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Sardegna, la misteriosa Ichnusa e i suoi Shardana

I popoli italici

 

(I parte)

 

Di tutte le maggiori isole del Mediterraneo, comprese quelle egee, da sempre la Sardegna e il suo popolo sono stati avvolti da un alone di mistero. Per natura, l’isolano è restìo a familiarizzare col nuovo arrivato, poiché quest’ultimo è visto come un “corpo estraneo” nella compagine caratteriale di una popolazione maturata da millenni di un viver comune. Sin dai tempi remoti, in Sardegna venivano tramandati oralmente racconti popolari, fiabe e leggende (contus, contascias e paristorias) che alla lunga hanno plasmato l’animo degli abitanti. Addirittura, fino ad un recente passato, esistevano dei “maistus de contascias”, persone abili nel raccontare antiche storie tramandate oralmente. Non solo delle leggende tipicamente sarde, ma anche vicende che si ritrovano nella narrazione europea: racconti che, in qualche modo, penetrarono nell’isola e finirono per essere trasformate ed adattate all’indole dei sardi. 

 

Italo Calvino, la cui madre, Eva Mameli, era sarda e nativa di Sassari, conosceva benissimo il carattere e l’anima sardi, fino ad esserne influenzato al punto che lo scrittore olandese Jan Brokken non esita ad affermare che la scrittura del Calvino è stata influenzata dalla Sardegna. La Sardegna è un’isola particolare. Oltre ai tratti caratteriali generici del suo popolo che l’avvicinano ad altre isole maggiori del Mediterraneo, la Sardegna rappresenta un “unicum”, un complesso etnico-geografico particolare; ecco perché gli storici e gli etnografi non parlano di folclore o tradizione sarda, ma di una civiltà particolare, sarda: la Civiltà dei Nuraghi.

 

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Quando si parla della Sardegna, subito corrono alla mente misteriose costruzioni (Nuraghi) e l’indole di un popolo antichissimo le cui origini si perdono fra i meandri della preistoria e della storia. Anche il nome originario dell’Isola tradisce la sua antichità. Pochi sono al corrente che anticamente il nome della Sardegna era Ichnusa. Il termine deriva dal greco e significa “orma di piede”, per via della somiglianza dell’isola ad un piede vista dall’alto. Ma nella storia sarda, dove finisce la fantasia e dove inizia la realtà? Più in là nel tempo, prima della testimonianza greca, la tradizione sarda parla di un’età dell’oro, di Ichnusa, situata in un “illo tempore” ideale, quando l’“orma di piede” era interpretata come un’“orma divina”. L’antica tradizione sarda riporta che dove oggi esiste il Mar Tirreno, a ovest dello Stivale, migliaia di anni fa esisteva un intero continente. Secondo questa tradizione, il continente in questione si chiamava Tirrenide ed era una terra fertile e felice. Non esistevano periodi di siccità o calamità naturali, né esistevano servi e padroni, ognuno possedeva un appezzamento di terra da coltivare o un gregge da governare. Era un vero Paradiso terrestre. Ma vi fu un tempo in cui tutto cambiò: lì dove regnava la pace e l’armonia si trasformò in un inferno di dissidi, guerre e tragedie. All’improvviso cessò la pace e in ogni angolo di quella terra una volta benedetta iniziò una guerra interminabile che imbarbarì il piccolo continente. Alla fine, intervenne il Divino. Il cielo si squarciò scatenando un tremendo diluvio purificatore che sommerse la Tirrenide per mesi, distruggendo tutto, seguito da vulcani che vomitarono fuoco e lava nelle vallate; il mare si gonfiò in ondate altissime che si riversarono con furia terrificante sulla terra. Alla fine, la Tirrenide incominciò a sprofondare, le onde inghiottirono tutto, montagne, vallate, villaggi e persone. Ormai sembrava tutto finito. Tutto sembrava destinato a sparire ed esser cancellato per sempre; anche il ricordo. Ma il Dio dei Sardi antichi era misericordioso e volle concedere alla gente di buona volontà l’opportunità di riscattarsi. All’improvviso cessarono il diluvio e i maremoti. Della Tirrenide non restava che un minuscolo lembo di terra che ancora resisteva alla furia degli elementi e dell’acqua. Fu in questo momento che Dio intervenne. Col suo piede bloccò quell’ultimo lembo prima che affondasse. Così nacque la Sardegna (Ichnusa), a forma dell’orma divina; perché a salvare l’Isola non fu un’orma qualsiasi, ma l’orma di Dio. Qui finisce la leggenda. Se ho creduto opportuno raccontare il mito della nascita o creazione della Sardegna è perché tale mito sembra essere parallelo ad un altro grande mito. Quello dell’Atlantide di Platone. La mia è solo un’osservazione, però, consultando l’interessantissimo volume di Sergio Frau: “Le Colonne d’Ercole. Un’inchiesta. La prima geografia. Tutt’altra storia”, un interessantissimo volume di 756 pagine, con bellissime illustrazioni, ci si sente catapultati dal “mythos al logos”, “dal pressocché all’accuratezza”. Vale a dire dalla favola alla scienza in un mondo fantastico. Platone, nel suo Timea e Critias racconta: “… Spostandoci verso il nord, dopo le Colonne d’Ercole, dove le navi correvano il rischio di arenarsi, c’era il Grande Mare, e a nord di quel Mare c’era Atlantide, un’isola benedetta da ogni bene: acque limpide (pozzi sacri? ndr.), metalli preziosi, vegetazione rigogliosa.” Parallelamente il Frau sostiene: “Se spostiamo le Colonne d’Ercole dallo Stretto di Gibilterra, dove il mare è molto profondo (dunque non il mare di Platone ove le navi rischiavano di arenarsi, ndr.), alle due isole tra Sicilia e Tunisia: Malta e Gozo, dove il mare è poco profondo e quindi ci si può arenare più facilmente, verso il nord c’è la Sardegna…. D’altronde, l’isola nel mondo antico era famosa per esser stata ricca di metalli e pietre preziose. Inoltre, l’antica Ichnusa era conosciuta in tutto il Mediterraneo per la potenza della sua flotta e il valore dei suoi Shardana, antichi guerrieri Sardi, menzionati nei testi egizi, chiamati anche: gli uomini del mare. (Segue) 

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