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TAILANDIA (Episodio 2-La droga)

(Dopo aver scoperto che la tasca interna della valigia era stata tagliata in Bangladesh…)

Al check-in dell’aeroporto di Bangkok, due poliziotti esaminano il mio passaporto con uno sguardo severo. “Ci segua”, mi hanno intimato in un inglese stentato. Mi sono ritrovato in una grande sala assieme ad altri passeggeri con destinazione Hong Kong-Vancouver. Cerco di restare calmo, ma il mio cuore batte velocemente. Siamo tutti interrogati. Arriva il mio turno; un poliziotto mi chiede dove sono stato, che cosa ho comprato e dove sto andando. Il suo partner è una donna e sembra arrivata da un film di James Bond. Svuota il contenuto del mio bagaglio a mano sul tavolo. Che cosacercano? Mi viene in mente il film che avevo visto anni fa: una coppia di due ragazzi accusati di contrabbando di droga e imprigionati in un orribile sotterraneo della Tailandia. Mi ridanno il passaporto e il bagaglio, che riempio con le mie cianfrusaglie, ed esco rapidamente con la sensazione che sta accadendo qualcosa di strano.

Sull’aereo mi siedo vicino al finestrino in attesa del decollo. Due agenti in divisa passano nel corridoio lentamente osservando ogni passeggero. Deve essere stata la mia paura o l’ansia che si nota nei miei occhi, fatto sta che si fermano e mi chiedono il passaporto. Un sospetto atroce nasce nella mia testa, il taglio nella tasca interna della valigia non era stato fatto per rubare, ma per introdurre qualcosa: cocaina? Oppio? È vero che avevo esaminato il contenuto ma lo avevo fatto superficialmente. Li sento parlare tra di loro in una lingua incomprensibile. Il tempo sembra essersi fermato e un minuto mi sembra un secolo. Finalmente decidono di ridarmi il passaporto e continuano la loro ispezione. L’aereo rulla infine sulla pista ed io cerco di aiutarlo spingendolo col cuore. A Hong Kong devo cambiare volo; con Air Canada raggiungerò Vancouver dodici ore più tardi.

Nell’aeroporto la polizia mi ferma ancora. A terra ci sono tutte le valigie dei passeggeri e siamo invitati ad identificare ciascuno il proprio bagaglio. Un cane annusa una dopo l’altra le valigie. Aspetto immobile e sento le mie gambe tremare. Riuscirò a stare in piedi? Mi sento colpevole come uno spacciatore che è colto sul fatto. La bestia arriva vicino a me. Mi guarda e credo di notare un sospetto e un’accusa nei suoi occhi. Annusa la mia valigia per un tempo che mi sembra eterno, poi passa oltre.

Dopo una lunga pausa ci fanno salire sull’aereo canadese che decolla con mio grande sollievo; se qualcosa è stato nascosto furtivamente nella mia valigia almeno sarò indagato e processato in Canada, dove le condizioni sono diverse da quelle dei paesi che ho appena lasciato.

Arrivo a Vancouver, raggiungo l’hotel che avevo prenotato, svuoto la valigia sul letto ed esamino ogni vestito e ogni tasca, la custodia delle diapositive, la ceramica; avevo comprato dei vasi di terracotta dipinti a mano. Non ho trovato niente.

Più tardi, sull’aereo di ritorno a Montréal, ho saputo da una Hostess che gli 007 tailandesi erano riusciti ad individuare due spacciatori che avevano nascosto una gran quantità di oppio in vasi sigillati ed erano stati arrestati a Hong Kong. Guarda caso, avevano fatto il mio stesso itinerario da Katmandu a Dhaka e poi a Bangkok. Un viaggio davvero indimenticabile per la bellezza dei paesaggi e per la disavventura cominciata in Bangladesh col taglio della tasca interna della valigia, e, tutto sommato, finito bene, tanto che mi permette di raccontarlo.

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