(Adnkronos) – Un’azienda su due è convinta che la sostenibilità sia parte integrante del proprio business e si reputa un’organizzazione orientata a tale scopo. Eppure, anche se in molte imprese i temi Esg sono al centro dell’agenda, le questioni di sostenibilità non sono ancora integrate completamente nella governance e nella strategia aziendale, evidenziando la necessità di intervenire per colmare le lacune.
È il quadro che emerge dal report di Kpmg “Anchoring ESG in governance”, dove la società leader nell’ambito della consulenza ha intervistato 50 tra chief sustainability officer e manager in ambito Esg per scoprire come operano le organizzazioni focalizzate sulla sostenibilità, chi prende le decisioni importanti in quest’ambito e cosa aspettarsi nel prossimo futuro.
Prima di entrare nello specifico, si noti che il rapporto evidenzia la necessità di un maggiore allineamento tra le unità Esg e i board aziendali, al fine di garantire che le decisioni strategiche siano il risultato di una visione sostenibile di lungo termine. Emerge anche la necessità di una maggiore collaborazione e integrazione tra le diverse funzioni aziendali, nonché un impegno attivo da parte dei vertici aziendali nel promuovere una cultura aziendale orientata alla sostenibilità.
Molti dirigenti aziendali riconoscono di trovarsi solo a metà del processo di transizione verso modelli di business più sostenibili. La consapevolezza dell’importanza della trasformazione è chiara, così come è chiaro che la sopravvivenza futura dell’azienda dipenda dalla sua capacità di adattarsi ai cambiamenti e di abbracciare la sostenibilità come parte integrante della propria identità.
Sotto l’aspetto ambientale, i dirigenti aziendali evidenziano le seguenti priorità:
– decarbonizzazione dei modelli di business;
– riduzione delle emissioni di gas serra;
– protezione della natura e della biodiversità (ancora non rilevanti nell’agenda, ma iniziano ad attrarre l’attenzione delle aziende).
Per quanto riguarda l’aspetto sociale e di governance, gli chief sustainability officer e manager intervistati evidenziano che la promozione della diversità, dell’uguaglianza, dell’inclusione e dei diritti umani nella catena del valore stanno guadagnando sempre più rilevanza nell’agenda aziendale.
[Fonte: report Anchoring ESG in governance – Kpmg]
Uno dei risultati più significativi dell’analisi Kpmg è la presenza di comitati per la sostenibilità a livello di consiglio di amministrazione in circa il 25% delle aziende esaminate. Questi comitati, sebbene non diffusi in tutte le aziende, evidenziano un crescente riconoscimento dell’importanza della sostenibilità tra i vertici aziendali.
[Fonte: report “Anchoring ESG in governance” – Kpmg]
Un’altra tendenza emersa è l’esistenza di organi decisionali separati per i fattori Esg in oltre due terzi delle aziende analizzate. Questi comitati, guidati principalmente dall’amministratore delegato o dal capo dell’unità di sostenibilità del gruppo, fungono da forum dedicati alla discussione e alla pianificazione delle iniziative di sostenibilità aziendale.
Non mancano le aziende che hanno abbandonato l’idea di comitati separati per la sostenibilità, optando invece per un approccio olistico che favorisca una maggiore integrazione di queste tematiche nel consiglio di amministrazione.
Nonostante l’implementazione di questi organi, la collegialità della gestione Esg stenta a decollare: in quasi la metà delle aziende intervistate, il principale responsabile della sostenibilità è l’amministratore delegato. Questo indica un cambiamento nella percezione del ruolo dell’ad, che non solo si occupa delle questioni finanziarie e di business ma assume sempre più responsabilità per gli obiettivi Esg dell’azienda.
Molte aziende sono consapevoli della necessità di intervenire in quest’ambito, ma anche della propria impreparazione. Per questo, delegano la strategia Esg a professionisti esterni esperti nel campo, che possono provenire da background diversi, tra cui finanza, risorse umane e gestione del rischio. Anche se questa tendenza sottolinea come non la rivoluzione sostenibile non sia ancora perfettamente integrata nelle aziende, al contempo mostra che le stesse sono disposte a fare dei sacrifici economici per restare al passo con le richieste del mercato.
Nell’ambito delle aziende esaminate nel rapporto di Kpmg, emerge una varietà di approcci nell’integrazione delle funzioni Esg.
Una delle principali osservazioni del rapporto è che solo poco più di un terzo delle aziende dispone di un’unità separata per la gestione della sostenibilità all’interno del gruppo. Quindi, nonostante l’importanza crescente della sostenibilità, molte aziende preferiscono incorporare questa funzione in altri dipartimenti, come strategia, ambiente, salute e sicurezza, comunicazione o affari legali.
Anche per quanto riguarda il rapporto con il consiglio di amministrazione, non esiste un modello standard. Meno della metà dei responsabili delle unità di sostenibilità riporta direttamente a un membro del consiglio responsabile, mentre altri hanno una linea di riporto a una vasta gamma di dirigenti aziendali. Questa diversità di approcci evidenzia la complessità della gestione delle funzioni Esg e la necessità di una collaborazione trasversale all’interno dell’organizzazione.
[Fonte: report “Anchoring ESG in governance” – Kpmg]
Ma quante persone lavorano nelle “unità di sostenibilità”? Più di due imprese su tre hanno ancora tra zero e dieci dipendenti a tempo pieno che lavorano in questi unità, mentre solo un quinto delle aziende ne impiega più di 20.
Per quanto riguarda le principali funzioni delle unità di sostenibilità, l’obiettivo principale è la definizione della strategia di sostenibilità ambientale, sociale e di governance, seguita dall’identificazione degli obiettivi di sostenibilità e dal monitoraggio dei Kpi di natura Esg.
In ambito sostenibile, la novità più impattante del 2024 è senz’altro la Direttiva Csrd e i relativi obblighi di rendicontazione non finanziaria. Obblighi che più della metà delle aziende coinvolte nella ricerca di Kpmg affidano esclusivamente alle unità di sostenibilità.
Non mancano le realtà che optano per un approccio più collaborativo tra diversi dipartimenti, strategia condivisa da un’azienda su quattro.
L’elemento più sorprendente è che il restante 25% delle aziende affida il reporting di sostenibilità ai reparti di finanza e la contabilità, un grande cambio di paradigma nell’ambito della rendicontazione aziendale.
Le aziende sembrano anche voler rimanere all’avanguardia rispetto ai requisiti normativi e quasi la metà delle società coinvolte nel sondaggio dichiara di pianificare la conformità con la Csrd entro l’anno finanziario 2024. Eppure, ancora oggi meno della metà delle aziende include tematiche Esg nei principali indicatori di performance aziendali. Un ulteriore ostacolo è rappresentato dalla frequenza di reporting, con la maggior parte delle società che riferisce sui Kpi Esg solo su base annuale, nonostante la disponibilità di indicatori interni su base trimestrale e mensile.
Infine, una nota positiva che emerge dal report è l’inclusione dei Kpi Esg nel calcolo delle retribuzioni dei dirigenti, prassi evidenziata nella maggior parte delle aziende intervistate. In particolare, quasi la metà delle aziende prevede che una percentuale significativa della retribuzione variabile dei dirigenti sia legata agli indicatori Esg.
Una tendenza confermata anche nelle società quotate come emerge dal Rapporto Consob 2022 sulla Rendicontazione non finanziaria che delinea una crescente integrazione tra sostenibilità e finanza, elemento chiave per rendere la transizione ecologica non solo auspicabile, ma reale.
Nel 2022, riporta la Commissione nazionale per le società e la borsa, i fattori ambientali, sociali e di governance hanno concorso a determinare i compensi degli amministratori delegati in 127 società con azioni ordinarie negoziate sul mercato Euronext Milan, pari al 58,5% del totale, nel 2021 eran 106. Un incremento dell’11,5% in un solo anno che fa ben sperare per il prossimo futuro.