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Tumori, arriva in Italia prima immunoterapia sottocute: si somministra in 7 minuti

(Adnkronos) – Arriva in Italia la prima immunoterapia oncologica che si somministra per iniezione sottocutanea (sottopelle) in 7 minuti. E’ l’anticorpo monoclonale atezolizumab sottocute, sviluppato da Roche, immunoterapia antitumorale anti-PD-L1 per il trattamento di diversi tipi di tumori. Il farmaco ha ottenuto la rimborsabilità dell’Agenzia italiana del farmaco Aifa con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, dopo essere stato approvato a gennaio dall’agenzia europea del farmaco Ema. La nuova formulazione sottocutanea riduce dell’80% i tempi rispetto all’infusione endovenosa (è approvata per le stesse indicazioni). Si scende quindi dai 30-60 minuti necessari per l’infusione endovenosa ai 4-8 (media di circa 7) dell’iniezione sottocute.  

“Nell’ambito del tumore al polmone, atezolizumab viene utilizzato nell’immunoterapia di prima linea del carcinoma a piccole cellule in fase avanzata insieme alla chemioterapia, nell’immunoterapia singola di prima linea per pazienti con Nsclc (carcinoma polmonare non a piccole cellule) e iper-espressione del PD-L1, nella terapia di seconda linea per pazienti Nsclc dopo precedente chemioterapia a base di platino e nella terapia adiuvante dopo chirurgia nei pazienti Nsclc, sempre con iper-espressione del PD-L1”, elenca Filippo de Marinis, presidente Aiot (Associazione italiana di oncologia toracica) e direttore Divisione di oncologia toracica, Irccs Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano. “L’autorizzazione di Aifa permette ora la somministrazione sottocute di atezolizumab in 7 minuti, creando un vantaggio in termini di semplificazione sia per il paziente che per la struttura sanitaria, perché garantisce una maggiore efficienza e sostenibilità gestionale, rendendo il trattamento più compatibile con le dinamiche del day hospital”.  

“I risultati dello studio IMscin001 e IMscin002 – aggiunge de Marinis – hanno dimostrato la stessa efficacia e sicurezza della formulazione sottocute rispetto a quella endovena, con una forte preferenza dei pazienti e degli operatori sanitari”. L’approvazione si basa sui dati di questi studi globali IMscin001 e IMscin002. Il primo ha confermato il profilo di sicurezza ed efficacia di atezolizumab sottocute (Sc) in linea con la formulazione endovenosa (Ev). Inoltre, ha dimostrato che il 90% degli operatori sanitari coinvolti nello studio ha ritenuto la formulazione Sc facile da somministrare e che il 75% ha rilevato un potenziale risparmio di tempo nell’organizzazione sanitaria rispetto alla formulazione Ev. Lo studio IMscin0022 ha evidenziato che la maggior parte dei pazienti oncologici preferisce l’iniezione sottocutanea all’infusione endovenosa.  

“I grandi vantaggi dell’utilizzo del trattamento si riscontrano in termini di preferenza del paziente e di organizzazione del Sistema sanitario. Gli studi clinici hanno dimostrato che i pazienti preferiscono la modalità sottocute (71% secondo lo studio IMscin002), trovandola più confortevole e meno invasiva – spiega Federico Cappuzzo, direttore di Oncologia medica 2, Istituto nazionale tumori Regina Elena di Roma – D’altro canto, anche le strutture sanitarie possono trarre enormi benefici da questa opzione. Grazie al tempo di somministrazione, che è molto più breve rispetto all’infusione endovenosa, è possibile trattare un numero maggiore di pazienti. Questo non solo migliora l’efficienza organizzativa, ma risulta essere un aspetto molto apprezzato dai pazienti stessi, che traggono vantaggio da un trattamento più rapido e meno impegnativo”. 

Tra i tumori trattabili con atezolizumab Sc figura anche il carcinoma epatocellulare. “Il tumore al fegato è il nono tumore per incidenza in Europa e solo in Italia ci sono più di 33mila persone che convivono con questa malattia. La gestione di questa neoplasia richiede un approccio multidisciplinare. Per i pazienti con epatocarcinoma negli stadi più avanzati di malattia l’arrivo di una innovativa terapia negli ultimi anni ha rivoluzionato il loro trattamento con risultati fino a pochi anni fa impensabili in termini di risposta al trattamento e tollerabilità – spiega Massimo Iavarone, professore associato di Gastroenterologia dell’università degli Studi di Milano – Il limite è che la terapia combinata richiede un lungo tempo per i pazienti. L’arrivo della somministrazione sottocutanea rappresenta un cambiamento per la qualità di vita dei pazienti che vedono una riduzione del tempo di cura. La diminuzione dei tempi permette” anche “di trattare più persone, circa il 50% in più, in una sola giornata. Se si considera, inoltre, il benessere dei pazienti, soprattutto per coloro che devono eseguire trattamenti combinati, poter effettuare una sola somministrazione endovenosa ed una sottocutanea può rappresentare un miglioramento, poiché questo tipo di trattamento è meno invasivo e più tollerabile”. 

A beneficiare di questa innovazione tecnologica è poi la relazione di cura, aggiungono gli esperti. “Richiedendo pochi minuti, la somministrazione sottocute permette all’infermiere di concentrarsi interamente sul paziente, favorendo ascolto, dialogo e un rapporto più umano – osserva Gianluca Falcone, infermiere Ssd Oncologia Medica, Aou Policlinico ‘L. Vanvitelli’ di Napoli – Il trattamento può essere, inoltre, dispensato in spazi più riservati rispetto alle tradizionali poltrone infusionali e questo rende l’esperienza meno stressante e più confortevole. L’organizzazione all’interno dei Day Hospital diventa più snella ed efficiente e questo cambiamento genera ulteriori benefici anche per caregiver e familiari, riducendo il peso degli aspetti tecnici e regalando tempo prezioso da dedicare alla vita e agli affetti”. 

“Sostenere la qualità della vita è di centrale rilevanza per la cura dei malati oncologici – commenta Francesco De Lorenzo, presidente Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia (Favo) – Lo ha chiaramente sancito nel 2021 la Commissione Eu, lanciando la Mission on Cancer che si basa su tre pilastri: prevenire tutto il prevedibile, ottimizzare diagnostica e trattamenti, migliorare la qualità della vita, anche per assicurare alle persone guarite dal cancro il ritorno all’attività produttiva. I malati di cancro si aspettano, al più presto, dalla ricerca farmacologica più farmaci innovativi, una riduzione degli effetti collaterali ed anche una semplificazione delle modalità della somministrazione. La recente approvazione di atezolizumab rappresenta un passo avanti in questa direzione”. 

“Siamo di fronte ad uno scenario in cui le patologie oncologiche mostrano una tendenza all’aumento – fa notare Anna Maria Porrini, Direttore medico Roche Italia – le stime prospettano che ci saranno 27,5 milioni di casi nel mondo entro il 2040. Grazie alle innovazioni terapeutiche introdotte, molti pazienti sopravvivono più a lungo e questo comporta un approccio diverso e più articolato da parte dei sistemi sanitari, incluso quello italiano. Numerosi farmaci antitumorali prevedono oggi una somministrazione endovenosa, che richiede tempo e una specifica gestione all’interno degli ospedali. Per questo, in Roche stiamo focalizzando gli sforzi della nostra ricerca non solo sulla scoperta di nuove molecole ma anche sull’innovazione tecnologica, tra cui lo sviluppo di nuove formulazioni sottocute, che possono contribuire a migliorare l’esperienza di cura, sia dalla prospettiva dei pazienti che degli operatori e delle organizzazioni sanitarie”. 

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