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Terremoto, familiari vittime L’Aquila: “E’ una beffa”

(Adnkronos) – “Si dice che le sentenze non si devono commentare, ma invece io penso che questa sentenza vada commentata: lascia esterrefatti perché è assurdo imputare una concausa alle vittime, rimaste in casa quando una sentenza passata in giudicato ha acclarato che ci fu una tranquillizzazione della popolazione, con la condanna dell’allora vice capo Dipartimento della Protezione civile”. Lo afferma all’Adnkronos Vincenzo Vittorini dell’associazione ‘309 martiri dell’Aquila’, commentando la sentenza del tribunale civile dell’Aquila che ha riconosciuto una corresponsabilità dei ragazzi morti nel terremoto pari al 30% perché incauti a non lasciare la casa dopo la seconda scossa. 

“E’ assurdo, scandaloso”, continua Vittorini che nel sisma dell’Aquila ha perso moglie e figlia, sottolineando che “le vicende giudiziarie su quanto accaduto prima del terremoto non hanno portato né verità né giustizia e questo offende tutti”. “Si tratta di ragazzi – continua facendo riferimento alle vittime nel crollo al centro della sentenza – che avevano scelto L’Aquila come sede per il loro futuro e questa è una beffa atroce”. 

LA SENTENZA – Ha accolto un’eccezione sollevata dall’Avvocatura di Stato, a difesa del ministero delle Infrastrutture e di quello dell’Interno, il giudice Monica Croci, nel dare il 30% della colpa, per i morti causati dal sisma dell’Aquila del 2009, alle stesse vittime. La sentenza civile, delle scorse ore, arriva a seguito del ricorso di alcune famiglie, che hanno chiesto di essere risarcite per la perdita dei loro cari nel crollo della palazzina di Via Campo di Fossa che si è trasformata in una tomba per 29 persone. Le famiglie hanno chiesto, con distinti ricorsi, la “condanna in solido” dei due ministeri, della Prefettura e del Comune dell’Aquila, e degli eredi del costruttore Luigi Del Beato. Secondo le famiglie “il collasso dell’edificio è imputabile a gravi vizi di progettazione e di realizzazione, nonché carenze nel calcestruzzo, quanto a elevata variabilità del materiale impiegato e cattiva esecuzione nella ripresa dei getti, come documentato dalle consulenze tecniche espletate” a seguito dei processi penali che ci sono stati in merito. I familiari delle vittime hanno parlato anche di “realizzazione di una costruzione difforme dalle norme all’epoca vigenti e incapace di resistere all’azione di un sisma non avente carattere anomalo o eccezionale”. 

“La Prefettura e il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti”, poi, secondo i ricorrenti, “non hanno adempiuto ai compiti di vigilanza e di controllo di competenza in materia di edilizia” e “il Genio civile, all’epoca incardinato nel ministero dei Lavori Pubblici, tramite i propri funzionari, ha rilasciato, autorizzazione a costruire, ritenendo il progetto conforme alla normativa antisismica e poi certificato la sua perfetta rispondenza alla normativa” esistente. Dal dispositivo emerge che all’epoca alla Prefettura arrivò “una segnalazione di irregolarità”, da parte di un professionista incaricato di fare controlli pubblici, riguardo alla costruzione dello stabile, ma questa “fu ignorata”. Nel difendersi i ministeri tirano in ballo “il concorso di colpa dei deceduti per essersi trattenuti all’interno dell’edificio la notte del 6 aprile, nonostante le scosse già verificatesi”. 

Nella sentenza, di 21 pagine, si parla edificio “particolarmente vulnerabile a livello sismico” in alcune parti, quelle delle quali “si è poi verificato il collasso”; di “anomala disgregazione delle strutture in cemento armato”; di “scorretta posa in opera del materiale”; di “mancata vigilanza e controllo in cantiere durante la lavorazione”: di “gravi fenomeni di sedimentazione presenti alla base dei pilastri”. Di qui il 40 per cento di colpa agli eredi del costruttore; il 15 per cento a ciascuno dei ministeri tirati in ballo. 

Ma – scrive il giudice – “è fondata l’eccezione di concorso di colpa delle vittime, costituendo obiettivamente una condotta incauta, quella di trattenersi a dormire – così privandosi della possibilità di allontanarsi immediatamente dall’edificio al verificarsi della scossa – nonostante il notorio verificarsi di due scosse nella serata del 5 aprile e poco dopo la mezzanotte del 6 aprile, concorso che, tenuto conto dell’affidamento che i soggetti poi defunti potevano riporre nella capacità dell’edificio di resistere al sisma per essere lo stesso in cemento armato e rimasto in piedi nel corso dello sciame sismico da mesi in atto, può stimarsi in misura del 30 per cento…”.  

 

 

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