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Sla, neurologo Chiò: “Con riluzolo orodispersibile dosaggio corretto terapia”

(Adnkronos) – “La disfagia costituisce un sintomo fondamentale nella sclerosi laterale amiotrofica. In un terzo dei casi di Sla è un sintomo di esordio, ma in genere già al momento della diagnosi più della metà dei pazienti è disfagica e lo diventa, nel tempo, quasi il 70-80%. La disfagia ha chiaramente una serie di implicazioni importanti per l’aspetto nutrizionale, ma ha anche un aspetto che è generalmente meno chiaro, è meno considerato ed è rappresentato dal disturbo nella deglutizione soprattutto di compresse che talora, per poter essere deglutite, vengono frantumate. Questo rappresenta un problema perché per tutte le compresse, e per il riluzolo, è stato anche dimostrato che la frantumazione riduce di circa il 50% la quota di farmaco che viene realmente assunta. Chiaramente questo ha un’implicazione sull’effetto della terapia, perché risulta ampiamente sottoutilizzato il farmaco e” ridotto “l’effetto di rallentamento della malattia”. Così Adriano Chiò, università degli Studi di Torino e direttore Sc Neurologia 1 Aou Città della Salute e della Scienza di Torino, commenta all’Adnkronos la notizia della disponibilità, anche in Italia, della prima formulazione orodispersibile di riluzolo, unica terapia ad oggi approvata nel nostro Paese per rallentare la progressione della Sla.  

Il nuovo trattamento di Zambon consiste in una sottile pellicola e permette di assumere il farmaco senza alcuno sforzo muscolare. “La pellicola o film, posta direttamente sulla lingua, si scioglie e quindi viene fondamentalmente deglutita nella saliva, tanto che il paziente non deve praticamente compiere alcun atto deglutitorio – spiega Chiò – Questo è sicuramente un notevole passo avanti, soprattutto per il paziente con disturbi di deglutizione. Inoltre questa modalità di somministrazione, che è anche abbastanza semplice, può essere d’aiuto per i soggetti che non hanno capacità o hanno difficoltà a deglutire le compresse. Non si tratta solo dei soggetti disfagici”. 

L’uso di questa modalità di somministrazione nel “trattamento in un soggetto in cui si prevede o si ha già una molto piccola iniziale disfagia può essere un’ottima alternativa terapeutica alla compressa abitualmente disponibile”, evidenzia lo specialista, perché risolve il problema del “cambiamento di una modalità di somministrazione che può rappresentare” per il paziente “un segnale negativo per la sensazione che” sia collegato, “in qualche modo, alla progressione della malattia”. 

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