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Il Fascio, breve sintesi di un simbolo misterioso

I simboli della Casa d’Italia: il Fascio, la Lupa, l’Aquila e l’ “Angelo del Nincheri”

 

Nella prima immagine, il Fascio etrusco; nella seconda, un Littore romano; nella terza, la bandiera della Repubblica Cisalpina; nella quarta, l’attuale sigillo di stato francese; nella quinta la statua di Cincinnato a Cincinnati, Usa, con la sinistra poggiata sull’aratro e un fascio nella mano destra. Nella sesta, Washington con la mano sinistra poggiata su un Fascio Littorio.

 

I simboli sono fragili e potenti, quanto affascinanti e fatidici. Possono essere segni innocui e pacifici, oppure drammatiche e ineffabili icone. Il simbolismo del Fascio può rappresentare culturalmente, socialmente e politicamente le aspirazioni sociali del travagliato Novecento e la prima parte del XXI secolo, attraverso il ripristino romantico dell’antica Roma (Napoleone, Italia e Usa). Ancora più indietro nel tempo, la presenza del Fascio non costituiva una novità, né in genere indicava un’appartenenza che oggi qualificheremo “di destra” o conservatrice. La presenza di questo simbolo, romano per eccellenza, è dovuta altresì al nesso con l’antichità classica, sopratutto col Neoclassicismo, con lo Stile Impero. Va aggiunto, inoltre, che in Occidente, nel corso degli ultimi duemila anni, ci si è riferiti all’antichità classica, di cui il Fascio ne ha sempre rappresentato la sintesi simbolica. Ma proseguiamo con ordine.


Il mistero e la fatidicità di questo simbolo sono già presenti nel rito e nei simboli evocati sin dalla sua origine; l’alone misterico si accentua ancor di più con il ritrovo di un fascio scoperto a Vetulonia nella tomba del littore (VI a.C.); scoperta che conferisce al Fascio primigenio una matrice etrusca e romana. All’origine questo simbolo non rappresentava una mera allegoria del potere limitato alla sfera politica, ma aveva forti connotazioni sacrali, magiche e rituali. Roma introdusse il fascio quale simbolo religioso del potere, dell’autorità maggiore (imperium), e della giustizia (Jus, ciò che è giusto). Insegna sacrale, simbolo fatidico di unione e della maestà di Roma, il Fascio (fascis, insignia imperii) era l’espressione di una profonda religiosità. Infatti, nella Roma antica annualmente, a febbraio, mese delle purificazioni (februus), il “rinnovo” dei fasci costituiva parte essenziale dei rituali delle lupercali: strisce di pelle ancora arrossate di sangue delle vittime sacrificali, dopo la famosa “corsa dei luperci”, costituivano il sigillo indissolubile che “affasciava” le dodici verghe di betulla che costituivano i fasci (numero delle gens fondatrici e degli avvoltoi palatini) nel nome di A-MOR (nome occulto di ROMA), attributo di Venere, genitrice della Gens Julia e divinità tutelare dell’Urbe assieme a Marte-Quirino. Al centro o lateralmente (repubblicano o imperiale) era inserita una scure, simbolo folgorante che fende e recide le parti. Stava a rappresentare la legge, il potere, l’autorità e la giustizia che giudica e “discerne”. Venivano portati sulla spalla dai littori (lat. lictor, da licere: citare in giudizio). Come segno supremo di autorità, dodici littori precedevano i re. Durante la Repubblica divennero appannaggio dei magistrati, dotati di imperium e in numero corrispondente al loro rango. Questa fatidicità conferisce ancora al Fascio attributi simbolici di autorità e maestà nel rappresentare il “Diritto romano” di cui l’occidente è debitore.

 

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Oggigiorno, in Italia, quando si parla di fascio si pensa a gruppi nazionalisti o al fascismo, soffermandosi su un ventennio e tralasciando secoli di storia ed altri profondi significati dimenticati fra le pieghe della nostra storia millenaria. Tra l’altro, pochi sanno che il fascio, simbolo evidente di unione, è stato adottato da gruppi politici socialrivoluzionari e radicali di sinistra; basti pensare ai famosi Fasci Siciliani, un movimento di contadini. Nel 1883, Andrea Costa fondò il Fascio della Democrazia; nel 1914 Filippo Corridoni, fondò i Fasci d’Azione Rivoluzionaria; nel 1917 Maffeo Pantaleoni fondò il Fascio Parlamentare per la Difesa Nazionale ed infine il movimento fascista di Benito Mussolini. Non li enumero tutti, ma vi furono altri numerosi gruppi di destra e di sinistra che si riferirono al fascio, quale evidente simbolo evocatore di forza nell’unione, di diritto e di giustizia. Va sottolineato che questo simbolo è indissolubilmente legato alla storia d’Italia, ove nacque ed accompagnò le vicissitudini della Penisola attraverso i secoli; quel che ne fa un simbolo che dovrebbe identificarci quali eredi di una tradizione millenaria. Questo simbolo ci è stato invidiato per poi appropriarsene. Il fascio è stato largamente utilizzato negli stemmi, nelle bandiere e nei sigilli per rappresentare l’Autorità. Negli Stati Uniti d’America, lo si ritrova quale simbolo del Senato federale e al sopra della porta dello studio Ovale; la statua di Lincoln poggia le mani su due fasci; è stato largamente appanaggio di Napoleone; oggi è il sigillo di stato della Francia, dell’Equador, del Camerun, ecc. Perciò, oltre al fatto che il Fascio ornamentale della Casa d’Italia ben si adatta allo Stile Art-Nouveau o Art-Déco, concludo con un dettaglio importantissimo e di profonda portata; negli anni sessanta, Guido Casini, collaboratore di Guido Nincheri nel decoro della Casa d’Italia, mi confidò: “Pietro, ricorda che la chiave che spiega la portata della presenza dei fasci alla Casa d’italia è fornita dall’ “Angelo” del Nincheri (andato distrutto durante i “restauri”) e dalla presenza, sull’entrata storica di rue Jean-Talon, di un fascio etrusco biscure (doppia scure) e non littorio, a spiegare la portata cronologica e simbolica di questo simbolo nella storia d’Italia, al di là delle contingenze politiche, riassumendo nel meglio la nostra millenaria tradizione storica e culturale”. Tutto questo per dimostrare che i simboli che decorano la Casa d’Italia, in quanto tali, trascendono un’epoca e un capitolo storico, riallacciandosi all’italianità, alle radici ed alla coscienza di un popolo che tale simbolo evocò e determinò: il popolo romano e italico, di cui siamo gli eredi diretti. 

(Continua)

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