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Israele-Hamas, figlio Shah di Persia: “Unica soluzione al conflitto è la fine della Repubblica islamica iraniana”

(Adnkronos) – Passano dal “crollo” della Repubblica islamica e del regime di cui è espressione la soluzione al conflitto israelo-palestinese e la nascita di un Medio Oriente stabile e pacifico. Lo sostiene in un’intervista esclusiva all’Adnkronos Reza Ciro Pahlavi, il figlio dell’ex Shah di Persia, Mohammad Reza Pahlavi, rovesciato nel 1979 dalla rivoluzione islamica guidata dall’ayatollah Ruhollah Khomeini. 

“L’unica soluzione al conflitto israelo-palestinese e, più in generale, alla pace in Medio Oriente è il crollo della Repubblica islamica in Iran che sta finanziando, aiutando e dirigendo gruppi terroristici come Hamas per seminare caos e instabilità nella regione”, afferma l’erede dello Shah mentre prosegue lo spargimento di sangue nella Striscia di Gaza, con l’operazione militare israeliana entrata nel terzo mese. “Questo regime prospera nel caos e nel conflitto e, finché sarà al potere, non consentirà una soluzione diplomatica del conflitto”, prosegue Pahlavi, secondo cui “l’unica speranza” è che gli iraniani mettano fine a un regime che ha definito “padrino del terrorismo”. 

Il figlio maggiore dello Shah ritiene che “un Iran democratico” possa diventare “il fulcro della stabilità in Medio Oriente”, proprio come lo era prima del 1979, quando Teheran aveva “ottimi rapporti” sia con Israele che con i suoi vicini arabi. “Abbiamo mantenuto la pace nella regione. Questo è esattamente il ruolo che l’Iran può svolgere nuovamente dopo la caduta del regime islamico. La mia visione per la nostra regione vede un Iran che ricerca relazioni pacifiche, produttive e prospere con tutti i nostri vicini basate sul rispetto reciproco, sulla sovranità nazionale e sugli interessi collettivi”, scandisce Reza Pahlavi, che – in quest’ottica – lo scorso aprile ha compiuto una visita storica in Israele durante la quale ha incontrato il premier, Benjamin Netanyahu, ed il presidente, Isaac Herzog. 

“Condividiamo un antico legame biblico con il popolo ebraico. Infatti, il giorno dopo la mia visita in Israele, gli iraniani in uno stadio di pallavolo hanno gridato cori pro-Israele con una mossa senza precedenti”, ricorda, precisando che il sentimento anti-regime non riguarda solo gli iraniani della diaspora: “Abbiamo visto molti video di miei compatrioti che si rifiutano di calpestare e profanare la bandiera israeliana, americana o britannica che le autorità mettevano a terra davanti alle porte e agli ingressi degli edifici. Siamo orgogliosi della nostra storia e amiamo la nostra Nazione, ma questo orgoglio e amore, per noi iraniani, non è mai al costo di odiare gli altri”. 

Non a caso, secondo il figlio dello Shah, “l’obiettivo principale” degli ayatollah sono proprio i cosiddetti ‘Accordi di Abramo’, che hanno aperto la strada al riavvicinamento tra Israele e diversi Paesi arabi tra cui l’Arabia Saudita. Per Pahlavi i fatti del 7 ottobre hanno mirato a danneggiare il successo diplomatico di queste intese dal momento che “la Repubblica Islamica è impegnata a minare la prospettiva di pace nella regione. Questo regime continuerà i suoi tentativi di distruggere ogni prospettiva di pace finché sarà al potere”. 

L’erede dello Shah ritiene quindi che non ci sia spazio per Hamas, da lui definita “una brutale organizzazione terroristica”, in un eventuale futuro Stato palestinese. “I palestinesi meritano di meglio di un gruppo terroristico come loro rappresentante. Hamas non ha a cuore gli interessi del popolo palestinese. Usa civili innocenti per promuovere i suoi guadagni finanziari e ideologici. È vergognoso”, spiega Pahlavi, accusando i leader della Repubblica islamica, primo tra tutti l’attuale Guida Suprema Ali Khamenei, di aver creato ‘proxy’ come Hamas e Hezbollah con l’obiettivo di “distruggere Israele senza pagarne il prezzo. Spingeranno più che possono, finché non dovranno affrontarne le conseguenze”. 

Al contrario del loro governo, gli iraniani non hanno alcun interesse per i “gruppi terroristici”, tanto che nelle proteste in Iran uno degli slogan è stato “Né Gaza, né il Libano, do la mia vita per l’Iran”, sottolinea Pahlavi, secondo cui gli iraniani “sono stanchi di vedere le loro risorse e ricchezze nazionali saccheggiate dalla Repubblica Islamica per essere inviate a Hamas e Hezbollah. Il giorno dopo l’attacco terroristico del 7 ottobre in uno stadio di calcio di Teheran, hanno intonato molto chiaramente slogan contro questi attacchi”. 

Sulla situazione politica interna, il figlio dello Shah ha le idee chiare. “Gli iraniani non hanno futuro sotto questo regime che, fin dall’inizio, ha cercato di distruggere il Paese. Si sono ribellati perché hanno giustamente riconosciuto che non può essere riformato e non può risolvere i problemi dell’Iran perché fondamentalmente è un regime anti-iraniano”, dichiara, commentando le proteste antigovernative che hanno scosso l’Iran a partire dal settembre dello scorso anno, dalla morte di Mahsa Amini per non aver indossato correttamente il velo, alla violenta repressione delle successive manifestazioni, fino al caso più recente di Armita Geravand, la ragazza di 16 anni picchiata a morte nella metropolitana di Teheran dalla polizia morale perché, come Mahsa, non indossava il velo. Proteste che sono al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica internazionale come dimostra il premio Nobel per la Pace assegnato all’attivista Narges Mohammadi e quello Sakharov al movimento iraniano ‘Donna, Vita, Libertà’. 

Reza Pahlavi ritiene “non una possibilità, ma una realtà” una transizione verso un Iran democratico dato che i suoi connazionali “sanno molto bene cosa non vogliono e ora stanno riconoscendo ciò che vogliono: un Iran laico e democratico. Ho sempre sostenuto che questa transizione venga realizzata internamente e attraverso metodi non violenti, come abbiamo visto numerose volte nella storia moderna, in particolare in Sudafrica e in Europa orientale. Gli iraniani si stanno unendo in un movimento di disobbedienza civile nazionale per abbattere la Repubblica islamica ed è così che il nostro Paese passerà alla democrazia”. 

Il figlio dello Shah commenta infine il recente riavvicinamento tra Iran e Arabia Saudita, rimarcando come il principe della corona Mohammed bin Salman si trovi in una posizione “difficile” data “l’enorme pressione che la Repubblica Islamica sta esercitando su di lui attraverso gli Houthi nello Yemen. Credo che questo accordo, che difficilmente si può definire riavvicinamento, sia poco più di una valvola di sfogo a tempo. Non ci sarà pace tra Iran e Arabia Saudita finché il regime di Teheran sarà al potere – conclude – Tuttavia, con la scomparsa della Repubblica Islamica, le nostre due Nazioni potranno nuovamente godere di relazioni e legami produttivi”. 

(di Davide Desario) 

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