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Sanremo: La musica fa solo da contorno…

Fa sempre riflettere quanto il pubblico sia volubile, visto che un attimo prima ti acclama e un attimo dopo vorrebbe vederti ardere sulla pubblica piazza. Di Blanco che perde il controllo non sentendo la sua voce in cuffia si può facilmente sostenere che il Festival di Sanremo sia troppo prestigioso per il ragazzino viziato in questione, che non ha avuto rispetto non solo del lavoro di chi aveva sistemato quei fiori, ma nemmeno del palco che lo ha consacrato e che gli stava dando l’opportunità di promuovere il suo ultimo singolo. Avrebbe dovuto semplicemente fermarsi e comunicare il problema piuttosto che tirare calci, spaccare tutto e fare quelle cose maledette che facevano le rockstar negli anni ’80 e che persino i Måneskin si guardano bene dal rifare.

 

Immenso il genuino Gianni Morandi, sempre umile ed entusiasta, che spazza le rose sul palco con la scopa e questa immagine si carica di significati. Piacere alle nonne, alle mamme e arrivare a noi, nel 2023, significa avere qualcosa di universale nelle proprie corde. Il talento, l’energia, la passione, l’autoironia e la resilienza morale di Morandi fanno benevola invidia a tutti. Un vero Signore della musica e nella vita.

 

Il “falco senza catene” Gianluca Grignani è arrivato a Sanremo da vero professionista: calmo, misurato, educato, disposto a scherzare su sé stesso prendendo atto di un mercato discografico completamente diverso da quello con il quale ha iniziato e portando in gara un brano intimo e commovente, una lettera d’amore di un figlio a un padre. Un’altra lezione di professionismo la dà durante la terza serata del Festival, quando chiede all’orchestra di fermarsi per un problema tecnico assolvendo un po’ implicitamente Blanco commentando “A questo punto della mia carriera, a 50 anni, so come fare, a 20 anni non lo sapevo”.

 

Su Chiara Ferragni bisogna partire da un onesto presupposto: qualsiasi cosa avesse detto, il pubblico e la stampa avrebbero avuto comunque da ridire. Se avesse parlato della violenza sulle donne qualcuno avrebbe potuto dirle che lei delle donne che subiscono violenza non ne sa niente perché è una privilegiata; se avesse parlato dell’hating online qualcuno avrebbe potuto dirle che c’è gente che per l’hating online si toglie la vita mentre lei ci fattura sul palco dell’Ariston. Per provare (invano) a salvarsi, la Ferragni ha dunque semplicemente parlato di sé, facendosi un selfie argomentativo non molto diverso da quelli fotografici che si fa su Instagram; una lettera dalla sua sé stessa adulta super realizzata alla sua sé stessa bambina, su sé stessa. Al netto dell’interpretazione impacciata, invita tutte le donne a fare pace con le proprie insicurezze e paure. Cose che dicono in continuazione molti intellettuali senza che nessuno commenti i loro vestiti. Ogni donna, neanche necessariamente femminista, avrà ovviamente apprezzato alcuni passaggi del suo monologo che però non era assolutamente necessario, parecchio auto-referenziato ed ego-centrato, senza spessore.

 

La svolta è arrivata, con piacevole sorpresa (quanti ci avrebbero scommesso, oggettivamente?) con Francesca Fagnani. Mai didascalica né retorica, fedele a sé stessa, ha portato a Sanremo un monologo scomodo, crudo e tagliante che arriva dove deve arrivare senza inutili giri di parole: “Lo Stato non può essere presente solo attraverso la polizia, lo Stato dovrebbe combattere la dispersione scolastica e la povertà educativa, dovrebbe garantire pari opportunità ai giovani. È una questione di democrazia, di uguaglianza su cui si fonda la nostra Repubblica. Lo Stato dovrebbe essere più attraente, più sexy dell’illegalità. Il detenuto andrebbe educato, non punito, e non dovrebbe mai diventare la vittima. Lo Stato non può applicare la sopraffazione e la violenza che appartengono alle persone che giustamente arresta. Se non ci arriviamo per civiltà e umanità, arriviamoci per egoismo. Conviene a tutti che un criminale una volta fuori cambi mestiere”. Si è divertita, sentendo la pressione il giusto, e sfruttando questa grande opportunità per fare quel vero giornalismo etico che non fa quasi più nessuno, almeno in prima serata. Grata, emozionata, ironica, sagace, per niente saccente, autorevole e sobria, usa bene la sua competenza. Perché la verità si può raccontare con la schiena dritta, senza la volgarità dei primi della classe.

 

Sull’intervento di Paola Egonu c’è un problema di fondo: parlare di razzismo è sacrosanto, accadono ancora episodi terribili e se sei un personaggio pubblico è giusto affrontare la tematica. Tuttavia, una volta che sei a Sanremo e devi per forza pagare la tassa del monologo, sarebbe bello provare almeno una volta a cercare di raccontare la persona andando oltre il colore della pelle. Si poteva parlare di tantissime cose: del successo, della pressione dello sport, del futuro, delle generazioni, eppure si tocca insistentemente solo quel tasto lasciando passare il messaggio sbagliatissimo che le artiste di colore su un palco come l’Ariston non possano parlare d’altro, come se la loro presenza fosse giustificata solo da questo. Invitare una nera a parlare di razzismo è di per sé abbastanza razzista.

 

Sulla performance un po’ strana di Angelo Duro si può essere confusi. Il sessismo, la misoginia e la bigotteria dei ragionamenti sono talmente estremi e surreali che, per quanto il tutto sia espresso con decisa convinzione (è il suo stile), bisogna dirsi che sta ovviamente applicando una psicologia inversa. Da vero siculo (scherziamo anche noi con il cliché dato che Duro è palermitano) propone alle donne di non lamentarsi mai dei tradimenti degli uomini, ma anzi di accettarli e anche di esserne grate se lo sfogo sessuale espletato altrove è funzionale alla sopravvivenza della relazione, condonando il luogo comune del maschio animale, semplice, incapace di trattenersi, mai sentimentale o intellettivo, che ha bisogno e diritto di divertirsi con le altre (come se anche le donne non volessero mai divertirsi con nessun altro…!) “basta che tornino sempre a casa”. Inutile essere ipocriti, tutti vogliono andare a prostitute. Ma sì… scherza…

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