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Il ricordo dell’oblio

Ci sono eventi che scalfiscono il cuore e meritano l’erosione del tempo. Perché c’è una salvezza nell’oblio. Un dolore è fatto di lettere che lo compongono e che lo definiscono. Un dolore ci intaglia linee, dentro. Linee che ci scrivono; nel senso che scrivono “noi’’. Non sto pensando alle pene essenziali, quelle degne di aver scavato nel nostro cuore un abisso, e noi sul ciglio, bilicanti di responsabilità: gli orrori della guerra, la violenza, l’abuso. No. Penso, semmai, a cose che attendano davvero d’esser erose per insignificanza. Che ci suggeriscano d’essere dimenticate. Perché ci si apra una nuova prospettiva. Perché la vita riacquisti un senso, un ordine, una direzione. Per quelle cose, l’oblio è una sorta di salvezza. Spesso è nell’oblio che può ritrovarsi anche la forza inattesa e rinnovata di un ricordo. Sembra paradossale, ma affinché la memoria di un evento acquisti una sua preziosa indelebilità, è impossibile non sacrificare certi suoi dettagli. Affinché il ricordo, per esempio, di quell’alba attesa con la persona amata s’incunei nei moti del cuore e vi si tatui, sarà necessario forse far giustizia dell’ora esatta, del giorno, del mese, della toponomastica, dei trascurabili contrattempi che ci avrebbero impedito di vivere quell’alba se non vi avessimo opposto la forza del sentimento. Dimenticare dettagli, per meglio ricordare l’essenza di un evento.

 

Ne ‘’I giorni perduti’’ di Dino Buzzati, il protagonista ritrova, chiusi nelle casse che una misteriosa figura d’uomo gli ruba in casa e getta in un dirupo, tutti i momenti che egli aveva malamente dimenticato e non vissuto appieno, preso com’era dalla foga di un esistere disordinato e avido. Come desiderare tutto e ritrovarsi con il classico pugno di mosche. In una dimensione opposta, c’è il personaggio del racconto di Borges “Funes, o della memoria’’, schiavo dell’incapacità di dimenticare anche i più insignificanti dettagli della sua esistenza, e di conseguenza di “registrarli nel cuore’’, di “ricordarli’’ e di privilegiare, di quell’esistenza, gli istanti più meritevoli, più fondanti della sua vita. Far entrare nel cuore i momenti importanti del nostro tempo e della storia, “ricordare’’, spesso deve far giustizia di una memorizzazione asettica, priva di risonanza sentimentale, vòlta a fagocitare tutto per poi naufragare nel Nulla. È la fallace memoria dei tempi di Internet, cui solo l’oblio studiato di chi sceglie cosa ricordare può opporsi.

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