(Adnkronos) – “Una regione, due lingue, tre culture”. E’ il motto della ‘Strada della cipolla’, un network nato 15 anni fa, in Estonia, nella zona che costeggia il Lago Peipus, al confine con la Russia, oggi diventata una destinazione turistica sempre più attrattiva. E che chiude una stagione molto animata grazie al grande progetto che ha visto Tartu, seconda città estone, detenere il titolo di Capitale europea della cultura nel 2024, insieme ad altri 20 comuni del Sud Estonia. Un titolo ‘allargato’ al territorio, quindi, che ha permesso di valorizzare e promuovere non solo la parte urbana ma anche i centri rurali, tutti da scoprire.
Come i ‘villaggi di strada’ che si susseguono lungo il Lago Peipus: chilometri senza soluzione di continuità di case colorate, affacciate sulla via principale e separate solo dai loro giardini e cortili. E’ qui che si coltivano le famose cipolle di Peipus, simbolo del patrimonio culturale e gastronomico della regione, che crescono nei terreni sabbiosi e ricchi di humus vicino all’acqua: di colore giallo dorato, vengono conservate in trecce o ghirlande appese fuori dalle porte delle case o dei ristoranti e nei tanti chioschi e mercatini più o meno improvvisati che si incontrano lungo la via, soprattutto tra agosto e settembre, a fine raccolto, pronte per essere vendute e conservate per il freddo inverno.
Un ciclo di coltivazione, quello della cipolla, che dura quattro anni, e di cui si può conoscere tutto visitando la Kostja Onion farm. Si apprende così che della cipolla si usa ogni parte, non solo il bulbo ma anche le foglie, che vengono tritate e mescolate con la panna acida per condire le insalate e non solo. E sono diversi gli impieghi in cucina, dalle zuppe ai contorni, fino all’immancabile torta di cipolla, realizzata in infinite versioni, con tanto di competizione che ogni anno vede sfidarsi ristoratori e privati per aggiudicarsi il primo posto.
In epoca sovietica le cipolle coltivate in questa zona rifornivano i mercati di San Pietroburgo; con il crollo del regime la produzione si è rivolta solo al mercato interno e, da qualche anno, anche a quello turistico. Grazie all’iniziativa di istituzioni, privati ed esercenti, infatti, è nato nel 2009 il network di oltre 30 attività turistiche che prende il nome da questo prezioso prodotto. La ‘Strada della cipolla’ (in estone ‘Sibulatee’) è stata creata con lo scopo di lavorare insieme e fare sinergia per promuovere la regione, oggi sempre più apprezzata dai turisti estoni e internazionali, con quanto ha da offrire tra natura e tradizioni, strutture ricettive e centri culturali.
A mezz’ora da Tartu, la ‘Strada della cipolla’ si estende da Varnja a Kallaste, e corre lungo il Lago Peipus, il quinto più grande in Europa e il maggiore del paese, che segna il confine tra Estonia e Russia. Affacciandosi su uno dei punti belvedere per ammirare la lunghissima sponda frastagliata e le ampie spiagge, non si direbbe che a una manciata di chilometri, al largo di questo enorme specchio d’acqua calmissimo, corre una invisibile barriera, impenetrabile anche per i pescatori locali, oltre la quale l’Unione europea finisce e il mondo cambia. Sarà forse anche perché qui, se da un lato il vecchio dominatore sovietico che pure è tornato a fare paura appartiene ad anni cupi della storia del paese, dall’altro in questa terra di confine la convivenza tra popoli e lingue (il russo viene parlato correntemente) viene da lontano.
Alla comunità locale di contadini estoni, con il loro dialetto e i loro costumi, si è mescolata infatti fin dalla fine del 1600 quella dei ‘Vecchi credenti russi’, una minoranza religiosa ortodossa fuggita dalle persecuzioni in Russia per non aver accettato la riforma liturgica, e rifugiatasi sulla costa estone del lago. Sono loro che hanno iniziato la coltivazione delle cipolle e la pratica della pesca; e sempre loro hanno fondato numerosi villaggi, ciascuno con la sua ‘Casa di preghiera’, dove si svolgono le funzioni religiose. Per 300 anni, attraversando anche il periodo sovietico ostile alla pratica della religione, hanno mantenuto inalterati il loro rito e la loro cultura e ancora oggi queste antiche tradizioni, ‘rinate’ con la nuova indipendenza estone, sono ben vive lungo le sponde del lago dove tuttora abita la minoranza.
Ma c’è una terza cultura che ha segnato la storia e l’architettura in particolare di questa regione: quella dei tedeschi del Baltico, arrivati in Estonia e in Lettonia fin dal XIII secolo in seguito alle Crociate del Nord, e insediatisi poi come élite commerciale e politica. Questi abitanti di etnia tedesca rimasero sempre separati dalla popolazione locale: una sorta di aristocrazia a cui furono concessi privilegi e diritti di amministrazione, fino alla fine dell’Impero russo e all’indipendenza dell’Estonia, nel 1919, quando i tedeschi-baltici fecero in massa ritorno in Germania. Lasciandosi però alle spalle tracce della loro permanenza e del loro potere ben visibili in diverse parti del paese, e in particolare nella regione Peipsimaa, come le dimore nobiliari di gusto occidentale che si erano fatti costruire.
Tra le più famose è il Castello di Alatskivi, risalente al XVI secolo ma fatto ricostruire a fine 1800 in stile neogotico, sul modello della residenza reale scozzese di Balmoral, da Arved von Nolcken, barone tedesco-baltico che visse qui con la sua famiglia, in un’atmosfera fatta rivivere con il recente restauro avvenuto tra il 2005 e il 2011, tra arredi, tappezzerie e boiserie. Il Castello, dalla facciata bianca incastonata fra torrette, è circondato da un ampio parco dove sorgono anche altri edifici, che ancora attendono una destinazione d’uso. Una gemma architettonica che oggi ospita un hotel esclusivo, con pochissime camere, un ristorante con menu multiculturale che periodicamente ospita anche cene a tema, e due musei: nei sotterranei un’originale rivisitazione che racconta la vita della servitù che lavorava per i nobili e al piano superiore una raccolta di strumenti, oggetti e cimeli appartenuti al compositore e condottiere estone Eduard Tubin, originario di questa zona che ha dato i natali a diversi eroi del paese.
Sempre nella struttura è aperto un laboratorio di ceramica dove si può imparare la tecnica di lavorazione, comprare un souvenir o crearsi il proprio da riportare a casa. Un’ampia scelta di oggetti vintage e d’antiquariato si trova anche all’entrata del Castello, nella galleria Alatskivi Antiques, gestita da un olandese, dove si può fare un vero e proprio tuffo nel passato. Una visita al Castello di Alatskivi, che fa parte della ‘Strada della cipolla’, oltre a testimoniare gesta gloriose, offre quindi anche un’esperienza variegata al visitatore, così come altre strutture che fanno parte del network, dove si può al tempo stesso avere una testimonianza storica e culturale ma pure sperimentare una tradizione mantenuta viva.
Per raccontare la storia e i costumi dei ‘Vecchi credenti russi’ è stato realizzato il museo di Kolkja, recentemente rinnovato, dove sono ricreati diversi ambienti di una casa tipica ed esposti vestiti tradizionali e oggetti di uso quotidiano. Al piano superiore, di fronte alla fedele ricostruzione di una cappella, con l’ausilio di un visore in 3d si può assistere a una celebrazione liturgica secondo l’antico rituale ortodosso che da secoli questa minoranza pratica e difende.
In una vera casa dei ‘Vecchi credenti russi’ si può poi entrare visitando la Samovar House, dove la famiglia proprietaria custodisce gelosamente una collezione di samovar, il contenitore dotato di rubinetto, antesignano del moderno bollitore, tradizionalmente usato in Russia e in altri paesi slavi e orientali per scaldare l’acqua. Ce ne sono oltre 200 esemplari, antichi e moderni, colorati e metallici, di diverse misure e forme, prevalentemente provenienti dalla Russia ma non solo. Oltre a perdere lo sguardo per cogliere ogni minimo dettaglio che differenzia uno dall’altro, si può anche degustare un tè preparato con l’acqua bollita all’interno di un samovar, accompagnato da biscottini tradizionali al profumo di zenzero. Unica condizione, come spesso accade da queste parti, togliersi le scarpe all’ingresso e indossare un paio di pantofole, anch’esse tipiche e caldissime.
Un’altra casa del 18° secolo ospita il Peipsimaa Heritage Centre e Chicory Museum: una miscellanea di cultura locale e un’esperienza in sé, arricchita dall’incontro con Heikki Põldma, artista e inventore ma soprattutto anima di questo luogo insieme alla moglie Kairi Güsson, che si occupa dell’angolo ristoro dove, nella bella stagione, si può assaggiare un panzerotto alla cipolla o bere un raro caffè di cicoria. Sì, perché in questo centro culturale, che racconta le mille sfaccettature del mix di tradizioni nato dalla convivenza con i ‘Vecchi credenti russi’, si trova anche il piccolo museo della cicoria, dove si apprende che la coltivazione di questa erba, che veniva usata al posto del caffè perché più economica e coltivabile anche in un clima freddo, è cominciata in Italia nel 18° secolo, e dove si può vedere ancora in funzione un vecchio forno per l’essiccazione. Estimatori e curiosi di questa bevanda, considerata peraltro molto salutare, potranno anche comprare sacchetti di cicoria essiccata per prepararla a casa nello shop del centro culturale.
Un bazar in miniatura dove si trovano articoli di artigianato locale, compresi quelli realizzati nel laboratorio presente al secondo piano, dove si tengono workshop per apprendere le tecniche di pittura a stampa su tessuto utilizzate dai ‘Vecchi credenti russi’, la cui memoria è tramandata anche nella collezione sottostante di icone e altri oggetti sacri. La visita al Peipsimaa Heritage Centre non può dirsi completa se non si dà un’occhiata a tutte le creazioni ingegnose esposte nel dehors che ripropongono vecchi marchingegni.
Altro luogo speciale, che guarda però al contemporaneo, è la Voronja Gallery, galleria d’arte aperta una decina d’anni fa in un edificio di un ‘villaggio di strada’ comprato per caso e d’istinto dai fondatori e curatori, Kaili Kask e Raul Oreskin. La coppia in estate si trasferisce da Tartu in questo loro secondo domicilio che è diventato un tempio di arte moderna e un inno alla sostenibilità. Una casa privata, adibita in parte a galleria e in parte a caffè, che è un mondo da esplorare, con i suoi interni di design illuminati da una vetrata composta da un puzzle di vecchie cornici che dà sul giardino: un parco di sculture moderne e oggetti di modernariato che si confondono con i tavoli all’aperto a disposizione degli ospiti; persino la sauna, immancabile in ogni casa estone, è trasformata in spazio espositivo.
In questo luogo, che è una continua scoperta, ogni cosa è distrattamente al suo posto e ogni dettaglio parla di una grande passione. La galleria propone ogni anno una mostra diversa; quella di quest’anno si intitola ‘Visioni del futuro’ ed è parte del programma di Tartu2024. I proprietari, che accolgono personalmente i visitatori, quest’anno trascorreranno tra l’altro un periodo in Italia per una residenza d’artista. E chissà che non si innamorino di qualche ambiente nostrano dove ricreare un format che da noi letteralmente ‘spopolerebbe’.
Esperienze varie e variegate, quelle che si incontrano lungo la ‘Strada della cipolla’, dove arte e cultura si fondono con la natura. A farla da padrone, infatti, è sicuramente il paesaggio che spazia dal lago alla foresta, ricca di funghi e frutti rossi. Attività come bird watching, pesca sportiva, biking e trekking sono molto praticate. Da non perdere, naturalmente, l’esperienza della sauna, che fa parte del Dna degli estoni e si declina in varie ‘scuole’, da quella finlandese a quella russa. Ma c’è anche una vera rarità, la sauna di fumo o ‘smoke sauna’ come la chiamano con espressione inglese: una tradizione baltica legata ad antichi rituali di medicina tradizionale considerata un toccasana per la pelle. Si può provare, ad esempio, in una delle strutture ricettive che offrono alloggio in caratteristici bungalow in legno in mezzo al bosco.
Un’opzione, questa, percorribile ovviamente solo in estate. Ma anche nel lungo, freddo e buio inverno sono molte le attività e le esperienze che si possono trovare lungo la ‘Strada della cipolla’. Quando il lago è ghiacciato si può andare comunque a pesca, e c’è persino chi ha pensato a costruire delle cabine coperte con apposita apertura per gettare l’amo e tentare la cattura di una delle 37 specie di pesci che vivono in queste acque.
Insieme alla cipolla, infatti, il pesce è l’altro ingrediente top della regione, proposto in ristoranti, pub e come street food. Conservato prevalentemente con l’affumicatura, viene appeso, come le cipolle, fuori dalle case e nei banchetti che colorano e accompagnano chi percorre questa lunga e sorprendente Strada ai confini dell’Europa.