Giampaolo Sassano, scomparso di recente, ha lasciato una forte impronta in tanti di noi. Personaggio decisamente fuori norma e dai cento interessi: geologo, docente universitario, autore di trattati di geologia, pittore dal pennello dall’impronta forte e originale, spirito polemico che a volte tendeva all’irascibilità impetuosa, pronta però a stemperarsi in una battuta caustica per poi concludersi in un riso liberatore.

Sassano giunse in Canada con i genitori, la moglie: Nuccia e il figlio: Marco, dal nativo Friuli, ma dopo aver trascorso anche un paio d’anni, da geologo, in Turchia. Il nostro Giampaolo è stato uno spirito innovatore, avventuroso, profondamente innamorato della terra. Terra intesa come manto terrestre, e quindi nella sua interezza: in superficie e in profondità e in qualunque latitudine; e Terra come pianeta inserito in un insieme di corpi celesti di cui, nei suoi scritti accademici e anche nella sua vivace e appassionante autobiografia intitolata “Lettere di viaggio” (Edarc, 2019), ha cercato di sondare il mistero.   

Preziosa, per noi espatriati è la testimonianza, in questo suo libro autobiografico, sul momento del suo arrivo in Canada, con la descrizione dei suoi primi contatti con le autorità e con la gente canadese, e il lungo viaggio in treno attraverso quasi l’intero Paese. La terra adottiva subito conquista Giampaolo, che dal finestrino del treno che lo porta via da Halifax osserva con speranza ed amore le rocce, le vene minerarie, le foreste, le vallate, i monti, le pianure, i ponti, le strade, le case. Vi è quindi il sorvolo dei Sassano, su un minuscolo aereo, di estese zone selvagge, e infine l’arrivo a Yellowknife; l’ospitalità, le difficoltà, le speranze.   

Traggo dalla sua autobiografia un episodio toccante. Si tratta del suo improvviso incontro, nelle viscere di una sperduta miniera della regione di White Horse, nello Yukon Occidentale, con un minatore friulano che è in Canada da una vita, senza famiglia, e che non ha più contatti con l’Italia. 

Il minatore friulano dopo pochi attimi si dilegua, ma non dopo aver lanciato, ad un Giampaolo sorpreso e commosso che vorrebbe a tutti i costi conoscere di lui almeno il nome, un grido di sofferenza, di rimpianto e d’identificazione totale col luogo di nascita: “… O soi  di Nimis… Clàmini Nimis…” – “Sono di Nimis… Chiamami Nimis…” (Nimis è in provincia di Udine.) È proprio vero che il legame con la terra di nascita non si scioglie mai…

Giampaolo porterà sempre con sé il Friuli, la sua Udine, le memorie di quel mondo, insieme con la fedeltà alle radici antiche della sua famiglia, ricca di persone notabili. Ma senza eccessi sentimentali, né rifiuti del nuovo, ma anzi con l’animo aperto a nuove esperienze, avventure e scoperte. Lavorerà da geologo in miniera, nelle foreste, sui picchi, nella tundra, in luoghi deserti. Conoscerà gli aborigeni canadesi. Cambierà più volte territorio. Si rimetterà anche agli studi, acquisendo un secondo dottorato di ricerca. Diventerà professore universitario. Darà conferenze. Verrà a vivere in Québec, a Montréal. Scriverà libri.   La prole aumenterà: a Marco si aggiungeranno Caroline e Isabella. Divorzierà. Si risposerà con la moglie definitiva: l’attenta, paziente, incantevole Gina (nipote del celebre pittore Umberto Bruni).

Tornerà innumerevoli volte in Italia. Parteciperà alla vita associativa degli immigrati italiani del Québec. Diventerà apprezzato pittore. Conoscerà persone umili e personaggi straordinari. E mai perderà quella vitalità travolgente e quello spirito di provocazione e di rottura che lo porranno in rotta di collisione con taluni, ma riuscendo sempre a creare intorno a sé nuovi amici. Nel nome del Friuli, dell’Italia, del Canada, e della “Terra”: termine ricco di significati, tutti a lui cari.