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Esistono solo poesie d’amore

Spero di non abusare della vostra benevola lettura se questa volta vi propongo un paio di mie composizioni in versi. Sono dedicate a mio padre di cui piango la recente scomparsa. Le condivido con voi non perché io intenda commuovervi e rendervi partecipi del mio dolore. La mia speranza è che ne possiate avere un’esperienza squisitamente estetica, basata sulle sensazioni che si possono trarre nella lettura. La mia idea di Poesia non si risolve in uno sfogo sentimentale in versi, ma nella necessità che il dolore personale, nell’inevitabile straniamento che accompagna il farsi poetico, possa divenire segno di un dolore compartecipato, condivisibile. Non più solo mio. Ogni composizione poetica dovrebbe sfuggire al suo autore e rivelare un’urgenza d’amore universale. Sono convinto che non esistano che poesie d’amore. E che appartengano a tutti. Spero sia una buona lettura.

L’INVIDIA DELLE MANI

io che ho sempre invidiato le tue mani,
angeliche di calce e di mattoni,
sospetto le mie – che non ti somigliano –
la conferma d’un crimine: l’averti
spezzato un quasi volo, un trattenerti
alle mie, di mani, imbelli a parole,
analfabete di semina e vendemmia,
mentre devo tutto ai pugni tuoi chiusi,
alle maledizioni al fango e al pane,
all’uomo che dispero diventare
per i miei figli che di mani orfane
saranno un giorno… e quanto ti ho invidiato
mentre mi scomparivi tra le dita,
angelico ancora sopra una pietra.

A BENITO

oggi a Benito e ai suoi tiremm innanz,
densi di terra ancora tra le rughe,
che puoi solcarle e ancora senti il suono
di ruote e di tratturi e a tratti il fango
incartapecorito intorno agli occhi,
e al nome che si porta come il marchio
di una necessità di contadini,
che di conquiste nulla hanno saputo
se non del pane duro dentro al latte
senza che il braccio fosse mai romano,
oggi a Benito, piccolo di voce
e ignaro d’ogni trend o di jobbett,
d’una sinistra sempre più sinistra,
che non sa più parlare alla sua gente,
io dedico il pensiero mio di figlio:
che possa andare ad abbracciarlo ancora.

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