(Adnkronos) – L’operazione che sta conducendo Unicredit su Commerzbank ha un peso che va oltre il suo valore finanziario. Per l’Europa e il mercato comune e anche perché capovolge, utilizzando una lettura più nazionalista o sovranista, una prospettiva che ha visto finora le banche e altre grandi aziende italiane essere oggetto dei piani di espansione stranieri. Ora si assiste a un cambio di rotta, che sull’asse Italia-Germania potrebbe assumere proporzioni ancora più evidenti nel caso in cui anche Mediaset (più precisamente MediaForEurope), azionista con il 29% del primo gruppo radio televisivo tedesco Prosiebensat, decida di rompere gli indugi e tentare la scalata. L’elemento che tiene insieme le due storie, che sono al momento in uno stadio diverso di maturazione, è la proiezione europea.
La mossa di Unicredit, che ha iniziato a investire con decisione in Commerzbank, viene da lontano. Il Ceo Andrea Orcel sta facendo della banca di Piazza Gae Aulenti un attore di primissimo piano nel panorama bancario europeo. Non solo per i risultati ma anche per la propensione a utilizzare l’arma delle acquisizioni in una prospettiva diversa rispetto al passato. L’obiettivo dichiarato di ‘creare valore’ in questo caso corrisponde all’idea da sempre sostenuta anche dalle istituzioni europee, convinte che la creazione di istituti di credito più forti possa portare vantaggi per tutti. Come ribadito anche oggi dal Ceo, un’aggregazione con Commerzbank “aggiungerebbe molto valore, pensiamo che sarebbe la cosa migliore per entrambe le banche, per entrambi i gruppi di azionisti, per i dipendenti di entrambe le banche, per i clienti, avere una banca più forte in un momento in cui l’Europa si trasforma”. In estrema sintesi, la convinzione che esprime Orcel è che Unicredit non acquisirebbe Commerzbank in un’ottica ‘predatoria’ ma scommettendo su un investimento che, attraverso il consolidamento delle due banche, porterebbe vantaggio all’intero sistema. In questo senso l’Europa è ‘un’alleata’, come dimostrano anche le reazioni a livello istituzionale.
Questa lettura dell’operazione non è condivisa a Berlino, che con il cancelliere Olaf Scholz l’ha bollata come ‘atto ostile’. Le ripetute prese di posizione del governo tedesco richiamano un’inclinazione protezionista, e tecnicamente sovranista, che sembra stonare rispetto ai passi verso un’integrazione più compiuta con l’Unione bancaria europea. La difesa di una banca tedesca riporta al clima della stagione delle grandi aggregazioni bancarie in Italia di metà anni duemila. Allora, non a caso, si alzava la bandiera della ‘difesa dell’italianità’ come criterio a cui ispirare anche la vigilanza e la supervisione bancaria. Gli errori commessi dalla Banca d’Italia di Fazio in quella fase portarono sia su Antonveneta sia su Bnl a campagne fallimentari, dalle spericolate acrobazie della Popolare di Lodi di Fiorani ai furbetti del quartierino (Ricucci, Coppola e soci) e alla disfatta di Unipol. Oggi, a distanza di vent’anni, la difesa a oltranza del perimetro nazionale di Commerzbank sembra avere ancora meno senso.
Dalle banche alle televisioni, il passo è relativamente breve. Il collegamento l’ha fatto direttamente il presidente di Mfe (controllata Fininvest che ha inglobato Mediaset) Fedele Confalonieri: il rafforzamento di Unicredit in Germania può essere utile in chiave Prosiebensat anche a MediaForEurope. Cosa vuol dire in concreto? Che l’obiettivo di Pier Silvio Berlusconi di creare un polo media paneuropeo, dopo aver assunto un anno fa il controllo totale di Mediaset Espana, può essere più vicino e che il prossimo passo può essere proprio l’acquisizione del gruppo tedesco. Non c’è paragone in termini di capitalizzazione tra i due gruppi e, anche in questo caso, l’operazione ha un chiaro significato industriale. Ma, anche in questo caso, potrebbe innescarsi la rete di protezione politica che il governo tedesco sta già predisponendo per provare a fermare Unicredit.
Il ruolo che stanno giocando Unicredit e Mfe, quello di soggetti aggregatori per piani paneuropei, è profondamente diverso rispetto a quello che il tessuto economico e finanziario italiano ha interpretato spesso in passato, quando è stato terreno di conquista per i gruppi esteri. E’ stato così, solo per citare alcuni esempi e ricordare altri passaggi storici, per le banche con le acquisizioni di Antonveneta da parte di Abn Amro e di Bnl da parte di Bnp Paribas, ed è stato così in altri settori chiave della produzione made in Italy, dalla moda al settore alimentare: basta pensare alla francese LVMH che nel suo sterminato portafogli ha tra gli altri grandi marchi Fendi, Loro Piana e Bulgari, o a Parmalat che i francesi di Lactalis hanno rilevato dopo il disastro finanziario. Il tema, quando si ragiona in termini di prede e predatori, è spesso la reciprocità. Guardando alla Francia, si può ricordare il matrimonio fallito tra Fincantieri e Stx France per la resistenza di Macron. Tornando invece alla Germania, è sufficiente ricordare che è il principale investitore estero in Italia. (Di Fabio Insenga)