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Studio Università Tor Vergata, c’è effetto spillover investimenti aerospaziali sul Pil 

(Adnkronos) – Studiato l’effetto spillover degli investimenti aerospaziali sulla crescita economica. Lo studio suggerisce che un aumento della produzione del settore aerospaziale del 13%, corrispondente al valore medio registrato negli ultimi anni, può avere ricadute positive sul Pil dopo 20 anni intorno al 2% se associate allo spillover degli Anni ’70 e intorno all’1% se associate a quello degli Anni 2000. I risultati sono emersi dalla ricerca, dal titolo ‘The macroeconomic spillovers from space activity’ e sono stati recentemente pubblicati sulla prestigiosa rivista dell’Accademia delle Scienze americana, Proceedings of the National Academy of Sciences, USA (PNAS). Lo studio evidenzia l’impatto delle missioni spaziali sull’economia ed è stato condotto dal team composto da Luisa Corrado, professoressa ordinaria di Economia politica del dipartimento di Economia e Finanza dell’Università di Roma Tor Vergata, Stefano Grassi professore associato di Statistica economica nello stesso dipartimento, Aldo Paolillo della Libera Università di Bolzano ed Edgar Silgado-Gomez della Banca di Spagna,  

Gli autori della ricerca hanno indicato nello studio che nel corso dell’ultimo secolo le attività legate alla corsa allo Spazio hanno richiesto la creazione di tecnologie innovative per fronteggiare l’ambiente spaziale estremamente sfavorevole all’uomo. La ricaduta di queste tecnologie nella nostra vita di tutti i giorni è ampiamente documentata a riprova della rilevanza di questi progressi: dalla biotecnologia, alla sperimentazione e realizzazione di medicinali innovativi, dagli esperimenti sul corpo umano in condizioni di microgravità, all’agricoltura in orbita, come gli esperimenti sulla ISS – la Stazione Spaziale Internazionale ci hanno fatto vedere. Mancava però finora una ricerca finalizzata allo studio dell’impatto delle missioni spaziali sull’economia.  

Lo studio pubblicato su PNAS esamina gli effetti economici delle attività legate allo Spazio, valutando gli effetti delle missioni spaziali dagli Anni ’60 ad oggi utilizzando un modello economico in cui l’attività spaziale ha un impatto sulla tecnologia. In particolare, il modello consente di studiare empiricamente l’effetto che un aumento dell’attività spaziale (come una nuova missione della Nasa o di SpaceX) ha sulla scoperta di nuove tecnologie e conseguentemente sul livello del Pil. Tramite simulazioni effettuate sul modello economico, lo studio suggerisce che un aumento della produzione del settore aerospaziale del 13%, corrispondente al valore medio registrato negli ultimi anni, può avere ricadute positive sul Pil dopo 20 anni intorno al 2% se associate allo spillover degli Anni ’70 e intorno all’1% se associate a quello degli Anni 2000.  

In proporzione, con un aumento della produzione aerospaziale che la riportasse al massimo registrato negli anni ’60 sul Pil si avrebbe una risposta tripla rispetto alla precedente. Lo studio quantifica che questo maggiore investimento potrebbe riportare il livello del Pil americano al trend pre-pandemico molto più velocemente, in un arco di tempo che è circa la metà nel caso dello spillover più elevato. Questi primi risultati indicano l’importanza di ulteriori studi e approfondimenti di ricerca sul tema, data l’importanza strategica del settore aerospaziale nel sostegno all’economia.  

Luisa Corrado spiega che “le nuove scoperte spaziali come i nuovi sistemi di tracciamento con il GPS o dispositivi hardware più compatti, come ad esempio i laptop, possono portare il percorso del Pil su una traiettoria più elevata, tramite tassi di crescita dell’economia più alti, le attività spaziali hanno prodotto ricadute economiche positive negli anni legate a questi sviluppi tecnologici”. Ma a investimenti uguali in progetti spaziali non corrispondono automaticamente medesimi incrementi di Pil. In effetti lo spillover, ovvero la ricaduta di benefici di carattere economico oltre uno specifico campo di azione, è piuttosto legato al momento in cui l’investimento è stato effettuato.  

“L’evidenza empirica proposta nello studio suggerisce che questi effetti sulla crescita siano stati più significativi negli Anni ’70 in corrispondenza – chiarisce la professoressa Corrado – dei grandi programmi spaziali condotti dalla NASA, come il programma Apollo, piuttosto che negli anni 2000, in corrispondenza delle missioni effettuate delle nuove imprese private come SpaceX e Blue Origin”. In particolare, la ricerca suggerisce che un uguale aumento di attività nel settore spaziale ha effetti sul Pil che sono più del doppio quando associati al livello di spillover tecnologico degli Anni ’70, piuttosto che quando associati a quello degli Anni 2000.  

Quindi cosa ne consegue? “Sfruttare gli effetti dell’esplorazione spaziale può essere uno strumento di policy economica utile a controbilanciare la crescita stagnante sperimentata dalle economie sviluppate e le profonde recessioni, come la crisi COVID-19 del 2020” conclude Corrado.  

Lo studio si pone all’interno di un nuovo filone di ricerca sull’economia dello spazio. Nuove tendenze a livello tecnologico e organizzativo, come i razzi riutilizzabili, capacità computazionali enormemente potenziate e nuovi meccanismi contrattuali, hanno notevolmente facilitato l’accessibilità allo spazio e aumentato l’interesse commerciale. Nuovi investimenti nel settore potranno avere potenzialmente numerose nuove ricadute economiche, che possono risolvere i problemi delle economie sviluppate stagnanti. Lo studio indica inoltre che potrebbero emergere nuovi filoni di ricerca legati agli sviluppi futuri delle attività spaziali. 

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