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Manovra 2025, in pensione a 64 anni con previdenza complementare: ok a emendamento

(Adnkronos) – Anticipare la pensione a 64 anni cumulando la previdenza obbligatoria e quella complementare. E’ quanto prevede un emendamento alla Manovra 2025 presentato dalla deputata della Lega Tiziana Nisini, che premia la flessibilità in uscita. 

“Per la prima volta nella previdenza italiana si potranno cumulare la previdenza obbligatoria e quella complementare per raggiungere un assegno pensionistico pari a tre volte il minimo, riuscendo ad anticipare la pensione a 64 anni”, dichiara il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon che aggiunge: “Con il provvedimento si interviene in tema pensionistico affrontando concretamente il problema delle pensioni povere, destinate ad aumentare a fronte di un sistema contributivo che sarà più prevalente. Un ringraziamento alla collega Tiziana Nisini per il lavoro portato avanti sul tema e ai ministri Calderone e Giorgetti. Convinti che la strada intrapresa sia quella giusta, nelle prossima finanziaria cercheremo di ampliare la platea dei lavoratori interessati”.  

 

“Sulle pensioni questo Governo continua sulla strada intrapresa. Gli emendamenti presentati dall’Esecutivo alla Legge di Bilancio non solo non affrontano le disuguaglianze strutturali del sistema previdenziale italiano, ma certificano che nonostante le promesse di superamento della Legge Fornero, sarà questa l’unica norma con cui si potrà accedere al pensionamento oggi e in futuro”. Lo scrive in una nota la segretaria confederale della Cgil, Lara Ghiglione commentando l’emendamento, votato in Commissione Bilancio della Camera, che prevede la possibilità di uscita anticipata nel sistema contributivo a 64 anni attraverso il cumulo tra previdenza obbligatoria e complementare per raggiungere l’importo soglia.  

Per la dirigente sindacale “la realtà è chiara: invece di rimuovere gli importi soglia, ormai irraggiungibili per la maggior parte dei lavoratori, il Governo propone strade alternative che non fanno altro che aggirare il problema. Anzi, si peggiorano nuovamente i requisiti: per coloro che utilizzeranno questa uscita non saranno più necessari 20 anni, ma dal 2025 ne saranno richiesti 25 e dal 2030 addirittura 30, con un importo soglia che in questo caso dovrà raggiungere 3,2 volte l’assegno sociale, ovvero 1.710 euro circa, 400 euro in più rispetto all’importo soglia del 2022”.  

(segue) 

“Ancora una volta – prosegue Ghiglione – si peggiora la legge Monti-Fornero, quella norma così tanto criticata negli anni che continua ad essere consolidata e applicata, senza alcun intervento strutturale per superarla. In un mercato del lavoro caratterizzato da salari bassi e carriere discontinue, soprattutto per le donne, la platea di lavoratrici e lavoratori in grado di raggiungere l’importo soglia sarà minuscola. Basti pensare – sottolinea – a quelle 4 milioni di lavoratrici in part-time che, anche nel caso raggiungano i 40 anni di contribuzione, visto l’aggancio del requisito all’attesa di vita, potranno accedere al pensionamento solo dopo i 71 anni di età e oltre”.  

“È un messaggio chiaro: il futuro previdenziale delle lavoratrici e dei lavoratori e l’equità non sono priorità di questo Governo, e lo dimostrano anche altri emendamenti, come quello che prevede l’aumento della maggiorazione sociale di soli 8 euro al mese, e quello poi stralciato a favore delle retribuzioni dei ministri non eletti”. Per la segretaria confederale della Cgil “servono invece interventi strutturali per garantire pensioni dignitose a chi ha svolto lavori faticosi e a chi ha retribuzioni basse, e per riconoscere il lavoro di cura. Bisogna affrontare l’emergenza salariale e lavorativa, che incide direttamente sulla sostenibilità previdenziale”.  

 

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