(Adnkronos) – “Il lupus eritematoso sistemico (Les) è una malattia reumatica autoimmune, ciò vuol dire che il sistema immunitario agisce non solo contro gli agenti esterni, come batteri e virus, ma anche contro organi e apparati dello stesso organismo. Può quindi attaccare qualsiasi organo e apparato, e quelli più frequentemente colpiti sono le articolazioni, la cute e i reni. Il paziente con il lupus rischia di vedere compromessa la funzionalità di alcuni organi, oltre che la qualità della vita. In alcuni casi più gravi è messa a rischio anche la sopravvivenza stessa del paziente”. Lo ha ricordato Luca Iaccarino, professore associato di Reumatologia all’università di Padova, a margine del Congresso Eular (European Congress of Rheumatology) 2023, in svolgimento al MiCo di Milano dal 31 maggio al 3 giugno, facendo il punto sulle cure per il Les.
La terapia che si è rivelata vantaggiosa in termini di percentuale di pazienti che raggiungono una risposta e nei migliori dei casi la remissione è quella basata sui farmaci biologici, come belimumab, impiegata nei pazienti con lupus da circa dieci anni: “In alcuni soggetti, la terapia con farmaci biologici, come belimumab – ha spiegato Iaccarino – ha garantito la riduzione dell’accumulo di danno, cioè la compromissione della funzionalità degli organi, delle articolazioni, del rene. Traggono beneficio dalla terapia con farmaci biologici anche gli aspetti dermatologici, come le cicatrici cutanee. Questi farmaci hanno sicuramente aiutato a migliorare la qualità della vita di questi pazienti”.
A dimostrare l’efficacia della terapia con farmaci biologici nella riduzione del danno d’organo sono i risultati dello studio italiano ‘BeRLiSS: belimumab in real life setting study’, coordinato proprio dal centro di Padova e che ha coinvolto quasi 500 pazienti con lupus eritematoso sistemico, trattati con belimumab e seguiti dai 24 centri specializzati presenti sul territorio nazionale: “Questo studio non solo ha confermato i dati che avevamo potuto vedere nei trial randomizzati controllati – ha concluso il professore – ma ha anche dimostrato la capacità di questo farmaco di ridurre le riacutizzazioni della malattia e l’accumulo di danno in questi pazienti”.