(Adnkronos) – Sulla strage di Erba potrebbe calare il sipario oppure rendersi necessario un nuovo atto. Una scelta che i giudici della seconda sezione della corte d’Appello di Brescia potrebbero sciogliere oggi, mercoledì 10 luglio, nella terza udienza del processo che vede nuovamente in aula Olindo Romano e Rosa Bazzi condannati in via definitiva all’ergastolo per il quadruplice omicidio dell’11 dicembre del 2006. La difesa non aderisce all’invito delle Camere penali di astenersi dall’attività per porre l’attenzione sull’emergenza dei suicidi in carcere e così, salvo sorprese, nell’aula inibita alla stampa e dove alla sinistra dell’ingresso c’è la ‘cella matrimoniale’ che accoglie i coniugi che hanno scelto di non farsi inquadrare dalle telecamere (ammesse) ci sarà il tempo per qualche replica, poi i giudici si ritireranno in camera di consiglio.
“Siamo di fronte a una manifesta inammissibilità delle richieste di prova” è la posizione pronunciata nella prima udienza dal procuratore generale di Brescia Guido Rispoli e dall’avvocato generale dello Stato Domenico Chiaro, mentre quando è stato il suo turno la difesa (i legali Fabio Schembri, Nico D’Ascola, Luisa Bordeaux e Patrizia Morello) ha insistito per chiedere di riaprire un caso mediaticamente controverso e che ha creato una frattura anche nella procura generale di Milano. Un caso dove le “suggestioni mediatiche” hanno permesso di ritrovarsi davanti a quello che, per la pubblica accusa, citando una pellicola francese, è ‘Il grande bluff’.
“C’è un poderoso movente, ci sono le lesioni inferte alle vittime da una mano sinistra meno forte e una destra più forte, i contenuti scritti da Olindo sulla Bibbia, i colloqui psichiatrici. C’è la mancanza di pentimento, la soddisfazione per quanto fatto – le parole scandite in aula da Chiaro e Rispoli -. A Olindo scappa la frase ‘io non ho avuto nessuna sensazione quando li ho uccisi, è stata una cosa normalissima come quando uno ammazza un coniglio”.
Nella ‘Palazzina del ghiaccio’ sotto i colpi di spranga e coltelli, vengono uccisi Raffaella Castagna (30 anni), il figlio Youssef Marzouk di soli due anni, la nonna materna del piccolo Paola Galli (57). E’ la mancina Rosa Bazzi ad affondare la lama nella gola del bambino. Le fiamme appiccate cancellano le tracce, ma quando gli aggressori si chiudono alle spalle la porta dell’appartamento di Raffaella si trovano di fronte, increduli, i vicini di casa: si salva per una malformazione alla carotide Mario Frigerio brutalmente assalito da Olindo Romano, viene colpita sulle scale e poi uccisa nella loro mansarda la moglie Valeria Cherubini (55). Dicono questo le sentenze, conformi, contro i coniugi animati da un profondo odio verso la famiglia Castagna e Azouz Marzouk, unico tra i parenti delle vittime a essere presente in aula mentre gli altri preferiscono restano lontani dal ‘circo mediatico’. Posizione anomala la sua: è parte civile, ma crede nell’innocenza della coppia.
“Se veramente si vuole fare chiarezza, bisogna dire che è falso che Mario Frigerio non abbia parlato già il 15 dicembre. Il povero Frigerio l’ha detto subito: ‘E’ stato Olindo” e “mai furono fatte pressioni” sulla coppia Romano per spingerli a confessare, “e bisogna dirlo a gran voce per difendere l’onore e la reputazione di colleghi che è stata continuamente calpestata” spiega l’avvocato generale. “Gli assassini sono mantidi di sangue e sono armati, la corte di via Diaz è già piena di persone”: gli abbaini della mansarda di Frigerio sono una tesi “inverosimile” come la terrazza di Raffaella: “non c’è nulla, non una macchia di sangue. E’ un’offesa alla logica pensare che siano passati da qui”.
Anche la pista ‘straniera’ viene esclusa, così come è “inverosimile pensare alla criminalità organizzata”, a una vendetta nei confronti di Azouz, a un contrasto nel mondo del piccolo spaccio di droga. “Le armi utilizzate, la spranghetta e il coltello, non sono quelli che utilizzerebbe la criminalità” che ha proprie ‘regole’: “Per quale motivo uccidere donne e bambini? Ma la logica dove la buttiamo: Azouz dopo la strage dice che era ‘il momento migliore della sua vita’ e secondo quale logica si può pensare che la criminalità abbia agito e lui non sia terrorizzato?” sono le domande dell’accusa che risuonano in aula.
“Le sentenze non hanno spiegato i dubbi, ma li hanno nascosti. Vi chiedo di ammettere i testi e accertare i fatti che devono essere accertati” è la richiesta dell’avvocato Fabio Schembri, da sempre accanto a Olindo Romano. “Nelle confessioni dicono che ci sono dettagli che potevano conoscere solo gli assassini, ma quei dettagli li conoscono tutti. Non sapevano i punti di innesco nell’appartamento dei Castagna, sapevano quello che risultava dalle fotografie, parlano di un accendino, ma invece vengono utilizzati più acceleranti. Queste leggende metropolitane che sono andate avanti sono false”.
Le confessioni sono “un atto di generosità che compiono entrambi, un atto generoso: Olindo per salvare Rosa e Rosa per salvare Olindo”, per il loro ‘amore quadrupede’ la confessione “è il minore dei mali” per ottenere quella “cella matrimoniale” che è l’unica cosa che vogliono. La difesa conta “243 errori” nelle confessioni da parte dell’ex netturbino e della moglie descritti in sentenza come “intelligenti, capaci, astuti, capaci di mettere in piedi un alibi assai complesso”, ma che invece “non sanno cosa è il luminol o le intercettazioni. Rosa non distingue la destra dalla sinistra, non sa leggere, Olindo non sa che l’ergastolo non si dà in cinque minuti, che la pena non si divide in due e non esistono camere doppie in carcere. Le pressioni ci sono state e il giudice della condanna le ha certificate”.
La difesa non tergiversa nel definire “falsa” la testimonianza dell’unico sopravvissuto Frigerio che soffre di “amnesia anterograda. Il 15 dicembre del 2020 ricordava, il 20 e il 26 dicembre non ricorda nulla, questo è un dato che corrisponde con l’amnesia”, la sua sintetizzando è una “memoria indotta” da domande suggestive. E la traccia di sangue (di Valeria Cherubini, ndr) trovata sull’auto di Olindo Romano, altra prova contro i coniugi, “non c’è mai stata sul battitacco”. La foto scattata dai carabinieri “non dice nulla, all’interno del cerchietto rosso, con il numero 3, non c’è luminol, ci vorrebbe Houdinì”. Sono alcuni di quei carabinieri, ma anche esperti di fama internazionale e tra i primi testimoni della strage di Erba che si compone l’elenco di persone che si chiede vengano sentiti.
Da sempre la difesa batte la pista della vendetta legata allo spaccio di droga che in passato ha visto protagonista Azouz Marzouk, marito e padre di due delle vittime della strage dell’11 dicembre del 2006 nel piccolo comune in provincia di Como. “Minacce ce ne furono, Azouz fu massacrato di botte nel carcere di Como, Raffaella era spaventatissima: venne avvicinata, venne minacciata, altro che non ci sono state minacce. Ci furono anche gli accoltellamenti, il cugino di Azouz venne accoltellato per questioni legate al traffico di droga. Non ci inventiamo nulla e non ci vergogniamo di nulla, non possiamo abdicare a dichiarazioni che hanno reso. Abbiamo un testimone che dice che c’era una faida interna e ci dà esattamente un movente alternativo” le parole in aula dell’avvocato Schembri.
Oggi a quasi 18 anni dalla strage di Erba e a circa 13 anni dalla condanna definitiva all’ergastolo decisa dalla Cassazione, che ricalca le due sentenze precedenti, la corte di Brescia è chiamata a stabilire se Olindo Romano e Rosa Bazzi possono tornano a sperare di smontare una sentenza granitica che con la presenza del testimone oculare, di più confessioni e un movente ha finora messo d’accordo tutti i giudici.