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La religione come fonte di discordia

Il Primo Ministro del Québec, François Legault, si è attirato i fulmini per aver condiviso l’elogio fatto dal noto intellettuale Mathieu Bock-Coté al “buon vecchio fondo cattolico dei quebecchesi”; che spiegherebbe, tra l’altro, anche il forte senso di solidarietà esistente tra i quebecchesi.

I rapporti tra il cattolicesimo e il Québec sono un tema che suscita oggi uno scarso interesse. Perché? Con il trasferimento nella nuova terra si verifica un fenomeno particolare: il migrante divenuto immigrato abolisce il passato della terra da cui è stato accolto. L’immigrato pensa che il nuovo Paese abbia iniziato a vivere nel momento in cui egli vi ha messo piede. Questa “abolizione del passato” è stata attuata, paradossalmente, anche dalle élites quebecchesi, vergognose della cosiddetta “grande noirceur”, come viene chiamato il ruolo svolto per secoli dalla Chiesa in questo angolo di Nord America. Un ruolo per certi versi schiacciante. Ma la Chiesa ha anche  tanti meriti.Dopo la conquista britannica del 1760, essa assunse la difesa dell’identità del  popolo originario di Francia, sconfitto e senza leader.  Era una Chiesa-Nazione, ossia un apparato di tipo quasi statale che gestiva interi settori della vita sociale e amministrativa.

Il capovolgimento si ebbe con la “rivoluzione tranquilla”: la Chiesa-Nazione fu sostituita dallo Stato-Nazione ossia dal governo della “Province du Québec”. E il popolo quebecchese, sempre in nome di quel forte spirito collettivo che gli ha permesso di perdurare ed accrescersi come popolo distinto in Nord America, cambiò bandiera, passando a quella gigliata e  continuando la sua perenne difesa identitaria.

Si è parlato molto di libertà religiosa in relazione alle sale di preghiera nelle scuole, rivendicate soprattutto dagli islamici, ma cui si oppone il principio della laicità in vigore nel Québec. Il fondo culturale franco-quebecchese è cattolico – basti vedere la toponomastica piena di santi – ma oggi un suo fondamento è anche la laicità delle scuole. Lo stesso Québec è uno stato laico. Io non vedo in cio’ una contraddizione. Vi è stata un’evoluzione dei costumi, dei valori, dei sentimenti: cio’ spiega l’abbandono del cattolicesimo. Ma il passato non puo’ essere abolito, altrimenti occorrerebbe radere al suolo le chiese, cambiare la toponomastica, eliminare il Natale, e cancellare una parte dei tratti culturali dei quebecchesi già cattolicissimi.   

Chi si oppone al principio della laicità nel settore pubblico invoca il principio della libertà religiosa. Io considero invece che quando è esibita e propagandata – attraverso emblemi, simboli e capi d’abbigliamento – da persone che agiscono nel settore pubblico, la fede si rende colpevole d’intromissione. Nel settore del pubblico impiego nessuno dovrebbe far sfoggio della propria appartenenza ad un gruppo particolare, religioso o di un’altra natura. Oltre tutto, le religioni stesse tutte non sono un modello di “libertà religiosa”. Infatti, costruite sui dogmi, non permettono al “fedele” di criticare le verità “rivelate” su cui ognuna di esse si basa. A maggior ragione nelle scuole il maestro deve apparire religiosamente “neutro”. I gruppi di preghiera di virgulti suggestionabili è un folclore da respingere. Le religioni sono ormai tante, e l’idea di lasciarle libere di confrontarsi nelle aule scolastiche è da respingere.  La laicità è una difesa contro l’invadenza delle religioni del multiculturalismo tra cui in particolare quella musulmana, che relega la donna ai margini e pertanto si fa beffe di un nostro fondamentale principio giuridico che è la parità dei sessi (pardon: dei generi). Che ognuno preghi quindi da solo, o in gruppo se lo desidera, ma dove cio’ è permesso, quindi al di fuori degli ambienti scolastici.

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