Una settimana fa si è conclusa un’intensa sessione parlamentare. Normalmente, a questo punto, questa rubrica dovrebbe apparire come una sorta di lista della spesa delle cose fatte, prima di augurarvi Buone Feste. Questa volta, però, ho voluto fare le cose in modo un po’ diverso. Voglio parlarvi di un solo disegno di legge, che rappresenta diversi anni di lavoro e il cui iter di approvazione si è concluso appena un mese fa.
Il 17 novembre scorso mi sono recato in Senato con i miei collaboratori per assistere all’adozione della Legge C-5, una riforma del nostro sistema di giustizia penale. È stato un momento emozionante per tutti quanti noi, oltre che un grande passo avanti per tutti i Canadesi. Molto inchiostro è stato versato sul C-5 e le sue conseguenze. Alcuni avrebbero voluto che il progetto si fosse spinto oltre. Molti ci hanno criticato per essere stati deboli, o ingenui, nei confronti dei criminali.
Come Paese, affrontiamo il tema della giustizia in maniera emotiva. È facile fermarsi ai titoli dei giornali e lasciare che emozioni come la rabbia, o la paura, prendano il sopravvento, soprattutto quando si pensa alle vittime degli atti criminali. È perfettamente umano. Ma vorrei che vedessimo i fatti al di là dei titoli dei giornali. La Legge C-5 abolisce alcune pene minime obbligatorie e permette l’applicazione della condizionale per alcune pene minime, cioè condanne da scontare in Comunità.
Privilegiando questi ultimi casi – quando non vi è alcun rischio per la sicurezza pubblica e quando la pena sarebbe comunque stata di due anni o meno, – facciamo sì che la pena sia commisurata ai reati commessi e alle circostanze che li hanno accompagnati. In concreto, questo significa che un padre che commette un terribile errore e si rivolge alla criminalità organizzata per sfamare i propri figli, dopo aver perso il lavoro durante la pandemia, potrebbe avere diritto ad una seconda possibilità. E che quindi un bambino non debba andare a trovare il padre in prigione a Natale.
Certo, potremmo cedere al desiderio di vendetta, e trattarlo come un criminale incallito. Essere duri con il crimine paga sempre politicamente. Ma è probabile che, dopo una pena detentiva, lo stesso padre si dedichi a crimini più gravi, entrando nelle famose porte girevoli del sistema giudiziario. Ironia della sorte, questa è l’opzione più pericolosa per la sicurezza pubblica.
Tutti aspirano ad una società sicura, un sistema giudiziario efficiente, accessibile e soprattutto equo. Tutti, me compreso, siamo d’accordo: i reati gravi meritano gravi conseguenze. Per raggiungere questo obiettivo, dobbiamo basarci sui fatti. E i fatti parlano chiaro. Abrogare le condanne minime obbligatorie e aumentare l’accesso alle condanne condizionali non solo rappresenta un modo migliore per combattere la criminalità, ma contribuisce anche a decongestionare il nostro sistema giudiziario, concentrando le risorse dei pubblici ministeri e delle forze di polizia lì dove sono veramente necessarie.
Sono certo che i Quebecchesi, e i Canadesi, siano abbastanza intelligenti da capire la differenza tra un criminale accanito e qualcuno che, pur avendo commesso un reato, non costituisce un rischio per la sicurezza pubblica. Con l’avvicinarsi delle Feste, celebriamo lo spirito del Natale mostrando compassione, in un dibattito spesso dominato dalle emozioni. Auguro a tutti voi un Felice Natale.