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Italiani in fuga, ma non verso il Canada

Degli oltre 140 mila residenti, il 50% è iscritto all’AIRE da oltre 15 anni

di Vittorio Giordano

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Montréal – Il numero complessivo di italiani residenti all’estero è in costante aumento, ma con una ‘propulsione’ diversa rispetto alle singole aree geografiche. Ci sono Paesi come Canada, Brasile e Argentina, ma anche Germania e Francia, per esempio, dove l’immigrazione continua a crescere, ma a ritmi più blandi rispetto al recente passato. Andiamo per ordine. La tendenza generale è chiara ed è stata confermata dal recente Rapporto ‘Italiani nel mondo’ della Fondazione Migrantes: al primo gennaio 2016 gli iscritti all’Aire, cioè all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero, sono 4.811.163, il 7,9% dei 60.665.551 residenti in Italia. La differenza, rispetto al 2014, è di 174.516 unità: +3,7%. Non tutti quelli che lasciano l’Italia, però, si iscrivono subito, né tantomeno automaticamente, all’Aire. I due dati, cioè, non coincidono affatto. Nel 2015, a lasciare il Bel Paese sono stati, in tutto, 107.529 italiani, 6.232 in più (+6,2%) rispetto all’anno precedente. Il dato è sotto gli occhi di tutti: sia le iscrizioni all’Aire che gli espatri ‘tout court’ sono in aumento. Prendiamo in considerazione il dato dell’Aire, indicatore di un’immigrazione più ‘ragionata’, stabile e duratura. Dal 2006 al 2016, la mobilità Italiana è aumentata del 54,9%, passando da poco più di 3 milioni di iscritti a otre 4,8 milioni. Sempre negli ultimi 10 anni, però, mentre Spagna e Brasile hanno registrato un boom di registrazioni del 155% e 151%, il Canada non è andato oltre il 12%. Crescita sì, dicevamo, ma ‘a fuoco lento’. Al 1º gennaio 2016, gli italiani residenti in Canada sono 140.612, il 2,9% rispetto ai 4.811.163 complessivi (negli Usa sono 245.781, il 5,1%). Una rilevazione sostanzialmente confermata anche dall’Ambasciata d’Italia a Ottawa, che a inizio settembre 2016 (8 mesi dopo, quindi, rispetto ai dati Migrantes che si riferiscono al 1º gennaio 2016) conta 138.967 connazionali iscritti all’Aire, così distribuiti: 39.659 nella circoscrizione consolare di Montréal, 5.316 a Ottawa, 70.262 a Toronto e 23.730 a Vancouver. Un’analoga rilevazione del 2014 indicava circa 134.000 iscritti. Quasi 5 mila in più, quindi. Tornando ai dati Migrantes, degli italiani residenti in Canada, 67.731, ovvero il 48,2%, sono donne. Il 62,4% si è iscritto all’Aire per espatrio, il 25,5 % per nascita, lo 0,8% per trasferimento, il 6,1% per reiscrizione ed il 5,2% per cittadinanza. Ed ecco il dato più interessante, l’anzianità di iscrizione: il 50,1% (70.446) da oltre 15 anni, il 20,3% (28.544) da 10 a 15 anni,  il 16,9% (23.763) da 5 a 10 anni, il 4,5% (6.327) da 3 a 5 anni, il 5,3% (7.452) da 1 a 3 anni ed il 2,8% (3.973) nell’ultimo anno. In altre parole: le ondate migratorie in Canada hanno perso forza ed oggi registrano una flebile consistenza. Quindi l’età media degli italiani in Canada è abbastanza alta: manca il ricambio, la nuova linfa è insufficiente. La stessa tendenza si registra anche, tra gli altri, negli Usa (il 41,5% da oltre 15 anni), in Belgio (il 61,5%), in Germania (il 52,5%), in Svizzera (54,5%) e in Australia (47,5%). I connazionali preferiscono Paesi come l’Irlanda (il 12,8% di iscritti nell’ultimo anno ed il 21,5% da 1 a 3 anni), la Bulgaria (19,6% e 25,9%), Malta (20,5% e 25,3%), Lettonia (21,9% e 27%), Albania (22,1% e 31,3%), Moldova (20.2% e 31,5%). Regole dell’immigrazione canadesi troppo rigide e restrittive, costi di trasporto transoceanici esageratamente elevati, distacco psicologicamente insostenibile con la famiglia? Non sta a noi ‘diagnosticare’ le molteplici cause alla base di questo impoverimento del flusso immigratorio in Canada. Una cosa è certa: alla luce dell’impatto (in termini di sviluppo economico e crescita culturale) avuto dai centinaia di migliaia di italiani sbarcati in Canada nel secolo scorso, a perderci è sicuramente il Paese degli Aceri, che dovrà fare a meno del ‘genio italico’, ma anche gli italiani, che non avranno la possibilità di beneficiare del ‘terreno fertile’ (in termini di qualità della vita, oltre che di opportunità professionali) rappresentato da uno uno dei pochi Stati al mondo, che fa del multiculturalismo il suo fiore all’occhiello, il suo tratto distintivo, la sua ragion d’essere.

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