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Tumori. Dal sogno di un bebè al diritto all’oblio, le battaglie di Carolina e le altre

(Adnkronos) – “Sono una persona solare, ma quando mi è stato detto ‘Carolina hai un tumore’, la verità è che sono scappata. Ho avuto paura. Stavo male. Poi il mio compagno mi è venuto a prendere nel cortile dell’ospedale e mi ha detto: bisogna affrontarlo. E io mi sono asciugata le lacrime. Non ho mai pensato di morire, sinceramente. La scienza è andata avanti. La mia preoccupazione era: ok, ora lo affronto, faccio la chemio e tutto il resto e poi farò un figlio. Ma quando? Adesso ho 42 anni” e il percorso terapeutico richiede tempo. “Bisogna parlare di più del dopo. Io, per esempio, non perderò mai le speranza di avere quel bambino. E voglio battermi per il diritto all’oblio oncologico, per me e per le donne che mi hanno raccontato la loro storia”. A raccontarsi è Carolina Marconi.  

All’attivo una carriera da attrice e showgirl, tanta notorietà, ma oggi è pronta a dar battaglia per far capire a tutti che “chi ha avuto un tumore non deve sentirsi diverso o meno degli altri. Noi non siamo il nostro tumore”, dice a una platea speciale, quella dell’evento ‘Ieo per le donne’ che si è tenuto oggi al Teatro Manzoni di Milano. Cuore della giornata: mille donne operate per tumore al seno che hanno rivendicato il diritto di ricominciare.  

“In tanti non parlano del dopo. Io ho affrontato la chemio, l’intervento, le cicatrici”. Ma bisogna essere pronte anche per il dopo. “La cura ormonale, gli sbalzi d’umore, le vampate”, elenca Carolina. Succede che magari “uno fa di tutto per allenarsi e non dimagrisce”. E tante altre piccole cose che possono pesare. “Io cerco di vivere con leggerezza, ho un compagno meraviglioso che mi sta vicino. La migliore medicina è la famiglia, in questo sono fortunata. Pesano le terapie che fai, certo, ma ci convivo. Mi dicono che il primo anno è così, poi il secondo sarà meglio”. La malattia può unire, come è successo a Carolina. O può dividere, diventare nelle mani di qualcun altro un’arma che ferisce. Lo racconta Fiorella Bonfanti, operata 15 anni fa. “Mastectomia, tragedia iniziale, poi tanta forza. Lavoravo in un’azienda del settore moda – ripercorre – e un giorno mi sono sentita approcciare dal direttore amministrativo: è inopportuno che tu stia qua, mi ha detto”.  

“Quella parola – continua Fiorella – mi ha abbattuto ancora di più. Non mi hanno rinnovato il contratto” in quell’azienda, “ma mi sono rimessa in gioco. E ho aperto la mia agenzia di promozione scambi studenti verso l’America. Accademia, sport, licei”, questo è l’ambiente in cui si muove Fiorella. “Ho avuto un buon successo personale – tira le somme – Gioco a tennis, sono una ‘over over’, ma faccio cose che non facevo neanche a 30-40 anni. Gioco a tennis con la dottoressa Galimberti (Viviana, senologa dell’Ieo, ndr) e gliele do. Insomma, mai rinunciare a nulla”.  

Non ha rinunciato a un figlio, Giovanna. La diagnosi di tumore l’ha travolta a 29 anni, a 40 ha avuto una bimba che oggi ha 3 anni e mezzo. “Mi sono affidata ai medici per affrontare la mia battaglia. Sono stati 15 anni difficili. A 29 anni è stato complicato fermarmi, in realtà per poco, perché poi ho dovuto correre con le terapie, con l’intervento. E la strada è diventata in salita. Ma si trova la forza e il coraggio, la vita è diversa ma io ho continuato a viverla, a lavorare, viaggiare. Nel 2018 avevo prenotato un bel viaggio alle Bahamas. Mi sono detta: me lo merito dopo due grandi interventi e due cicli chemioterapici. Ma quel viaggio non ho potuto farlo perché sono rimasta incinta. Il mio ginecologo ha definito la mia gravidanza preziosa, perché molte donne non riescono a realizzare questo sogno”. 

La malattia ha anche un potere: “Ti fa capire chi veramente ti vuole bene – continua a raccontare Carolina – Io ho fatto una bella pulizia e mi concentro su un piccolo gruppo di persone, quelle che mi vogliono veramente bene. E voglio dire a tutte le donne che stanno iniziando adesso” il percorso di cura “di non permettere al cancro di levarvi la voglia di vivere. Mai. Io oggi sono un’altra persona e amo questo di me. Mi batto per il diritto all’oblio oncologico. Non sapevo niente e mi sono informata. L’Italia dovrebbe seguire l’esempio di altri Paesi come Francia, Lussemburgo, Portogallo, Belgio, dove è legge. Non può essere più difficile adottare un bambino per chi ha avuto un tumore”. Non deve succedere che “una donna debba raccontare che è guarita da 10 anni, sogna di aprirsi una scuola di ballo e non può, faticando a ottenere un mutuo o un piccolo prestito perché l’assicurazione chiede se hai avuto un cancro. Io non devo vergognarmi o sentirmi diversa perché ho avuto un cancro. Io sono più forte di prima”.  

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