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Scontri a Montecitorio, la madre di uno studente dei Collettivi scrive a Mattarella

(Adnkronos) – ”Lo scorso venerdì 22 dicembre, quando mio figlio 17enne era alla manifestazione studentesca a Montecitorio e purtroppo è stato tra le vittime delle manganellate della polizia”, ho provato ”angoscia e il terrore”. Comincia così la lettera che Valentina Cavalletti, madre di uno studente che il 22 dicembre scorso ha partecipato alla manifestazione non autorizzata organizzata dai Collettivi autonomi romani davanti alla Camera dei deputati, ha inviato al presidente della Repubblica Sergio Mattarella.  

In quell’occasione circa un centinaio di studenti delle scuole occupate della Capitale, con striscioni e fumogeni, sono stati protagonisti di momenti di tensione con la polizia. I giovani hanno provato a oltrepassare il cordone formato dagli agenti in tenuta antisommossa e a quel punto sono stati respinti con una carica. Al capo dello Stato la madre dello studente chiede ”di farsi garante che queste azioni violente da parte delle forze dell’ordine non accadano mai più, anche per non alzare il livello della tensione e polarizzare le posizioni”. 

”Mio figlio vive con la convinzione che è possibile realizzare una scuola più inclusiva, più aperta, più innovativa. E per questo è sceso in piazza con le amiche e gli amici del collettivo studentesco di cui fa parte, con i quali ha sviluppato soluzioni e prospettive in alcuni casi anche utopiche e apparentemente irrealizzabili. Per questo motivo spesso mi trova schierata contro le sue scelte, perché credo che il ruolo del genitore a volte sia quello di mettere limiti e non avallare ogni pretesa. Non credo infatti che qualunque desiderio debba diventare un diritto. Ma lui ha la forza dei suoi 17 anni, l’ingenuità della possibilità infinita, la meraviglia di poter contare sulla rete delle compagne e dei compagni con cui si incontra, discute, progetta ogni martedì, sotto la pioggia e sotto il sole, da quando frequenta il Liceo”. 

”Quest’anno – racconta la madre del 17enne – anche l’occupazione, che a mio avviso a Roma è diventata una specie di rituale, è stata diversa” e lui con le sue compagne e i suoi compagni hanno ”ideato corsi per dimostrare che una scuola ai loro occhi più interessante, più attenta alla salute mentale, alla sessualità, all’affettività, è possibile” chiedendo ”alle istituzioni (in particolare al Mim, alla Regione e alla Città di Roma) tre tavoli permanenti per discutere le loro esigenze e le loro idee. Nessuna delle istituzioni interpellate ha risposto”.  

”In questa cornice, la mia posizione è sempre costantemente quella di discuterci per riportare la sua protesta nell’alveo della legalità” però ”non è pensabile che un genitore, che sa che il proprio figlio va a una manifestazione per partecipare alla cosa pubblica, alla polis” debba ”ritrovarsi a scoprire” che è stato ”preso a manganellate insieme a molti dei manifestanti”. ”Come posso guardare in faccia mio figlio e dirgli che si deve fidare dello Stato e delle sue istituzioni?”, aggiunge la madre del 17enne. ”Dopo la manifestazione – racconta – per descrivere solo le situazioni che conosco, mio figlio aveva uno zigomo gonfio, un suo amico la gengiva traumatizzata, un altro amico un ematoma in testa causato da un colpo che lo ha steso a terra”. 

”Viviamo in uno Stato la cui democrazia è sempre meno rappresentativa, come hanno dimostrato le ultime elezioni politiche – aggiunge Valentina Cavalletti – In particolare i giovani tra i 18 e 30 anni sono talmente sfiduciati da non andare più alle urne. E ai pochi che si attivano lo Stato come risponde? Ammutolendoli con una risposta violenta e repressiva”.  

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