La copertina della rivista The Economist (19 ottobre 2022) reca un’immagine caricaturale: la dimissionaria prima ministra inglese, Liz Truss, è rappresentata nei panni di una guerriera dell’antica Roma, con elmo (l’elmo di Scipio), lancia, scudo. La lancia è una forchetta che regge un’abbondante porzione di spaghetti, e lo scudo è una pizza. La spiegazione: “Welcome to the Britaly. A country of political instability, low growth and subordination to the bond market.” Insomma, i britannici sono diventati come gli italiani. La Gran Bretagna è scesa al livello dello Stivale. Che orrore!
The Economist insulta volentieri l’Italia e i suoi leader facendo ricorso anche ai più miserabili “clichés”. Lo stesso Prodi fu oggetto di una sudicia vignetta, in cui il primo ministro italiano di allora sedeva in cucina, con il volto oleoso e paonazzo, di fronte a un piatto di spaghetti e a un fiasco di vino. Nei confronti di Berlusconi questa rivista si scatenò oscenamente, definendolo “unfit to govern”. E lo insultò in seguito così: “The man who screwed an entire country”.
Anni fa io insorsi contro un articolo di un giornale canadese in cui l’Inghilterra subiva un giudizio sprezzante perché era stata superata sul piano della ricchezza e produttività “persino” dall’Italia. Era peggio persino dell’Italia, insomma. Di che vergognarsi. “Gone to the dogs” era l’amaro giudizio del giornalista. Sulla “Gazette” del 14-04-06 vi fu un articolo dedicato al Parlamento italiano dal titolo: “The pizza parliament”. Sugli spaghetti i giornali tedeschi in qualche occasione hanno messo anche la pistola per rendere il messaggio più chiaro: la pizza e gli spaghetti non devono far dimenticare la mafia.
Insomma, l’Italia vista come un paese da barzelletta, mentre la straordinaria cucina nostrana viene ridotta alla sua minima espressione e viene presentata in maniera beffarda e ridicola, quasi fosse qualcosa di cui noi dovremmo vergognarci. Mentre invece è la prova di una nostra superiorità in fatto di gusti e delle nostre straordinarie capacità culinarie.
Durante la pandemia, i nostri amabili cugini d’oltralpe reclamizzarono la pizza italiana “al coronavirus”. La sozza scenetta televisiva francese presentava un pizzaiolo italiano, male in arnese e visibilmente ammalato, che tossiva penosamente; e che, dopo essersi raschiato a dovere la gola, proiettava al centro della pizza da lui appena fatta un grosso sputacchio catarroso dalla tinta immonda. In Italia, l’ignobile insulto suscitò pochissimi commenti. Ma cosa volete, gli italiani erano troppo occupati ad insultarsi tra loro… La disunità nazionale fa sì che gli italiani non reagiscano alle offese contro di loro come collettività, contro la loro Nazione insomma, ma solo alle offese dirette a loro individualmente o alla loro fazione. Vi è poi il “compiacimento autodenigratorio” (copyright: Sergio Romano) di cui noi siamo i campioni incontestati.
Fortunatamente, l’Ambasciatore italiano del Regno Unito, Albertini, ha saputo replicare, con classe, a questa miserabile presa in giro della nazione italiana: “Leggere l’Economist è un piacere per ogni diplomatico. E, come Ambasciatore italiano nel Regno Unito, a maggior ragione dal momento che dedicate un’attenzione costante all’Italia, tanto amata dai britannici. Come nel caso dell’ultima copertina, sfortunatamente è ispirata a vecchi stereotipi. Nonostante gli spaghetti e la pizza siano gli alimenti più ricercati al mondo, come seconda industria manifatturiera d’Europa, per la vostra prossima copertina vi suggerisco di effettuare una scelta tra i nostri settori aerospaziale, biotecnologico, automobilistico o farmaceutico. Qualunque sia la scelta, accenderà un riflettore più accurato sull’Italia, anche tenendo conto della vostra non tanto segreta ammirazione per il nostro modello economico”.
One thought on ““The Economist” non economizza gli insulti all’Italia”
leggo spesso i suoi commenti….
questo ha fatto centro al mio orgoglio di italianità…. mio nonno diceva sempre :
chi disprezza compera