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Benedetto XVI, testimonianza dell’amico Elio Guerriero: “Cumulo di menzogne su di lui”

(Adnkronos) – “Benedetto XVI è stato un uomo innamorato di Dio e degli uomini, di grande lucidità di pensiero, che desiderava pace e armonia per la Chiesa e l’umanità, che amava la musica e l’arte, che auspicava un nuovo umanesimo come propose in uno dei suoi più bei discorsi tenuto a Parigi al Collegio dei Bernardini. Resta il compito di trasmettere l’eredità del suo pensiero nella speranza che tanti finalmente l’accolgano per rendere giustizia non solo all’uomo ma al suo servizio alla Chiesa e all’umanità. Negli ultimi anni è stato un Padre sofferente nel fisico ma anche per il cumulo di menzogne sul suo conto, che ultimamente giungevano soprattutto dal suo paese, la Germania”. Lo afferma il teologo e storico Elio Guerriero, in una testimonianza affidata all’Adnkronos in cui rievoca episodi della sua lunga frequentazione, collaborazione e amicizia con Joseph Ratzinger.  

Il professore Guerriero è stato a lungo responsabile editoriale presso Jaca Book ed Edizioni San Paolo ed è stato direttore dell’edizione italiana della rivista “Communio” per più di 20 anni, fondata dallo stesso Ratzinger con altri due grandi teologi, Hans Urs von Balthasar ed Henri de Lubac. Ha conosciuto e frequentato Benedetto XVI fin dagli anni Ottanta; ha seguito la traduzione in italiano di molte sue opere, ha curato numerose antologie dei suoi scritti e discorsi, ha rivisto la traduzione italiana di “Gesù di Nazaret” e di “Annunciatori della Parola” per l’Opera Omnia per la Libreria Editrice Vaticana. Ha infine pubblicato il saggio “Benedetto XVI” per il volume “I cattolici e le Chiese cristiane durante il pontificato di Giovanni Paolo II”, volume XXVI della Storia della Chiesa diretta da A. Fliche e V. Martin (2006) e la biografia di Benedetto XVI “Servitore di Dio e dell’umanità” (Mondadori, 2016). 

Elio Guerriero ricorda di quando andò a trovare il Papa emerito Benedetto XVI al monastero Mater Ecclesiae in Vaticano qualche tempo dopo le dimissioni. “Mentre intorno ancora infuriavano le dicerie sulle ragioni delle dimissioni, lo trovai sorprendentemente sereno e fiducioso. Glielo dissi, mi rispose: ‘Che vuole. Ho qui i miei libri, i miei fedeli compagni di una vita. Guardando dalla finestra vedo sotto di me il Cupolone e mi sento in comunione con l’intera Chiesa cattolica. Ho finalmente tempo per pregare, per leggere qualche libro, per rispondere alla posta sempre copiosa’. Poi andai in visita una seconda volta per dirgli che avevo deciso di iniziare a scrivere la sua biografia. Mi guardò con stupore autentico – racconta Guerriero – Poi rispose unicamente ‘Già!?’. Feci presente che era inevitabile se non voleva il diffondersi e consolidarsi di notizie tendenziose e false. Lui rispose con un gesto a dire: se è così vai pure avanti. Dopo qualche anno mi feci coraggio e gli inviai il grosso manoscritto e dopo qualche tempo chiesi ancora di visitarlo. Avevo una certa ansia e lui capì subito. Quindi disse: ‘Sono a 15’. Non compresi immediatamente. Lui precisò: ‘Ho letto 15 capitoli del suo libro’. Poi mi consegnò una lista minuziosa di piccole precisazioni su luoghi e date. Sempre rispettoso della mia libertà di giudizio. Alla fine accettò anche di concedermi una intervista sulla sua sistemazione in Vaticano, sul modo in cui trascorreva il suo tempo sul modello di sant’Agostino e san Benedetto”.  

“Qualche tempo dopo una telefonata di mons. Gӕnswein mi annunciò che il papa emerito desiderava vedermi e mi fissò un appuntamento – continua Guerriero – Questa volta trovai Papa Benedetto amareggiato. Lo angustiavano le dicerie provenienti dalla Germania sulla sua presunta contrarietà al dialogo tra ebrei e cristiani. Mi chiedeva di tradurre e far conoscere in Italia un suo articolo dal titolo ‘Grazia e chiamata senza pentimento’, all’origine di quella diceria. Mi misi all’opera, tradussi il testo e chiesi di pubblicarlo prima ad una nota rivista cattolica di buona diffusione che rifiutò sull’onda della diceria, poi alla rivista carmelitana di spiritualità. Poi successe un fatto clamoroso. Il rabbino capo di Vienna prese le difese del papa, poi il rabbino Riccardo Di Segni incoraggiandomi a far conoscere la vera posizione ebraica. Decisi allora di ricavare dall’insieme dei documenti un piccolo libro dal titolo ‘Ebrei e cristiani’ che venne pubblicato dalle Edizioni san Paolo. Alla sua presentazione a Roma presso l’Università Lateranense erano presenti il rabbino capo di Vienna, Arie Folger, il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni. Inoltre il 16 gennaio 2019 il rabbino Folger poté recarsi in visita dal Papa emerito accompagnato da altri due importanti rabbini esponenti di comunità ebraiche di lingua tedesca. Ricordando quell’incontro, nella prefazione a Ebrei e cristiani Folger scrisse: ‘In verità non è più in un’età giovanile, ma sempre pienamente padrone di se stesso dal punto di vista intellettuale. In lui ho trovato un pensatore molto simpatico e profondo cui ripugnano l’antisemitismo e l’antiebraismo in tutte le sue forme'”.  

Prosegue Elio Guerriero nella sua testimonianza: “Venuta meno questa sofferenza, dalla Germania giunse un’altra accusa tanto più dolorosa quanto ingiusta come la prima. L’accusa di essere stato reticente sulla partecipazione ad una riunione nella quale venne deciso di accogliere nella Diocesi di Monaco un sacerdote proveniente da Essen lì inviato dal suo vescovo per sottoporsi ad una cura di analisi che all’epoca sembrava la soluzione migliore per guarire dagli abusi. In realtà il sacerdote in causa non era guarito ma aveva continuato nella sua perversione. Subito dopo Ratzinger, quando ancora si era ben lontani da togliere il velo su una vicenda all’origine di gravi sofferenze, era stato chiamato a Roma e si era completamente dimenticato di quel caso. La dimenticanza di un uomo di 95 anni gravemente sofferente, che da cardinale e da papa si era impegnato come nessun altro nella lotta contro l’abuso perpetrato da esponenti del clero, era bastata a lanciargli contro accuse gravi ed infamanti fatte proprie anche da alcuni vescovi”.  

Nella sua testimonianza, Elio Guerriero rievoca il suo penultimo incontro con il Papa emerito: “Era il 28 giugno del 2021 e potei visitarlo nel giorno antecedente il suo settantesimo anniversario di sacerdozio. Nel monastero c’era aria di festa. Nella cappella della casa vi erano alcuni membri di uno dei più famosi cori di Germania, quello dei ‘Passeri di Ratisbona’ che preparavano i canti da eseguire durante la Messa del giorno successivo. Papa Benedetto era radioso, ricordava con gioia il giorno della sua prima Messa, era ancora felice per quella scelta vocazionale”. 

Elio Guerriero rievoca, inoltre, l’inizio della sua frequentazione con il futuro Papa: “Conobbi Joseph Ratzinger da vicino per la prima volta nel lontano 1985 quando era da poco arrivato a Roma come prefetto della Congregazione della dottrina della fede, l’antico santo Ufficio. Ero passato da poco alle Edizioni San Paolo e il direttore della casa editrice mi affidò la revisione di un volume del cardinale. Visto che avevo un certo tempo ebbi la possibilità di svolgere un lavoro piuttosto accurato. Quando il direttore si presentò al cardinale per presentargli il libro, Ratzinger lo esaminò brevemente poi osservò: ‘Ho guardato le note e non ho trovato errori’. Era una promozione sul campo per cui ricevetti l’incaricò di revisionare e preparare tutti i suoi futuri libri. Qualche tempo dopo fui io a recarmi da lui per sottoporgli la richiesta di una prefazione favorevole ad un altro progetto dell’editrice. Io mi ero preparato un lungo discorso, dopo qualche minuto il cardinale mi fermò: ‘Stia tranquillo, ho capito, lo faccio, non si preoccupi’. E mantenne la parola”. 

“Poi la conoscenza cominciò a intensificarsi fino a diventare amicizia. Dopo qualche tempo dalla sua elezione mi telefonò il presidente dell’Editrice Vaticana: ‘Il Santo Padre desidera che lei si occupi della traduzione del suo libro su Gesù. Da parte mia devo chiederle di mantenere il segreto fino alla pubblicazione’. Cercai di obiettare qualcosa, gli impegni precedenti, i lavori arretrati, ma non avevo scelta. Poi chiesi una breve udienza privata con la famiglia che mi venne accordata – conclude la testimonianza di Elio Guerriero – All’incontro ricordai a papa Ratzinger che stavo lavorando al suo volume, lui mi sorrise, poi con il suo sorriso appena accennato tra l’ironico e l’affettuoso, disse: ‘Ma non si è ancora stancato di lavorare ai miei libri?’ Io replicai: ‘E lei non si è stancato di scriverli e di chiedere agli editori di affidarmeli’. Accennò a una carezza, poi si rivolse a mia moglie quasi scusandosi per il mio scarso contributo nelle cure familiari”. 

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