché tollerante e multiculturale. A maggior ragione se sprovvista della consapevolezza di un’identità compiuta e definita, se orfana di valori imprescindibili che fanno di un insieme di Individui, che abitano lo stesso territorio, una Nazione compiuta e matura.

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