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Una nuova lingua: l’itanglese

Lo studioso Ernesto Galli della Loggia ha denunciato lo scarso livello di conoscenza della lingua italiana da parte dei laureati, ha affermato inoltre che “la scuola italiana non ha più un’anima”.  Io credo che anche la nostra lingua, sempre più infarcita di parole angloamericane, rischia di perdere la sua anima. Parole inutili quando soppiantano un valido termine italiano, e spesso ridicole perché mal pronunciate o perché usate in senso improprio. E se è vero che “L’uomo vede le cose sostanzialmente, anzi direi esclusivamente, nel modo in cui la lingua gliene propone”, come sosteneva lo studioso Wilhelm von Humboldt, possiamo dire che gli italiani vedono ormai le cose attraverso le lenti dei Ray-Ban, i gloriosi occhiali yankee.

 

I termini inglesi di cui la lingua italiana ormai pullula: killer, flop, badge, nickname, jackpot, bipartisan, bodyguard, hub, pressing, assist, trend, news, gag, gossip, flash mob, single, assist, brand, location, tycoon, fringe benefit, ecc. sono inutili perché danno un calcio a un termine nostrano quasi sempre perfettamente valido, che finisce in naftalina: vedi flop al posto di fiasco, news in luogo di notizie, pressing invece di pressione, killer invece di assassino, omicida, sicario o uccisore.

 

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Per gli anglofoni, gli anglicismi all’italiana possono essere un ostacolo alla comprensione di questa nostra lingua così particolare. L’assurdità è questa: il nostro italo-inglese non è capito da quegli stranieri che studiano l’italiano ma che non conoscono ancora l’“italiese” (itanglese, italianese, italese, anglitaliano, inglesiano, itangliano). Un esempio di questi termini fuorvianti è writer, termine inglese che significa scrittore, ma che nell’italiano di oggi sta per graffitaro, graffitista, imbrattatore di muri. Dal C. della S.: “Treno travolge due writer”. Rider invece designa per gli italiani il ciclo-fattorino, ossia il corriere, il fattorino che fa le consegne spostandosi in bicicletta. Un anglofono stenterà a capire il senso di queste nostre particolari parole inglesi. Vedi anche badge, usato al posto di cartellino o tessera o scheda identificativa. In inglese, badge non ha questo significato. Ma si direbbe che il masticare parole pseudoinglesi sia considerato, da molti italiani, un “badge d’onore” “In tilt” è una ridicola espressione tratta dal gioco del flipper, e usata anche da chi non si è mai servito in vita sua di una “pinball machine”.

 

Il 23 dicembre del 2022, nel Parlamento italiano è stata presentata, dall’on. Fabio Rampelli ed altri, una proposta di legge per la “promozione e tutela della lingua italiana e istituzione del Comitato per la tutela, promozione e valorizzazione della lingua italiana”. Si legge nella presentazione: “Sono ormai anni che studiosi, esperti e istituzioni come l’Accademia della Crusca denunciano il progressivo scadimento del valore attribuito alla nostra lingua e segnalano l’importanza di una maggiore tutela dell’italiano e del suo utilizzo anche nella terminologia amministrativa da parte dello Stato, delle sue articolazioni territoriali e degli strumenti di diffusione culturale pubblici e a partecipazione pubblica, come la RAI. L’uso sempre più frequente di termini in inglese o derivanti dal linguaggio digitale è diventato una prassi comunicativa che, lungi dall’arricchire il nostro patrimonio linguistico, lo immiserisce e lo mortifica. Negli ultimi anni le parole prese a prestito dal mondo anglosassone sono diventate sempre più numerose, tanto da aver portato alla creazione del termine itanglese per definire l’intrusione di vocaboli inglesi nella nostra lingua che, spesso, rasenta l’abuso”. 

 

C’è da sperare che a Roma, in Parlamento, e tra il popolo dell’ex Bel Paese, questa difesa dell’identità e della dignità nazionale trovi il dovuto sostegno. Ma ho i miei dubbi.

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