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Ricerca, Di Luca (UniMi): “In neuroscienze per comprensione più completa cervello”

(Adnkronos) – “Condividiamo tutti l’importanza della ricerca in neuroscienze e della ricerca di base, la cosiddetta ricerca fondamentale, che ci consente di arrivare a una comprensione più completa del cervello e delle sue complessità”. Così Monica Di Luca, prorettore alla Ricerca dell’università degli studi di Milano, intervenendo da remoto, oggi a Roma, all’evento promosso da Lundbeck Italia, biofarmaceutica danese specializzata nelle neuroscienze, per i 30 anni di presenza nel nostro Paese. “Le neuroscienze sono un dominio della scienza di frontiera e vedono una carrellata incredibile di avanzamenti tecnologici e di conoscenza- spiega Di Luca – Siamo sempre in continua evoluzione, con la consapevolezza che la ricerca fondamentale è ancora necessaria per una completa comprensione delle complesse funzioni cerebrali. Nonostante i considerevoli avanzamenti e i progressi delle neuroscienze fino ad oggi, purtroppo la comprensione completa della funzione cerebrale e dei meccanismi alla base di alcuni disturbi cerebrali rimangono ancora una prospettiva futura. Questo è legato alla complessità dell’organo che noi stiamo studiando. Tuttavia, affrontare questa complessità per noi è un imperativo”. 

A tale proposito, “è necessario comprendere come funziona il cervello, come progrediscono le malattie cerebrali per trovare trattamenti adeguati e perseguire la salute del cervello. Questa necessità deve essere vista anche da parte delle istituzioni come un’impresa a lungo termine – continua la prorettrice – E questo è importante perché, a mio avviso e ad avviso di molti neuroscienziati in Europa e a livello internazionale, promuovere la ricerca e l’innovazione, potenziando gli sforzi di prevenzione, trattamento e riabilitazione e portandoli a livelli adeguati, porterebbe ad un risparmio estremamente elevato anche per la società civile: si parla di oltre 4 mila miliardi di dollari entro il 2030. Ci consentirebbe anche di rimodellare anche l’erogazione dei servizi sanitari nei diversi Stati, con un impatto sul benessere di tutta la società civile”. 

Alla luce di questa realtà, “sentiamo tutti la responsabilità di raggiungere una migliore comprensione della fisiologia del cervello, attraverso una ricerca di alta qualità e lo sviluppo di nuovi strumenti e di nuovi approcci – sottolinea Di Luca – Ma questa complessità è anche un’opportunità, perché proprio attraverso la conoscenza e attraverso una migliore comprensione dei meccanismi patogenetici alla base delle malattie, potremmo generare innovazione e nuovi modelli. La sfida che dobbiamo affrontare è la salute del cervello, un concetto che attira una crescente attenzione non solo dal settore sanitario, ma dalla società in generale”. 

Infatti, “la salute del cervello – rimarca Di Luca – può essere definita come uno stato permanente in cui ogni individuo può realizzare le proprie capacità e potenzialità, ottimizzare il proprio funzionamento mentale, cognitivo, emotivo, psicologico, comportamentale e motorio, per far fronte alle situazioni della vita e per contribuire al progresso e all’andamento della società. Questa è una definizione molto complessa, che va ben oltre l’assenza di malattia e abbraccia tutti gli aspetti della vita di un individuo, anche quelli sociali, necessari per far fronte alla complessità della nostra azione nella società”. 

“L’Economist parla – continua- della necessità di un passaggio cruciale di approccio: da Brain Health, cioè salute del cervello, a Brain Capital: 2 aspetti fortemente correlati. La rivista ha poi sottolineato che le nazioni devono considerare gli investimenti sulla salute del cervello come Best Buy. Il Brain Capital va oltre il concetto di salute del cervello e può essere visto quasi come una risorsa economica che dà priorità, integra e ottimizza la salute del cervello e tutte le competenze individuali per raggiungere anche degli obiettivi socio economici, oltre che di salute”.  

“L’idea che viene lanciata sostiene che, per misurare il progresso di una nazione non dobbiamo utilizzare solo le misure convenzionali, come il prodotto interno lordo – sottolinea Di Luca – ma dobbiamo considerare anche il Brain Capital, che consiste in questa forte relazione tra la salute del cervello e il capitale delle competenze individuali da mettere a frutto per parlare di Brain Economy. Questo è un passaggio importante che ci insegna che dobbiamo perseguire la salute del cervello, perché non ci può essere salute senza salute del cervello”. Secondo i numeri europei, “che abbiamo computato dettagliatamente a livello di European Brain Council, 1 cittadino su 3. in Europa, quindi 170 milioni di cittadini, nella propria vita ha avuto esperienze di una malattia del cervello, sia essa neurologica, psichiatrica o del neurosviluppo – spiega Di Luca – Con l’invecchiamento della popolazione, poi, la prevalenza dei più comuni disturbi neurologici e di quelli psichiatrici aumenterà drasticamente in Europa e a livello internazionale. Pertanto, dobbiamo mettere in atto, come Lundback sta facendo da tanti anni, dei mezzi efficaci per ridurre questi numeri e ritardare questo onere che grava su tutti gli individui della società civile”. 

A livello internazionale, “le malattie neurologiche sono la seconda causa di morte, dopo le malattie cardiache. Una stima del 2017 illustra come il numero totale di anni persi per disabilità, sommando malattie neurologiche e malattie psichiatriche, è pari a 62 milioni. Il carico sociale tende ad aumentare e il costo delle malattie del cervello in Europa è stato stimato, più di 10 anni fa dall’European Brain Council, in 800 miliardi di euro all’anno per ogni anno – conclude – Sono numeri che chiedono un intervento che consiste nel supporto continuo alla ricerca e all’innovazione in neuroscienze, che deve diventare prioritario se vogliamo arrivare alla salute del cervello e al Brain Capital”. 

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