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Ucraina, nodo munizioni: il piano Ue per Kiev

(Adnkronos) – I ministri dell’Ue all’inizio della prossima settimana nel Consiglio Esteri e Difesa si confronteranno, a Bruxelles, sulla delicata questione della fornitura di munizioni pesanti all’Ucraina. Si tratta di proiettili da 155 mm di calibro, di vario tipo e fattura, il cui costo medio si aggira sui 4mila euro al pezzo: la guerra in Ucraina ne consuma in grande quantità e l’industria militare dell’Ue, che è molto frammentata, fatica a tenere il passo: “Di base, abbiamo un problema industriale, questo è il punto chiave – spiega un alto funzionario Ue – per questo abbiamo lanciato un piano” per cercare di porvi rimedio. 

La proposta, avanzata dall’Alto Rappresentante Josep Borrell, è basata su tre ‘piste’. La prima mira a consegnare il più rapidamente possibile all’Ucraina munizioni da 155 mm, tratte dalle scorte esistenti degli Stati membri o dalla riassegnazione di ordini già piazzati: a questo fine, dovrebbe essere stanziato 1 miliardo di euro per rimborsare gli Stati per questi aiuti, usando la European Peace Facility (che è finanziata al 63% da soli 4 Paesi membri: Germania, Francia, Italia e Spagna). 

La seconda pista è quella di promuovere la domanda aggregata di munizioni, incoraggiando gli Stati ad acquistare congiuntamente, o tramite la European Defence Agency oppure mettendosi insieme almeno in tre, comprando da produttori Ue (per dare ordinativi all’industria militare e incoraggiarla a produrre). Per questo dovrebbe essere stanziato un altro miliardo di euro, sempre per la European Peace Facility, al fine di rimborsare gli Stati che forniscono munizioni all’Ucraina.  

La terza pista è aumentare la capacità produttiva dell’industria militare dell’Ue, sostenendola. Negli ultimi trent’anni, ha sottolineato Borrell, l’industria europea della difesa ha accumulato “un significativo deficit di capacità” produttiva. Se la prima ‘pista’ ha tempi relativamente brevi, anzi di fatto è già operativa, anche se non è noto esattamente a quanto ammontino le scorte degli Stati nazionali di queste munizioni (“è un’informazione classificata”, risponde la fonte), le altre due hanno tempi lunghi.  

Se partisse subito lo schema di acquisto congiunto, si stima che i primi ordini potrebbero essere piazzati entro “la fine di maggio”, una tempistica “molto ambiziosa” ma “realistica”. Il problema sono i tempi di consegna: attualmente, in Europa si aggirano sui “dodici mesi” per questo tipo di munizioni. Il che vuol dire che le prime munizioni da consegnare all’Ucraina attraverso il joint procurement arriverebbero a maggio 2024, forse qualche mese prima se l’industria riuscisse a comprimere un poco i tempi.  

Contemporaneamente, i ministri dovrebbero decidere se ricostituire in qualche misura la capacità della European Peace Facility, uno strumento che è nato per sostenere operazioni in tutto il mondo, ma che ha finito per essere usato principalmente per gli aiuti militari all’Ucraina: la speranza è che gli Stati membri concordino su un versamento di altri “3,5 miliardi” di euro nella Epf. Una parte di quei soldi potrebbero essere usati per ulteriori aiuti a Kiev.  

L’Estonia, con la premier Kaja Kallas, ha proposto di fissare l’obiettivo di produrre 1 milioni di munizioni da 155 mm da consegnare all’Ucraina, il che vuol dire una spesa di circa 4 miliardi di euro, tenendo conto del prezzo medio corrente.  

L’obiettivo è oggetto di discussione nel Coreper: gli Stati membri sono divisi, perché “alcuni dicono che bisogna fissarlo”, mentre altri, “più scrupolosi”, obiettano che, visto che non è affatto sicuro che l’industria possa produrne così tante e non si conoscono i tempi di consegna, annunciare un obiettivo quantitativo non sarebbe saggio, poiché si rischierebbe di non rispettarlo.  

Tuttavia, viene fatto notare, il “cammino” proposto da Borrell mira a raggiungere un obiettivo simile, senza annunciarlo formalmente. Il problema, oltre a trovare un accordo tra i Paesi membri, è la capacità produttiva dell’industria militare dell’Unione Europea, che è nata come un progetto di pace, vocato all’esercizio del ‘soft power’. E, con l’esercito russo dispiegato in Ucraina, i tempi di consegna non sono una variabile secondaria.  

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