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Fioretto (UniPd): “Finerenone in pazienti con malattia renale cronica fa differenza”

(Adnkronos) –
“Finerenone è il primo antagonista selettivo non steroideo dei recettori dei mineralcorticoidi, ovvero degli ormoni come l’aldosterone

che, legandosi ai recettori, vanno a determinare un aumentato riassorbimento di acqua e di sodio e stimolano anche processi di infiammazione e fibrosi che, se iperstimolati, possono avere delle conseguenze in termini di danno cardiaco e danno renale. A differenza degli altri antagonisti dei recettori dei mineralcorticoidi che erano a disposizione prima di finerenone, quest’ultimo è ‘non steroideo’ ed ha una struttura completamente diversa. Questo fa sì che determini, in seguito al legame con il recettore di questi ormoni, degli stimoli di tipo inibitorio a livello delle citochine e delle sostanze proinfiammatorie e profibrotiche”. Sono le parole di Paola Fioretto, professoressa di Medicina Interna all’università di Padova, a margine dell’incontro promosso da Bayer ‘Verso un futuro senza dialisi: riduzione biomarcatori di infiammazione e fibrosi con finerenone’ oggi a Milano. Durante l’evento è stato annunciato il via libera dell’Agenzia italiana del farmaco Aifa alla rimborsabilità di finerenone, un nuovo farmaco per il trattamento della malattia renale cronica, stadi 3 e 4, associata a diabete di tipo 2 in pazienti adulti con presenza di albuminuria, in aggiunta allo standard di cura.  

“Nel modello sperimentale nei topi è stato visto che, se vengono trattati con questo farmaco, si riduce l’infiammazione e la fibrosi – aggiunge Fioretto – Esistono ora anche dei dati, ottenuti dai trial che sono stati condotti finerenone sui pazienti, che dimostrano come nel sangue di questi pazienti ci sia una riduzione di vari biomarcatori di infiammazione e fibrosi. Questa è la grande differenza”. Inoltre, il principale effetto collaterale di questa categoria di farmaci, che è l’iperpotassiemia, molto meno grave e molto meno frequente con finerenone rispetto ai precedenti antagonisti recettoriali steroidei: “Quindi, da un lato abbiamo un profilo di sicurezza molto buono – sottolinea l’esperta – e dall’altro abbiamo un’efficacia da un punto di vista cardioprotettivo e nefroprotettivo dimostrata nei trial clinici nei pazienti con diabete di tipo 2 e malattia renale cronica. Queste evidenze hanno portato le linee guida a raccomandare finerenone come farmaco di prima linea, assieme ad altri, nella gestione olistica del paziente con diabete di tipo 2 e malattia renale cronica”. 

Le attuali terapie che rappresentano lo standard di cura – è emerso dall’incontro – agiscono principalmente sui meccanismi metabolici ed emodinamici, mentre i processi infiammatori e fibrotici, che giocano un ruolo cruciale nella progressione della malattia renale cronica, prima dell’arrivo di finerenone non venivano influenzati da alcuna strategia terapeutica. L’aggiunta di questo farmaco garantisce, quindi, una più completa nefroprotezione. “Uno degli aspetti che si vuole favorire e sollecitare in questi anni nella gestione di questi pazienti è la multidisciplinarietà, che generalmente inizia dal medico di medicina generale, seguito dagli endocrinologi, dai nefrologi e dai cardiologi, a seconda delle problematiche che presenta il paziente – conclude Fioretto – Una gestione olistica non prevede solo l’approccio farmacologico, che oggi possiamo garantire, essere in grado di colpire da varie parti i meccanismi che portano a queste complicanze del diabete, ma anche la gestione condivisa delle problematiche di questo paziente. Una cosa non facilissima da realizzare, ma ci si sta sempre più avvicinando a questo traguardo”. 

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