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Al Centro Dante zero contagi

La coordinatrice Nadine Zeidan: “Misure di protezione immediate, controlli frequenti e rigida formazione del personale”. Tra i casi più eclatanti, anche per la folta presenza di anziani Italo-Canadesi, ricordiamo la ‘Residenza Angelica’ a Montréal-Nord, dove si sono registrati ben 69 decessi (mentre in 162 sono guariti)

Il Centro Dante

Montréal  L’81% dei decessi legati al covid-19, in Canada, si sono verificati nei Centri di cura pubblici di lunga durata (CHSLD). Un’ecatombe che venerdì scorso, 3 luglio, è stato certificato anche dalla ‘Société royale du Canada’, la più antica organizzazione bilingue nazionale, che riunisce i più eminenti accademici, umanisti, scienziati e artisti canadesi, allo scopo di promuovere la conoscenza e la ricerca nelle arti, nelle lettere e nelle scienze. “Abbiamo agito male in Canada, in particolare in Quebec. Quello che è successo è spaventoso e non possiamo fare finta di niente”: sono le parole di Francine Ducharme, preside della facoltà di infermieristica dell’Università di Montreal e coautrice del rapporto, che ha stigmatizzato quanto accaduto come “tragico e prevedibile disastro”. Secondo gli ultimi dati disponibili, la pandemia ha fatto oltre 3.800 vittime nelle CHSLD in Québec, il peggiore bilancio di tutto il Canada. Secondo il presidente del Consiglio di protezione dei pazienti, Paul Brunet, “è stato un massacro”. “In effetti [il governo] ha trattato il popolo del Quebec come se esistessero due tipi di cittadini : –  ha poi rincarato la dose in un’intervista a TVA Nouvelles : – le persone sane, di cui si è preso cura immediatamente, e poi i CHSLD, gli anziani, di cui si è accorto solo a fine aprile-inizio maggio”. Un’accusa gravissima. Tanto che la Procura generale del Québec ha annunciato, nei giorni scorsi, un’inchiesta pubblica per fare luce su quella che si sta rivelando una vera e propria mattanza degli anziani nelle Case di cura. 

Ecco la lista, pubblicata dal Journal de Montréal, dei CHSLD con più di 70 decessi:

1. Centre Sainte-Dorothée, Laval: 100 morti, nessun caso attivo. 

2. Centre Notre-Dame-de-la-Merci, Montréal: 94 morti, 3 casi attivi.

3.  Centre Laurendeau, Montréal: 92 morti, 1 caso attivo.

4. Centre Champlain-Marie-Victorin, Montréal: 84 morti, nessun caso attivo. 

5. Centre Vigi de Mont-Royal: 81 morti, 1 caso attivo

6. Centre Yvon-Brunet, Montréal: 72 morti, nessun caso attivo.

7. Centre Saint-Jude, Laval: 71 morti, 9 casi attivi. 

Tra le altre Case di cura, ce n’è una in particolare, la ‘Residenza Angelica’, gestita dalla Congregazione delle Suore di Carità di Santa Maria, nel territorio di competenza del CIUSSS du Nord-de-l’Île-de-Montréal, che, in base agli ultimi documenti in nostro possesso, ha registrato ben 69 decessi, e 162 residenti che invece sono riusciti a guarire. Facendo due calcoli, sui 345 residenti (di cui il 45% circa di origine italiana), 231 (69 + 162) hanno contratto il virus, ossia il 66%, i 2/3 dei residenti. Una proporzione enorme. Le famiglie degli anziani passati a miglior vita, però, non hanno mai nascosto la loro rabbia e frustrazione. E nelle scorse settimane, come ha riportato CTV News il 26 maggio scorso, hanno manifestato davanti alla Casa di riposo per chiedere chiarezza e trasparenza. L’accusa più grave è quella di negligenza, visto che il personale – dicono i familiari – era ridotto all’osso per le tante defezioni (in tanti hanno dovuto rinunciare, perché infetti loro stessi; altri si sono allontanati per paura), oltre ad essere esausto, visti i turni di lavoro massacranti a cui erano costretti. Senza contare, sempre secondo le famiglie, l’equipaggiamento inadeguato (maschere e visiere protettive) e la mancata separazione nelle stanze tra contagiati e non. Disorganizzazione, improvvisazione e scarsa trasparenza: questi i principali capi di accusa da parte dei diretti interessati.  Dal canto suo, la Residenza ha sempre respinto tutte le accuse: “L’assistenza e i servizi garantiti ai residenti hanno goduto dello stesso standard di qualità da 50 anni a questa parte”, ha dichiarato la portavoce Mélanie Aussant, aggiungendo che la struttura ha ricevuto la menzione d’onore dagli esperti in sanità di ‘Accreditation Canada’. Ciononostante, le famiglie sono sul piede di guerra e sono pronte ad adire le vie legali denunciando la residenza con una class-action. E giovedì 23 luglio, alle 15, hanno in programma una veglia davanti allo stabilmento, in memoria degli anziani deceduti.

La Residenza Angelica

Se i Centri sanitari pubblici di lunga degenza hanno rappresentato l’epicentro dei decessi in Canada, ci sono delle eccezioni che meritano di essere celebrate. Tra le 60 CHSLD pubbliche di Montréal, sotto la giurisdizione dei Centres intégrés universitaires de santé et de services sociaux (CIUSSS), solo tre non hanno registrato nessun contagio e, di conseguenza, nessun decesso dovuto al covid-19 : il Padiglione Camille-Lefebvre, a Lachine, che dipende però dal Centre universitaire de santé McGill (CUSM); il CHSLD Father-Dowd (CIUSSS du Centre-Ouest-de-l’Ile-de-Montréal) ed il CHSLD Dante (CIUSSS de l’Est-de-Montréal), che tuttora è chiuso ai visitatori come misura precauzionale. Il ‘Centro Dante’, ricordiamolo, ha compiuto 39 anni lo scorso giugno. L’apertura del Centro nel 1981 ha realizzato il sogno di un’intera Comunità, desiderosa di offrire ai suoi anziani, immigrati di prima e seconda generazione, una “casa” dignitosa dove trascorrere gli ultimi giorni in un ambiente familiare. Fin dalla sua istituzione, il Centro Dante accoglie gli anziani con scarsa autonomia, offrendo loro un ambiente imperniato sul “comfort culturale”, avendo cura di perpetuare i valori culturali, gli usi, i costumi e le abitudini alimentari del loro Paese di provenienza. Il Centro d’accoglienza Dante, che fa parte dei 15 CHSLD integrati dell’est di Montréal, offre 100 posti letto di lunga durata, 3 letti per soggiorni temporanei ed un centro diurno che può accogliere fino a 100 persone. Abbiamo chiesto a Nadine Zeidan, coordinatrice del Centro Dante, il segreto di questo successo: “Il merito va al grande impegno, sia dei dipendenti che dei dirigenti, che hanno saputo mantenere chiusa ermeticamente la struttura verso l’esterno, implementando tutte le misure di protezione dall’inizio della pandemia, fin dai primi indizi della sua diffusione, fin dai primissimi casi in Québec e a Montréal. Misure come il divieto per il personale di spostarsi in altre residenze, la prevenzione ed il controllo di malattie ed infezioni (con la verifica di tutti i sintomi da covid, come tosse e febbre, tra i dipendenti all’inizio del turno di lavoro), e la rigida formazione del personale, con il lavaggio frequente delle mani e l’obbligo di indossare maschere e visiere. A partire dal 13 marzo, le famiglie non hanno più potuto rendere visita ai propri cari, se non per motivi strettamente umanitari e di fine vita. Visite che sono riprese solo il 18 giugno scorso, sempre nel rispetto di misure igienico-sanitarie molto stringenti. Senza dimenticare – ha concluso scherzando – il buon vino, la pasta e la salsiccia e tutte le ricette della cucina italiana….”. (V.G.)

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