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Malattia di Niemann Pick, esperti a confronto su diagnosi e terapie

(Adnkronos) –
La malattia di Niemann Pick è una patologia ultra-rara: colpisce una persona ogni milione e per questo una diagnosi precoce è ancora difficile da ottenere. Dopo la Giornata internazionale dedicata alla malattia, che si celebra ogni anno il 19 ottobre, le esigenze dei pazienti in termini di diagnosi, presa in carico e gestione della patologia, e le nuove frontiere delle terapie sono stati i temi al centro di un incontro che si è svolto oggi a Roma presso il Montecitorio Meeting Center (MoMec), e in diretta online, promosso dall’Associazione italiana Niemann Pick Onlus in partnership con Sanofi e con la collaborazione di Omar – Osservatorio malattie rare. A fare il punto sullo stato dell’arte della malattia sono stati pazienti, associazioni e clinici.  

La malattia di Niemann Pick è “una patologia metabolica, lisosomiale, ereditaria, caratterizzata dall’accumulo di lipidi che non vengono correttamente smaltiti dal metabolismo – spiega Andrea Pession, Uo Pediatria Irccs Aou di Bologna e presidente Simmesn – Società per lo studio delle malattie metaboliche ereditarie e lo screening neonatale – Vi sono tre tipologie di Niemann Pick: A, B e C. Negli ultimi anni è stato creato l’acronimo Asmd (Acid sphingomyelinase deficiency, ndr) sotto al quale vengono compresi il tipo A, B e A/B, mentre il tipo C viene diversamente classificato, tra i disordini del metabolismo del colesterolo lisosomiale, in rapporto alla diversità dei meccanismi in causa e del gene coinvolto”. Nell’Asmd, prosegue lo specialista, “il non corretto smaltimento delle molecole è causato dalla carenza o dalla totale assenza dell’enzima sfingomielinasi acida, dovuta a propria volta a una mutazione genetica che si trasmette ai figli da genitori entrambi portatori della mutazione stessa. Si tratta di una patologia genetica cronica e degenerativa che può esordire sia in età pediatrica sia in età adulta, con sintomi iniziali da lievi a gravi”.  

In generale, continua Pession, il quadro clinico è “estremamente complesso e vario e può coinvolgere sia il sistema nervoso centrale sia organi periferici quali fegato e milza (causandone l’ingrossamento) e polmoni. Il grado di coinvolgimento degli organi e i disturbi causati dalla malattia sono estremamente variabili da persona a persona, in base all’entità del difetto ovvero al tipo, all’età in cui compare e al modo in cui progredisce”. Per tutte queste ragioni, “la diagnosi precoce è tanto necessaria quanto difficile da ottenere – evidenzia Annalisa Bisconti, psicologa e direttore esecutivo Associazione italiana Niemann Pick – Trattandosi di malattie ultra-rare e complesse, non è semplice trovare un centro di cura che possa riconoscere queste patologie e prendersi carico del paziente e della sua famiglia. Lo screening neonatale, che oggi viene fatto per altre patologie simili, potrebbe rappresentare un grande traguardo e fare la differenza per tante persone. Una delle esigenze dell’associazione è quella di continuare a cooperare con i clinici al fine di favorire un dialogo stabile e costruttivo e fornire alle famiglie le giuste informazioni, sia sugli aspetti medici che sui loro diritti”.  

La diagnosi della Asmd, come quella di tutte le patologie metaboliche, è dunque un processo delicato e complesso che richiede una sintesi fra il quadro clinico, il profilo di laboratorio e il riscontro strumentale. “Per questo motivo è essenziale rivolgersi a centri specialistici di comprovata competenza ed esperienza”, ribadisce Maurizio Scarpa, responsabile del Centro di coordinamento regionale malattie rare del Friuli Venezia Giulia, illustrando le opzioni terapeutiche: “Se per il tipo C della malattia era già disponibile da anni una terapia che rallenta la progressione dei sintomi, per le persone con forme A e B fino a oggi potevamo fare ben poco. Ora le cose potrebbero cambiare, visto che recentemente la Commissione europea ha approvato olipudasi alfa come terapia enzimatica sostitutiva per la Asmd di tipo A/B e B. Questo anche a seguito di una sperimentazione clinica alla quale abbiamo partecipato”.  

“L’arrivo della prima terapia specifica rappresenta” secondo l’esperto “un passo in avanti nel trattamento di questa malattia ultra-rara, associata a una elevata morbilità e al rischio di morte prematura, come in passato è stato per altre malattie lisosomiali. La prima sfida sarà certamente quella di renderla disponibile a tutti i pazienti che possono beneficiarne, con tempi uniformi in tutte le regioni. E una volta che la terapia sarà pienamente disponibile, potrebbe essere utile anche avviare qualche progetto pilota di screening”.  

Olipudasi alfa – è emerso dall’incontro – potrebbe essere disponibile presto anche in Italia, dopo una valutazione da parte dell’Agenzia italiana del farmaco Aifa. “L’impegno di Sanofi nella ricerca per le malattie rare è iniziato più di 40 anni fa – afferma Fulvia Filippini, direttore Public Affairs & Patient Advocacy di Sanofi Italia – e prosegue ancora oggi con la stessa dedizione e passione, con l’obiettivo di dare risposte efficaci ai pazienti che soffrono di patologie rare, gravi e spesso invalidanti. Su circa 8mila malattie rare, solamente 200 hanno oggi una cura. E’ questo che ci spinge ogni giorno a continuare nella ricerca di trattamenti specifici per patologie ultra-rare come l’Asmd. Abbiamo sviluppato i primi trattamenti per molte malattie rare da accumulo lisosomiale e siamo particolarmente orgogliosi di poter offrire un primo trattamento specifico per questa patologia”. 

Nel corso dell’evento sono stati presentati anche i risultati di un’iniziativa realizzata da Sanofi. Un panel di 19 esperti della patologia, composto da medici, rappresentanti dei pazienti ed esperti di politiche sanitarie con esperienza nelle malattie rare, ha condotto un’indagine con metodo Delphi, allo scopo di fornire indicazioni utili sull’Asmd e generare evidenze su questa patologia ultra-rara e ancora poco conosciuta. Il lavoro del panel si è focalizzato su cinque aree principali: caratteristiche dei pazienti e della malattia; bisogni non soddisfatti e qualità di vita; difficoltà diagnostiche; aspetti correlati al trattamento e percorso assistenziale. I risultati, oggetto di una prossima pubblicazione, verranno condivisi con la comunità scientifica anche al fine di ottimizzare la presa in carico e la gestione dei pazienti affetti da questa patologia.  

“Le malattie rare e ultra-rare, nonostante il loro nome – dichiara Paola Binetti, già presidente dell’Intergruppo parlamentare malattie rare – colpiscono una quota consistente di pazienti, con un fortissimo impatto sulla loro vita e quella dei loro familiari”. Per questo “è necessario che vengano inserite al centro di politiche, europee e nazionali, volte a migliorare la presa in carico di queste persone e a favorire la diagnosi precoce e il loro tempestivo accesso alle terapie disponibili. Ci auguriamo che il neo Parlamento continui a tenere un faro su questi temi”, conclude Binetti assicurando il proprio impegno per i malati rari e le loro famiglie anche fuori dal Parlamento.  

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