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Singh lascia Trudeau Ma il voto anticipato non è scontato

 

Poilievre suggerisce e propone, Singh asseconda e dispone (anche se quest’ultimo nega qualsiasi rapporto di causa/effetto). Giovedì 29 agosto, in una lettera aperta, il leader del Partito Conservatore, Pierre Poilievre, aveva chiesto a Jagmeet Singh di staccare la spina al governo di minoranza liberale, tenuto in vita artificialmente dal sostegno esterno garantito dall’NDP. “I Canadesi non possono permettersi un altro anno di Justin Trudeau”, aveva tuonato Poilievre, rincarando la dose: “Justin Trudeau non si dimetterà. Deve essere licenziato”. Mercoledì 4 settembre, il leader orange ha annunciato che il Nuovo Partito Democratico (NDP) non sosterrà più il governo Trudeau. Con un video bilingue pubblicato sui canali social del partito, Singh ha criticato duramente Trudeau, dicendo che il Primo Ministro “ha dimostrato più volte che si sottometterà sempre all’avidità delle grandi aziende”, che i Liberali “hanno deluso” e che “non meritano un’altra possibilità”. Singh ha stracciato un accordo tra l’NDP e i Liberali, siglato nel marzo del 2022, con cui l’NPD si era impegnato a sostenere il governo fino alla fine della legislatura, fissata per l’ottobre del 2025, in cambio di un Programma di cure dentistiche per le famiglie a basso reddito e di altre politiche in materia di salute, come il Pharmacare. Una decisione forte e rischiosa, ma strategica, per smarcarsi da un Primo Ministro in caduta libera nei sondaggi e per ergersi a nuovo e unico paladino del popolo, di fronte al ‘pericolo’ nazionalista rappresentato da Poilievre, il “Trump canadese”. Sta di fatto che la rottura del patto indebolisce in modo considerevole la solidità del governo Trudeau, che ora dovrà negoziare in Parlamento l’approvazione di ogni misura con i vari partiti di opposizione, e rende più probabili (seppure non certe) le elezioni anticipate. Una sfida che, oltretutto, Trudeau dovrebbe affrontare senza il suo storico direttore nazionale delle campagne elettorali, Jeremy Broadhurts, che si è dimesso per motivi familiari. Tre ore dopo l’annuncio a sorpresa del suo avversario dell’NDP, Poilievre ha fatto sapere che, alla ripresa dei lavori parlamentari, presenterà una mozione di sfiducia contro il governo liberale.

 

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Se l’NDP e il Bloc Québécois dovessero votare a favore, nel Paese si aprirà la campagna elettorale in vista del voto anticipato in programma già questo autunno. La matematica, infatti, lascia pochi margini di manovra: su 338 seggi (di cui 4 vacanti in attesa delle elezioni suppletive),154 sono appannaggio dei Liberali, 119 dei Conservatori, 32 del Bloc Québécois, 24 dell’NDP, 2 dei Verdi e 3 sono indipendenti.

 

Con 334 deputati in carica, la maggioranza è a quota 168. È difficile fare previsioni, ma non saremmo sorpresi se, per convenienza politica e connivenza ideologica, il governo, pur logorato da estenuanti trattative parlamentari, continuasse a vivacchiare per altri 12 mesi. Uno scenario possibile, grazie ai voti dello stesso NDP (ne basterebbero una quindicina), che ha stracciato un’alleanza sistemica e conclamata, ma non ha escluso a priori il sostegno a favore dei singoli provvedimenti, o al soccorso francofono, visto che il Bloc guidato da Yves-François Blanchet può contare su 32 deputati. Non sono esclusi, dunque, “inciuci” di Palazzo all’italiana, per intenderci. Anche perché, andare al voto prima di Natale, significherebbe consegnare le chiavi del Paese a Poilievre. Se Atene piange, infatti, Sparta non ride. Secondo l’istituto demoscopico Angus Reid, se si andasse alle urne in questo inizio di settembre, i Conservatori si attesterebbero a quota 43%, mentre i Liberali non andrebbero oltre al 21%. Il divario è enorme: +22%. Con l’NDP di Jagmeet Singh che ha poco di cui rallegrarsi, fermo al 19%; mentre il Bloc non va oltre il 10% e i Verdi non superano il 5%. Insomma, mandare a casa adesso Trudeau vorrebbe dire stendere il tappeto rosso a Poilievre, che ha già preannunciato un piano di tagli per dare ossigeno al debito pubblico galoppante. Uno scenario che Yves-François Blanchet e Jagmeet Singh vorranno evitare come la peste bubbonica. Da qui la possibilità che un governo liberale moribondo, spalleggiato da due alleati complici e correi come l’NDP e il Bloc, continui a campare. Sulla pelle dei canadesi. In attesa di tempi e sondaggi migliori.

 

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