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La RAI come cartina tornasole del governo Meloni

È ormai noto che la RAI rappresenta una finestra sull’Italia. Riesce a cambiare colore come un camaleonte ed è resiliente come una tartaruga. Riesce persino ad anticipare la formazione di un governo, posizionando nei posti chiave in RAI i rappresentanti dei politici che verranno. Poi riesce perfettamente ad identificarsi con la famosa frase che racchiude tutta la storia italiana post-impero romano: “O Francia o Spagna, purché se magna”. Quindi per vedere se veramente il governo di Giorgia Meloni sarà buono, discreto o cattivo (di quelli imprecati durante un acquazzone: “Piove, governo ladro”), basta analizzare come sarà il futuro assetto amministrativo della RAI.

Usando le esperienze passate, possiamo affermare con una precisione non scientificamente dimostrata del 88,4% che la migliore gestione della RAI è avvenuta sotto i governi a guida DC, e precisamente con direttori generali come Ettore Bernabei (1961-1974) durante gli anni del “miracolo economico”, del miglioramento delle condizioni sociali e della lotta alla “strategia della tensione.” A sorpassare i risultati di Bernabei fu Biagio Agnes (1982-1990), durante governi a guida DC e Socialista che dovevano affrontare ben 10 associazioni malavitose.

Nel montaggio fotografico: dall’alto da s. a d.: Bernabei, Agnes, Locatelli, Cappon, Saccá, e Campo dall’Orto.

In seguito si sono succeduti diversi governi (19 per la precisione) e quasi altrettanti direttori generali (18), stranamente in quel periodo i migliori sono stati quelli rimasti in carica per poco: Gianni Locatelli (1993-1994) con il governo Ciampi, Claudio Cappon (2001-2002) e Agostino Saccà (2002-2003) con il governo Berlusconi, e Antonio Campo dall’Orto (2015-2017) con il governo Renzi. La brevità dei loro mandati è l’indicazione di una buona amministrazione RAI, che però si è scontrata con una problematica amministrazione governativa.

Adesso, cosa vuol dire avere in RAI i migliori amministratori? Per prima cosa devono essere in grado di capire ed anticipare il futuro. Poi, imporsi sul mercato internazionale con contenuti all’altezza della concorrenza. Snellire la struttura burocratica, togliendo poltrone necessarie solamente alle varie correnti politiche. Creare nuovi talenti a livello artistico. Sviluppare un programma a lungo termine ed essere in grado di attuarlo. Come si può intravedere, questi sono requisiti necessari anche per un buon governo. Ora, se ci sarà una sinergia o una simbiosi tra il governo Meloni e la RAI resta da vedere, ma la RAI ce l’anticiperà.

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