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Deloitte, 4 imprese italiane su 10 investiranno nell’Intelligenza Artificiale nei prossimi 3 anni

(Adnkronos) –
A un anno dal lancio di ChatGpt il tema dell’Intelligenza Artificiale continua ad infiammare il dibattito nell’opinione pubblica e nei board delle imprese. Ma cosa pensano i cittadini italiani e cosa prevedono le aziende del nostro Paese sul tema dell’anno? Divisi tra curiosità e timore, gli italiani sperano che l’Ai trovi applicazione soprattutto in campo medico (38%) e nella semplificazione burocratica (31%). C’è anche chi non esclude di “fare amicizia” con un’intelligenza artificiale (41%), mentre molti lo troverebbero “inquietante” (28%). E mentre la discussione pubblica continua, anche le imprese italiane cominciano ad attrezzarsi per cogliere le opportunità di questa tecnologia: il 59% ha già sperimentato qualche strumento Ai e il 40% prevede di investire nei prossimi tre anni. Il 35% è già pronta alla implementazione dell’Ai, mentre il 53% guarda al medio periodo, confidando nella riduzione dei costi di questa tecnologia, che oggi risultano ancora proibitivi per la maggioranza (66%) delle imprese italiane.  

Queste alcune delle evidenze dell’ultima ricerca di Deloitte sull’Intelligenza Artificiale in Italia, presentate in anteprima nel corso dell’Innovation Summit svoltosi al MAXXI di Roma alla presenza di Enrico Maria Bagnasco, Ceo di Sparkle, Paolo Benanti, professore presso la Pontificia Università Gregoriana, Maria Chiara Carrozza, presidente del Cnr, Tom Davenport, professore distinto al Mit e al Babson College, Stefano De Alessandri, Ceo di Ansa, Luciano Fontana, direttore del Corriere Della Sera, Barbara Gallavotti, giornalista e divulgatrice scientifica, Alessandra Poggiani, direttrice generale di Cineca, Cristina Rossello, consigliere ministro dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini, Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, e Jaap Zuiderveld, vicepresident Emea di Nvidia. Il report completo di Deloitte verrà presentato a gennaio 2024. 

“Per garantire uno sviluppo etico e sicuro dell’Intelligenza Artificiale è necessario costruire una collaborazione pubblico-privato capace di garantirne una governance improntata al rispetto dei criteri Esg. Una priorità assoluta che sottolineiamo come Deloitte, ma che emerge con chiarezza anche dalla nostra ricerca: secondo il 70% delle imprese intervistate la collaborazione fra attori pubblici e privati sarà imprescindibile per delineare un quadro normativo equo ed efficace”, commenta Fabio Pompei, Ceo di Deloitte Central Mediterranean (Dcm). 

Secondo, Andrea Poggi, Innovation Leader di Deloitte Central Mediterranean (Dcm), “per gestire al meglio la rivoluzione innescata dall’AI e coglierne appieno i frutti, è importante andare oltre ‘l’artificiale’ e investire sul raggiungimento di una forma di Intelligenza: l’Intelligenza Simbiotica, in cui il rapporto tra intelligenza umana e intelligenza artificiale entra in una nuova fase, una joint venture governata dall’uomo che ci permetta di sfruttare le migliori qualità di entrambe le forme di intelligenza creando valore positivo per la società avanzando verso un futuro etico e sostenibile. Quello dell’Intelligenza Simbiotica è un vero e proprio approccio strategico e anche un concreto modus operandi, che prevede precise azioni da parte dei diversi attori del nostro sistema socioeconomico per realizzarla e quindi affrontare al meglio questa straordinaria rivoluzione riducendone i rischi”.  

Per la realizzazione dell’Intelligenza Simbiotica è necessario uno sforzo da parte di tutto l’ecosistema su tre direttrici principali: la consapevolezza e la formazione, un impegno che Deloitte porta avanti con il Deloitte Ai Institute, un istituto di ricerca sull’Ai che verrà lanciato in Italia nelle prossime settimane, e con l’Ai Demystification Program, un programma di formazione a supporto delle oltre 12 mila persone di Deloitte in Italia; la governance, basata su poche ma forti regole etiche, da supportare con l’adozione di politiche industriali e di sviluppo. Per questo Deloitte ha sviluppato e adottato ‘Trustworthy Ai’, un framework che promuove un’adozione dell’Ai responsabile, affidabile e conforme alle normative; la progettazione di soluzioni simbiotiche ‘by design’ che deve sempre essere svolta da team multidisciplinari e preceduta da una seria valutazione ex-ante di tutti gli impatti dell’adozione dell’Ai. 

La maggioranza delle aziende intervistate (59%) già oggi utilizza soluzioni di Intelligenza Artificiale. Tra le più comuni vi sono quelle per l’automazione, l’ottimizzazione e la gestione di processi (38%), l’analisi dei dati (16%), l’analisi e la gestione dei rischi (15%). Meno frequenti l’uso di chatbot (13%), l’impiego per la formazione dei dipendenti (8%) e le applicazioni per la produzione di testo e/o immagini, usate solo dal 3% delle aziende nonostante il grande clamore mediatico di cui sono state protagoniste negli ultimi mesi. Solo nel 41% dei casi le aziende non hanno mai fatto alcun utilizzo di applicazioni Ai. 

Nonostante le numerose incertezze che ancora riguardano gli sviluppi dell’Ai e la sua regolamentazione, oltre il 40% delle aziende italiane dichiara che aumenterà gli investimenti in Ai nei prossimi tre anni, puntando sull’efficientamento del data management (49%), dello sviluppo prodotti e servizi (45%) e dei sistemi software (41%). Un 10% degli investimenti, invece, potrebbe servire per adeguare il capitale umano, mentre il 5% potrebbe portare a operazione di M&A quali acquisizioni, joint-venture, partnership e alleanze strategiche. 

Quali sono i benefici che le aziende puntano ad ottenere con l’Ai? Il 45% si aspetta una maggiore efficienza e produttività, mentre il 40% pensa a una riduzione dei costi dell’azienda. Quote inferiori ma significative puntano all’abilitazione dei nuovi modelli di business (23%) e alla capacità di guadagnare reattività rispetto ai cambiamenti esterni (20%), nonché maggiore controllo ed efficacia nel controllo dei rischi (20%). Tra le aree aziendali che potrebbero ricavare il maggiore valore aggiunto ci sono le operations (49%), l’amministrazione e il controllo di gestione (34%), le infrastrutture e sistemi It (30%), il settore sales (17%) e il comparto R&D e innovazione (13%). 

Secondo le imprese intervistate, le barriere che ostacolano l’implementazione aziendale di tecnologie Ai sono la mancanza di conoscenze e competenze tecniche (40%), l’incompatibilità tecnologica con i sistemi attuali (37%) e la carenza di adeguate risorse finanziarie (31%), che nel caso delle aziende del Sud arriva al 47%. Altri ostacoli che vengono segnalati dalle aziende sono la difficoltà nella raccolta e gestione dei dati (27%) e il grado di maturità del mercato/settore di riferimento (17%). 

Mentre il dibattito mediatico globale è molto acceso, la reale implementazione dell’Ai nel tessuto economico italiano procede tra molte incertezze. Così, il 71% delle aziende ritiene che l’orizzonte temporale per la diffusione dell’intelligenza artificiale sia di lungo periodo e il 66% fa notare come nel breve periodo la maggior parte delle tecnologie e innovazioni AI abbia un costo proibitivo per la maggior parte delle aziende italiane. Tuttavia, il 53% confida che il costo dell’Ai tenderà a ridursi progressivamente grazie ad economie di scala, sinergie, guadagni di efficienza e produttività. 

Sette aziende su dieci concordano sul fatto che la collaborazione fra pubblico e privato sarà imprescindibile per delineare un quadro normativo equo ed efficace sull’Ai. Inoltre, il 68% conviene che per garantire uno sviluppo etico e responsabile sarà fondamentale regolamentare la tecnologia Ai fin dalle prime fasi della progettazione. Ma in che modo garantire uno sviluppo etico dell’Ai? Il 59% sottolinea l’importanza delle competenze delle persone all’interno delle imprese, mentre il 33% indica come prioritaria la formazione di ricercatori e sviluppatori di algoritmi Ai su problematiche etiche. Il 31%, invece, pone l’accento sull’importanza di una maggiore trasparenza sui meccanismi di funzionamento dell’Ai. 

Intervistate sugli ambiti di applicazione dell’Ai per la sostenibilità ambientale, le aziende dimostrano il maggiore interesse per le soluzioni che riguardano l’efficienza energetica (70%), la riduzione dell’inquinamento (57%), l’economia circolare (41%) e la prevenzione delle calamità naturali tramite strumenti predittivi (22%). L’impiego dell’Ai, invece, secondo il 20% potrebbe servire allo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili, mentre l’8% ne sottolinea il potenziale nella protezione della biodiversità.  

Quali sono le applicazioni di Intelligenza Artificiale che stanno entrando nella vita quotidiana delle persone? La traduzione simultanea la più diffusa: il 43% degli intervistati la usa e il 36% pensa che continuerà ad usarla. Grande successo anche per gli assistenti vocali: il 40% ne fa uso e il 29% continuerà a sfruttarli. Molto utili anche le previsioni del traffico in tempo reale, che sono adottate dal 37% e continueranno a essere usate da un cittadino su tre. Il 25% ha provato applicazioni per la generazione di testo, come ChatGpt e Bard, e il 15% continuerà a usarle. Tra le applicazioni ancora di ‘nicchia’ la guida autonoma di veicoli (il 13% l’ha provata, il 4% continuerà), la creazione di contenuti artistici e multimediali (l’11% ha provato, il 5% continuerà) e quelle per i servizi finanziari (provati dal 10%, continueranno a essere usati dal 5%). Alla domanda: “Farebbe amicizia con un’intelligenza artificiale?”, il 28% dichiara “impossibile” e “inquietante” familiarizzare con una tecnologia, “tanto più con sembianze umane”; il 31% dice “probabilmente no”, spiegando di non essere interessato a familiarizzare con uno strumento tecnologico; il 22% è possibilista, soprattutto se l’Ai “avesse connotati umani”; infine vi è un 19% di entusiasti che risponde con un sì deciso, a prescindere dalla forma che l’Ai assumerebbe. 

Interrogati su quali settori dovrebbero essere considerati prioritari nello sviluppo di nuovi prodotti o servizi, gli italiani ripongono speranze soprattutto in ambito medico (38%). E tra chi scommette sull’Ai per il settore salute, il 57% immagina di utilizzarla per monitoraggio dello stato di salute e rilevamento di segnali di attenzione, il 52% pensa che sarà utile alla ricerca farmaceutica-sanitaria, il 47% ipotizza un miglior accesso a servizi di prevenzione o assistenza sanitaria personalizzata, mentre il 41% spera in un supporto alla diagnosi attraverso l’analisi di dati. Significativa anche l’indicazione sul settore dei servizi pubblici e l’interazione con la Pa (31%), che grazie all’AI potrebbe essere migliorata tramite l’automazione e semplificazione burocratica. Al terzo posto (30%), invece, vi è l’indicazione di un possibile utilizzo applicato a “telecomunicazioni, media e intrattenimento”.  

Interrogati sul loro grado di conoscenza dell’Intelligenza artificiale, gli italiani si suddividono in quattro categorie: i “grandi conoscitori” (17%) sono coloro che affermano di conoscere bene le applicazioni e i prodotti Ai, nonché la tecnologia sottostante; il 19% si definirebbe come “grande utilizzatore”, cioè utilizza frequentemente prodotti e servizi Ai nella vita quotidiana ed è interessato all’utilizzo di futuri sviluppi nel settore; i “non utilizzatori” sono il 22% e dichiarano uno scarso uso e interesse verso l’Ai; il 42%, invece, esprime timore o preoccupazione per i futuri rischi che questa tecnologia pone. 

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