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Criptovalute, calano le quotazioni ma le truffe non si fermano

(Adnkronos) – Le criptovalute continuano a perdere valore (il Bitcoin ha perso in dieci mesi il 70% per cento dal picco di 64 mila dollari) ma questo non sembra fermare i truffatori. Anzi, se nel 2021 a livello globale le truffe hanno ‘reso’ ai loro autori circa 6,2 miliardi di dollari (+80% sull’anno precedente) quest’anno il valore potrebbe essere anche maggiore: come riporta il Financial Times nel Regno Unito le perdite registrate dall’osservatorio Action Fraud nei primi 8 mesi dell’anno sono del 25% superiori a quelle del 2021. Quanto all’Italia, nel 2021 sono state 3.500 le segnalazioni di operazioni sospette legate alle criptovalute arrivate all’Uif, l’Ufficio di informazione finanziaria di Banca d’Italia. Ma il numero reale potrebbe essere più alto. 

In realtà, in particolare in Italia, le istituzioni hanno sempre mantenuto una estrema cautela nei confronti delle criptovalute. Un memorandum della Consob, ad esempio, sottolinea chiaramente che “le monete virtuali non hanno corso legale in quasi nessun angolo del pianeta e dunque l’accettazione come mezzo di pagamento è su base volontaria e che non sono regolate da enti centrali governativi, ma sono generalmente emesse e controllate dall’ente emittente secondo regole proprie, a cui i membri della comunità di riferimento accettano di aderire”. Come dire che si acquista con denaro ‘vero’ un bene il cui valore è assolutamente discrezionale e la cui utilità come mezzo di pagamento può essere nulla. 

Pertanto, continua la Consob, “la natura relativamente anonima delle valute digitali li ha resi molto attraenti per i criminali, che potrebbero utilizzarli per riciclaggio di denaro sporco e altre attività illegali” e “le criptovalute possono comportare rischi notevoli anche con riguardo alle truffe” mentre i rischi in termini di politica monetaria “sembrano, invece, del tutto improbabili, considerata la loro attuale esigua diffusione”. Insomma, sono un rischio più per i privati che per le istituzioni finanziarie. 

Viste le cifre in ballo, non si tratta quindi di un fenomeno marginale, tanto più che spesso le vittime sono consumatori piuttosto inesperti, convinti a investire in criptovalute i risparmi di una vita magari per combattere le perdite legate al boom dell’inflazione. A complicare le cose, il fatto che queste truffe si muovono in uno spazio ‘sovranazionale’ ed anonimo dove le autorità dei singoli paesi hanno minori possibilità di intervento. 

Non mancano i casi di ‘vittoria’ nel tentativo di recuperare le somme perdute, ma – avvertono gli esperti legali – le spese sono così elevate da scoraggiare chi ha subito truffe inferiori al milione di dollari, ovvero piccoli investitori privati. Diventa quindi fondamentale informarsi e saper riconoscere i possibili imbroglioni. 

La testata Cybersecurity 360 ha redatto un elenco dei principali sistemi con cui i truffatori conquistano la fiducia e i soldi delle loro vittime. Si va dallo sfruttamento di un personaggio celebre, come dimostra il caso di un finto profilo di Elon Musk, il creatore di Tesla a lungo sostenitore dei crypto-asset, utilizzato per convincere gli investitori anche con il ricorso a raffinati video fasulli, con cui è stato chiesto agli spettatori di donare risorse a un ospedale per minori, promettendo un proprio contributo doppio. Inutile dire che i soldi non sono mai arrivati alle strutture indicate, mentre i relativi profili social sono immediatamente stati cancellati. 

Proprio piattaforme come Facebook o Twitter sono i canali preferiti per ‘agganciare’ le potenziali vittime: esemplare la truffa da almeno 3 milioni di dollari compiuta lanciando su Twitter la criptovaluta ‘Squid’ legata alla popolare serie tv coreana ‘Squid Game’ e che avrebbe in teoria permesso agli acquirenti di partecipare a giochi online per aumentare i propri guadagni o scambiare l’asset con altre cryptovalute o denaro contante. Ma non mancano anche le truffe legate alle app di incontri in cui si chiede alle anime gemelle di inviare denaro sotto forma di criptovaluta per una qualche esigenza del ‘partner digitale’. 

Come si vede si tratta di situazione variegate, nelle quali gli eventuali investitori in criptovalute debbono stare lontani da proposte che siano grammaticalmente ‘scorrette’ (può indicare che si tratta di interlocutori posti in paesi lontani), che promettano miracolose ‘moltiplicazioni’ delle somme investite, che obblighino per contratto di mantenere nel proprio portafoglio le criptovalute senza poterle vendere, che utilizzino personaggi famosi e noti, che siano troppo vaghe e che utilizzino forme di manipolazione psicologica come il ricatto o l’estorsione. (di Massimo Germinario) 

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