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L’opinione di Claudio Antonelli. “Se puoi sognarlo, puoi farlo”. Una storia da conoscere.

“Se puoi sognarlo, puoi farlo” di Simona Grillo (Montréal: Panoram Italia, 2021) è la biografia di Nick Di Tempora: imprenditore e personaggio audace, versatile, tenace, lungimirante, che ha saputo salvaguardare e onorare, oltreoceano, i migliori valori famigliari, d’amicizia, d’altruismo, e anche religiosi d’origine; ai quali è rimasto fedele pur essendo divenuto canadese e anche statunitense, ed aver operato con grande successo nel mondo cosmopolita e inesorabile degli affari, dove occorre prevalere sugli altri e dove il calcolo è re. Questa ammirevole fedeltà alle radici costituisce, almeno per me, uno dei grandi meriti di Nick Di Tempora.

È un libro tutto cose e idee, ma anche ricco di sentimenti. La scrittura chiara, precisa, fattuale di Simona Grillo, la biografa, si accompagna a uno spirito d’osservazione acuto e sensibile che le permette di interpretare con fedeltà la mente e l’animo di Nick Di Tempora.

Nel libro sono messi in evidenza con equilibrio e chiarezza i temi e gli insegnamenti che la vita di Nick, in cui sono presenti mondi diversi, fa emergere, e che io presenterò ai lettori del Cittadino. Ma per me la tentazione sarà forte di riprendere le stesse parole del libro, perché l’autrice talvolta è insuperabile nell’essenzialità dei suoi giudizi, espressi in una lingua chiara e piacevole. Ed ecco cosa ci dice Simona Grillo sull’insegnamento che sanno dare certe storie di vita, che meritano di essere raccontate:

“Ecco perché alcune storie devono essere raccontate. Possono insegnare qualcosa, segnare la vita, offrire spunti, riflessioni o anche semplicemente speranza. Alcune vite racchiudono un cammino interiore, un lascito etico-esistenziale che è prezioso patrimonio immateriale per chiunque voglia entravi a contatto.”

A ciò aggiungerò che Nick Di Tempora è una persona molto conosciuta a Montréal e che la sua biografia interesserà più d’uno. Inoltre il libro ci parla di una Montréal che alcuni, più anziani, hanno conosciuto, ma che la maggioranza ignora. Una Montréal che non c’è più. Nick Di Tempora oggi vive in Florida. Nato nel 1937 a Campobasso, da genitori nativi di Jelsi, giunge con loro, e con la sorellina Maria Rosaria, direttamente al porto di Montréal, nell’aprile del 1951, a bordo del piroscafo SS Colombia, partito da Napoli. A Montréal vi era già una consistente comunità italiana e in particolare molisana, con la presenza anche di jelsesi; e che negli anni che seguiranno diverrà ancora più numerosa. In questa comunità i legami sono molto forti, anche perché quasi interi villaggi si sono trasferiti dal Molise a Montréal. L’autrice annota: “Il calore dell’accoglienza degli emigrati italiani, che vivevano da tempo nella nuova patria, è un balsamo ristoratore per l’animo dell’emigrante che è appena giunto.”

Ma l’accoglienza fatta ai nuovi arrivati dalla popolazione “francese” ossia franco-canadese (in seguito si dirà semplicemente: “quebecchese”) non era certamente delle migliori. Come tanti di noi, anche se giunti in epoca successiva, possono testimoniare. Leggiamo nel libro:

“Gli emigrati italiani erano anche apertamente esposti all’ostilità della popolazione autoctona che si sentiva minacciata dai cospicui arrivi oltreoceano. I luoghi comuni e gli stereotipi abbondavano nei confronti degli italiani i quali “mangiavano cibo strano (spaghetti anche due volte al giorno!) parlavano con lemani, erano eccessivamente passionali, violenti, attaccabrighe e quasi sempre coinvolti in attività criminali (mafiosi per essere precisi). Spesso sui cartelli si leggeva l’odiosa frase ‘pas aux Italiens’”. Inoltre erano accusati di essere “arrivati in Canada per rubargli il lavoro e le donne.”

Ricordando quei tempi, Nick Di Tempora commenta con arguzia e con divertita malizia: “Ma si sbagliava- no almeno al 50% per cento. Non gli abbiamo mai rubato il lavoro!”

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