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Un terremoto politico
per una Nouvelle Époque

IL PUNTO di Vittorio Giordano

Rimpasto di governo a Québec

dominique-anglade

Il rimpasto era nell’aria: da troppi mesi, infatti, il governo liberale versava in uno stato vegetativo, vittima delle sue paure e dei limiti imposti da un’austerità esagerata (in nome dell’inviolabile ‘comandamento’ del deficit zero) che aveva finito per paralizzarne l’azione riformatrice. Un governo boccheggiante, senza spinta propulsiva, sempre più impopolare, che andava avanti per inerzia, col pilota automatico, ormai prossimo a contorcersi su se stesso fino all’inesorabile e fatale stretta finale. I tagli, consistenti e ripetuti, si sono tradotti in un peggioramento dei servizi pubblici in settori nevralgici come la Sanità, l’Istruzione, gli Asili-nido e l’Assistenza sociale. Un semplice restyling non avrebbe sortito alcun effetto. Philippe Couillard ha avuto il coraggio, il tempismo e la lucidità di correre ai ripari senza curarsi dei rischi, sventando un ‘corto circuito’ dalle conseguenze irreparabili: ha fatto fuori personalità di spicco puntando su Ministri giovani, molti dei quali del gentil sesso (il 40% della compagine governativa) e alle prime armi, ma competenti e un pò “incoscienti”, gli unici con le carte in regola per rivitalizzare un governo invischiato in mille incertezze e indugi (al netto della congiuntura internazionale sfavorevole) che ne hanno sancito una pericolosa apatia. Su 28 Ministri, in 23 vengono riconfermati, ma addirittura 14 si scambiano le responsabilità, mentre 5 sono i volti nuovi e 2 gli ‘epurati’: un vero e proprio terremoto politico. Quello appena nato è un governo più giovane, femminile e regionale, quindi più “cool & friendly”, che si inserisce alla perfezione nel nuovo solco inaugurato da Justin Trudeau a livello federale (“Perché siamo nel 2016!”). Ma costituisce, soprattutto, un’astuta mossa elettorale che mira a rimodellare il messaggio e ad abbellire l’immagine di un governo che nel 2018 si gioca la riconferma. Dietro i buoni propositi, insomma, si cela sempre il calcolo politico di macchiavellica memoria. Il simbolo di questa “Nouvelle Époque” è sicuramente la neofita Dominique Anglade, 42 anni, neo Ministro dell’Economia: una montrealese di origini haitiane, madre di 3 bambini, con un ottimo curriculum (Laurea in Ingegneria al Politecnico e Master in Business presso la Scuola di Alti Studi Commerciali), ma parlamentare solo dallo scorso novembre (in occasione del voto supplettivo nel collegio di Saint-Henri–Sainte-Anne). Una perfetta sconosciuta, preferita a ‘pesi massimi’ come Pierre Arcand, Martin Coiteux e Sam Hamad. Per Couillard è una scommessa, un investimento più che un azzardo: dopo gli stenti della prima parte della legislatura, il Primo Ministro punta sulla freschezza e sull’entusiasmo di una giovane professionista che, libera dagli schemi mentali che da sempre inquinano il teatrino della politica ad ogni latitudine, potrà godere di quella ‘leggerezza’ e tranquillità necessari per invertire una tendenza preoccupante. Del resto le aspettative del governo sono state alte fin dal giorno del suo insediamento, dopo che Couillard, in campagna elettorale, aveva promesso 50 mila nuovi posti di lavoro all’anno, oltre al rilancio del Piano del Nord e della Strategia marittima. Tutti obiettivi largamente disattesi. Ci vorrà una politica economica creativa per rimettere in moto un sistema frenato dalla penuria di manodopera qualificata, dalla morosità delle piccole imprese e dalla carente produttività rispetto all’invecchiamento della popolazione. Soprattutto alla luce di un PIL che cresce meno rapidamente del previsto, e delle esportazioni che arrancano nonostante il dollaro debole. Ma Couillard, ispirato dal suo omologo federale Trudeau, guarda all’avvenire con rinnovata fiducia e punta con entuasiasmo alla Quarta rivoluzione industriale, quella digitale. Guarda caso, altra mansione che afferisce alle prerogative di Dominique Anglade, più che mai emblema di un governo che punta alla prosperità, ma anche alla solidarietà sociale. E qui il neo Ministro calza a pennello, vista la sua esperienza come presidente di ‘Montreal International’, un organismo no-profit per attrarre investimenti esteri nella metropoli. E proprio un governo ‘empatico e all’ascolto’ potrebbe rappresentare la chiave di volta per i Liberali. Ma soprattutto per le tasche dei cittadini della Belle Province.

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