ULTIM'ORA ADNKRONOS

Tutto è bene quel che non finisce bene

FESTIVAL DI SANREMO 2025

 

In questa 75esima edizione del Festival di Sanremo, Carlo Conti è stato un vero signore, anche di fronte alle, a volte puerili, inettitudini dei suoi affiancatori; sempre umile ma autorevole, simpatico, accomodante, elegante, serio ma rilassato. Co-conduttori e co-conduttrici, chi più chi meno, tutti complementari, dall’adeguatissima Geppi Cucciari all’allegra Bianca Balti, lì per celebrare la vita e non fare la malata (forse…), all’illustre Alberto Angela ad un iconico Cristiano Malgioglio al bambino prodigio che a 6 anni ha già suonato pianoforte a Sanremo, portato sul grande schermo da Cinzia TH Torrini come Peppino di Capri da piccolo. Elettra Lamborghini meglio come co-host che come cantante. E poi… ma quanto si vuole bene a Gerry Scotti? Che momento adrenalinico quello dei tamburi per le strade della città a performare l’Ombelico del mondo di Jovanotti. Nessuno fa ridere più di Nino Frassica, che sembra uscito da un’altra dimensione spazio-temporale; per fingere tanta idiozia, quanta intelligenza serve. Damiano David sempre più bravo, ma è difficile amare i traditori che si staccano dalle band con le quali erano arrivati in alto per proseguire da solisti. Pare brutto dire che Roberto Benigni comincia a diventare piuttosto ripetitivo, troppo irriverente in maniera non sagace, con spazi enormi, arbitrariamente concessi? Inoltre, chi parla di RAI TeleMeloni e censura da regime fascista, cosa ne pensa di tutta questa libertà di offendere continuamente la premier durante uno spettacolo così seguito e teoricamente musicale? Sorvolando (oppure no) sul fatto che quasi tutte le canzoni siano scritte da Federica Abbate e Blanco, diciamo subito che Fedez senza autotune non andrebbe lontano ma, visibilmente provato, alla fine è un valido rapper italiano. Tutto sommato, se un artista deve anche causarci inquietudine, non si può dire che lui non funzioni. Tutti sappiamo che quello che ha cantato era per Chiara Ferragni, è come se fossero amici nostri, quindi empatizziamo. Senza autotune, però, le imperfezioni di un mostro sacro come Antonello Venditti sembrano segnali di un non stare più in forma, mentre quella è invece la normalità di un cantante bravissimo, semplicemente senza aggiustamenti sonori. Simone Cristicchi con una canzone così giocava semplicemente ad un’altra partita… non poteva arrivare a tutti, per fortuna. Certi dolori non sono così di massa. Achille Lauro, cresciuto, è sempre stato un artista, ma ora è anche riconosciuto come tale. Ha usato tutine trasparenti e testi da ribelle per bucare lo schermo, ma ormai è chi è e può performare come vuole. Un’aura irresistibile. Sempre più matura nella voce, ma sempre più adolescenziale nei testi, Francesca Michielin è nello stile fedele a sé stessa senza adeguarsi troppo alla kermesse. Invidiabile la forma di Marcella Bella, eppure queste signore mature che cantano rockettate da ragazzacce stridono un po’… non può piacere ai giovani perché è ultra-over-boomer e non può piacere neanche più ai senior che la sapevano melodica. Massimo Ranieri ci sta: è quel monumento che può non piacere più o non essere mai piaciuto, ma che al Festival serve per ricordarci dove siamo. Comunque, tra una performance e l’altra, ascoltare uno che sa cantare veramente non fa male! Giorgia quest’anno è stata l’Ape Regina.

 

Pubblicità

 

Dalla carriera trentennale, l’anno scorso aveva un brano polveroso, cantato da veterana che non sapeva riproporsi. Quest’anno ha portato una canzone che non può fare chiunque in quel modo, performata in modo fiero di poter mettere in opera tuti i suoi strumenti. Indegno che non fosse tra i 3 finalisti. I Coma Cose sarebbero più da Festivalbar. Il loro sarà un tormentone radiofonico, orecchiabile e canticchiabile, ma c’è differenza tra una canzone ben ritmata che funziona all’ascolto mentre si guida in macchina o si pulisce casa e una bella canzone degna di Sanremo. Delude un po’ vederli fare gli alternativi dell’amore e poi pubblicizzare il loro matrimonio, gli alternativi della musica e poi sfornare sempre hit perfettamente in linea con la grande industria. Francesco Gabbani un po’ banale, sfodera una specie di pop valzer gradevole, ma che non porta niente di nuovo. Passi indietro rispetto a Occidentali’s Karma. Brunori SAS così cresciuto, sereno, con una canzone carismatica, sempre sopra le righe e sotto la pelle, cosi profondo e leggero allo stesso tempo. Kekko dei Modà e Irama non fanno venire ansia e prurito? Elodie è una dea ed è sempre un piacere guardarla… bellissima e brava, indubbiamente ora si sente una professionista di livello e sul palco come performer lo è, ma appena esce dal ruolo ha sempre l’aria da cubista ripulita. Bello rivederla vestita e composta, con una canzone che lascia dispiegare un po’ di più il suo potenziale vocale, che comunque non è tutto qui, ma lei ha fatto questa scelta commerciale e cene facciamo una ragione. Lucio Corsi… che sospiro… bel coraggio di portare stravaganza e fragilità con tanta tecnica e una voce così esatta. Un vero Artista, bizzarro e preparatissimo, creativo, fuori dal comune, competente e studiato. In un mondo di Tony Effe con le catene al collo e la violenza in bocca, che bello Lucio. Si può relativamente spezzare una lancia anche per il tanto discusso Tony Effe, in questa sede più discreto, garbato e intonato delle aspettative, ma sembra sacrificato. Testi sempre discutibili. Bah. Da Rose Villain a Serena Brancale a Rocco Hunt, anche quelli di contorno sono stati tutti bravini. Che carina la canzone di Willie Peyote… un altro tormentone adatto a Festivalbar. Clara e Il Volo: come possono dei cantanti oggettivamente bravi non funzionare? Ecco una diapositiva! Forse non siamo più abituati ai giovani di classe, quindi ci sembrano noiosi. Ha vinto Olly con una lagna strillata dentro l’autotune, gestito dalla manager più potente d’Italia, Marta Donà, che ha incassato 4 Festival su 5: Måneskin, Mengoni, Mango, Olly. Per bene, emozionato, sicuramente talentuoso, ma un po’ acerbo per vincere no? Ha un timbro vocale molto appagante, ma doveva essere palesemente spacciato gareggiando con Cristicchi, Brunori SAS, Giorgia, Lucio Corsi e anche Noemi… Noemi una grande sottovalutata del Festival, neanche lei nella cinquina dei finalisti. Abbastanza inspiegabile. Cesare Cremonini sostiene che il marketing stia uccidendo l’arte. Alla fine il fiore esce dal cemento lo stesso, ma certo il pericolo c’è. Nella cover di Skyfall, Giorgia, da vera Prof. senza smanie di protagonismo, ha lasciato che Annalisa avesse la meglio: una canzone assolutamente più adatta alla vocalità di Annalisa, rivisitata magistralmente, ma in cui la regina deve fare gargarismi non necessari e invece la principessa spacca di potenza liscia. La loro esibizione e vittoria è una rivincita al mancato podio di Annalisa dell’anno scorso, a favore di una Angelina già stanca e sparita nel nulla, e della irriverente mancata vincita in questa edizione di Giorgia. Due signore delle musica visibilmente legate da sincero affetto e stima, dove il vero talento non è mai né arido né competitivo. Che spettacolo meraviglioso, che ci riporta con i piedi per terra e il cuore in mano, verso le cose belle, la nostra verità, l’amore, la gentilezza, il rispetto, l’arte, il coraggio di ascoltarci, coltivare e fiorire… come ha detto giustamente il mitico Lorenzo Cherubini, è un industria, sì, ma in cui tutti sono uniti dalla passione.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

NOTIZIE RECENTI