Nel primo pezzo di questo nuovo anno vi ho parlato della mia partenza per il Canada nel 1959 e quando scriverò per l’ultima volta questa colonna vi parlerò del ritorno definitivo a casa dopo 46 anni.
Come va l’Italia? Per me sempre peggio. Anzi, abbiamo fatto un passo indietro, perché si riparla di nuovo di destra e di sinistra, mentre il governo perde tempo con riforme che non sono urgenti invece di cercare di far uscire l’Italia dal suo letargo. Di che cosa si parla invece? Delle “fissazioni’’ del governo Meloni, che sono l’autonomia differenziata per accontentare la Lega (ai bei tempi di Bossi si chiamava “secessione”), la giustizia, chiodo fisso di Forza Italia, e il Premierato, che giustamente va alla Meloni. Così sono contenti tutti. Compresi gli italiani che ci credono. Ma in Italia non si versano soltanto lacrime. Nei giorni della merla (29,30 e 31 gennaio) invece del freddo è arrivata la primavera, i ristoranti sono sempre pieni, come diceva Berlusconi, ed ogni tanto qualche atleta italiano ci fa pure sognare. Non è un giocatore di calcio, ma un tennista. Si chiama Sinner.
Un amico: compagno Rosati
Ci ha lasciato improvvisamente a Montréal, il 31 dicembre scorso, Carlo Rosati, nato a Santa Croce di Magliano (CB), dove ha ancora una sorella, un fratello e altri parenti.
Subito dopo la sua morte, sui social hanno parlato a profusione della sua vita in Italia prima di venire in Canada. Era un sognatore, un uomo pacifico e cordiale, che credeva soltanto in un mondo migliore. Non ricordo come ci siamo conosciuti. Penso che un mio amico mi ha portato nel suo laboratorio sulla via Belanger, dove faceva e rinnovava divani e sedie. Poi me lo sono ritrovato a Laval, eravamo quasi vicini di casa.
Era sempre disponibile e aveva mille interessi.
Mi recavo spesso da lui per parlare dell’orto o delle sue galline, ma soprattutto per assaggiare il suo ottimo vino. Se ricordo bene, preferiva l’uva Cabernet Sauvignon. All’inizio mi ha preso per un capitalista, ma penso che non l’ho mai convinto di essere un vero compagno.
Quando mi recavo da lui, lo salutavo con un bel “compagno Rosati” e lui mi guardava, sorrideva e immancabilmente mi diceva: “Tu non sei un vero compagno”. Poi il partito comunista in Italia ha cambiato nome fino a quasi scomparire, ma il “compagno Rosati’’ non ha mai perso la sua fede. Forse si era rassegnato, tanto che negli ultimi anni, quando entravo a casa sua con il solito saluto, lui scuoteva la testa, andava a cercare una bottiglia di vino e mi sussurrava: “I compagni non ci sono più”.