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Thyssen, in carcere il manager Espenhahn

(Adnkronos) – “I tempi nella giustizia sono fondamentali. Sia nel corso del processo che nell’esecuzione della sentenza. Il 13 maggio 2016 si è chiuso in Cassazione il processo Thyssen. Tutti condannati gli imputati. Solo gli italiani però varcano la soglia del carcere il mattino successivo alla sentenza. I tedeschi continuano a fare quello che facevano prima, come nulla fosse; più forti della giustizia e dello Stato in cui sembrava giustizia si fosse compiuta”. Scrive così, sul suo profilo Facebook, Antonio Boccuzzi, operaio della Thyssenkrupp di Torino che nel 2007 scampò all’incendio che uccise suoi sette colleghi (Antonio Schiavone, Roberto Scola, Angelo Laurino, Bruno Santino, Rocco Marzo, Rosario Rodinò e Giuseppe Demasi). Boccuzzi, oggi deputato del Pd, ha commentato la notizia, riportata sui quotidiani tedeschi, dell’entrata in carcere del manager tedesco della Thyssenkrupp, Harald Espenhahn, che proprio pochi giorni fa ha cominciato a scontare la condanna.  

“Giustizia, già…Una parola affascinante che da idea di equilibrio, di equo risarcimento. Quando muoiono in maniera drammatica sette persone nulla può essere equo o avvicinarsi lontanamente al giusto. Quel pomeriggio di sette anni fa in Cassazione scoprimmo che la giustizia si ferma davanti ai confini tra paesi anche vicini. Dieci anni di reclusione riconosciuti nel lungo processo di Torino in Germania ne valgono al massimo 5 ma devono essere comunque confermati e questo richiede tempo. Il tempo quando hai un traguardo da raggiungere deve diventare tuo malgrado il tuo alleato. Pensi che sarà il solito anno che abbiamo trascorso da un grado all’altro ( 5 gradi è durato il nostro processo ). Passa un anno, ne passano due, ne passano molti. Passano i governi, passano i ministri della giustizia, passano le parole di circostanza. Quello che non passa sono rabbia e dolore per una ferita che non si rimarginerà mai ma che potrebbe fare un po’ meno male se tutti gli imputati, tedeschi compresi, scontassero la loro pena”.  

“Ogni giorno il senso di giustizia e la fiducia nella stessa vengono messi a dura prova. Non abbiamo mai perso quel barlume di fiducia che ci ha spinto sempre a lottare a non pensare che a vincere siano sempre i potenti prepotenti ma che questa volta sarebbe stato diverso. Lo dovevamo a noi, ai nostri cari e a tutti coloro che perdono la vita lavorando. Ora dopo 5726 giorni il signor Harald Hesphenhann dopo tanto correre, scappare dalla giustizia ha varcato la soglia del carcere. Non è un risarcimento, non è vendetta e solamente l’unico epilogo che si sarebbe già dovuto compiere da tempo e che è stato solo rimandato. Certo, quei 5 anni saranno ulteriormente ridimensionati, lo sappiamo e non ci facciamo strane o vane illusioni, ma un passo è stato compiuto e questo non ce lo porta via nessuno”, conclude Boccuzzi.  

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