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Referendum costituzionale |
Stravince il NO, Renzi lascia

Quasi 20 milioni di elettori bocciano la  riforma Boschi e il presidente del Consiglio annuncia il passo indietro. Il fronte dei contrari vince clamorosamente in Sardegna, mentre il Sì ce la fa in Trentino Alto Adige, Emilia Romagna e Toscana. Scenario opposto all’estero, dove vince il Sì con il 64,7%. Dimissioni del Premier dopo l’approvazione della manovra di stabilità. Le opposizioni in pressing: ‘‘Voto subito’’

Matteo Renzi annuncia le dimissioni con la voce rotta dalla commozione, in una conferenza stampa a Palazzo Chigi che conclude con un ringraziamento alla moglie Agnese e ai figli
Matteo Renzi annuncia le dimissioni con la voce rotta dalla commozione, in una conferenza
stampa a Palazzo Chigi che conclude con un ringraziamento alla moglie Agnese e ai figli

Roma – I risultati del referendum costituzionale sono chiari: il “No” ha vinto con il 59,11%, contro il 40,89% del “Sì”. I seggi, rimasti aperti dalle 7:00 di mattina fino alle 23:00 di domenica 4 dicembre, hanno visto andare alle urne il 65,47% degli italiani (68,48% in Italia e 30,74% all’estero), un’affluenza molto alta che indica quanto fosse ritenuto importante il referendum sulla riforma Renzi-Boschi.

Una valanga di NO al sud e nelle isole  I contrari stravincono in Sardegna dove ottengono oltre il 72% dei consensi e Oristano è uno dei centri dove l’opposizione è più marcata (75,5%). Per trovare un dato così schiacciante bisogna andare nell’altra isola, in Sicilia: qui i contrari superano il 71% e la provincia di Palermo raggiunge addirittura il 72,2% di No al progetto Boschi.  La percentuale del NO si attesta al 71% in Sicilia e poco sotto il 70% in Campania e in Puglia. La vittoria del SI c’è stata in tre sole regioni: Toscana, Emilia Romagna e Trentino Alto Adige. Da segnalare anche la vittoria del SI a Milano con il 51,1% dei voti (a livello provincial, però, il No si è imposto con il 52,62%), a Firenze, i SI sono stati il 56,3%, a Bologna il 52,2%, mentre a Roma il NO si è imposto con il 59,4%, a Torino con il 53,6%, a Genova con il 59%. Nel Nord-Est, in media, il No ha toccato e superato spesso la soglia del 60%.

Il Premier lascia: “Ho perso”. Dimissioni dopo la manovra –  Matteo Renzi ha subìto una sconfitta pesantissima e, poco più di un’ora dalla chiusura dei seggi, ha annunciato le proprie dimissioni: “Non sono riuscito a portare il Sì alla vittoria. L’esperienza di questo governo finisce qui, ce ne andiamo senza rimorsi”. Renzi, in quello che potrebbe essere il suo ultimo intervento nella sala stampa di Palazzo Chigi da Premier pienamente in carica, ha espresso soddisfazione per la grande affluenza alle urne, ha parlato di “festa della democrazia” e ha riconosciuto il successo alle forze politiche che compongono il variegato fronte del No lanciando loro la palla della nuova legge elettorale che si renderà necessaria per il Senato, dato che l’Italicum è stato concepito per la sola elezione della Camera: “Tocca a chi ha vinto avanzare proposte serie”. Lunedì, dopo un Consiglio dei ministri lampo, durato una ventina di minuti, Matteo Renzi ha accolto la richiesta del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, congelando le dimissioni fino all’approvazione della manovra di Stabilità. “Lo faccio per senso di responsabilità – ha detto il Premier – e per evitare l’esercizio provvisorio”. “Ci sono impegni e scadenze di cui le istituzioni dovranno in ogni caso assicurare il rispetto”, ha  sottolineato il Quirinale in una nota ufficiale, dopo il faccia a faccia.

Le opposizioni esultano – Grande la soddisfazione del segretario della Lega Nord, Matteo Salvini: “Noi siamo pronti a votare il prima possibile con qualunque legge elettorale“ perché “se gli italiani vogliono scelgono un governo. Noi siamo pronti e pensiamo di poter vincere”. Secondo il capogruppo dei deputati di Forza Italia, Renato Brunetta, “il Pd ha la maggioranza ed ha il dovere di fare un altro governo visto che in Parlamento ha la maggioranza ma senza Renzi”. Silvio Berlusconi non ha commentato davanti alle telecamere, ma una sua dichiarazione è stata riportata da fonti parlamentari: “Renzi per una volta ha mantenuto la parola, aveva detto che si sarebbe dimesso e lo ha fatto”. Per Luigi Di Maio del M5S “ha perso l’arroganza al potere. Noi al governo ci andiamo in un solo modo: con il voto dei cittadini”. Ha parlato anche Massimo D’Alema, che ha condotto la battaglia per il No dall’interno dello stesso Pd: “Capisco l’amarezza per la sconfitta e anche la dignità con la quale il presidente del Consiglio ha tratto le conclusion“. E Roberto Speranza, sempre della minoranza Pd: “C’è gioia e soddisfazione, c’è stato un confronto vero, ora c’è bisogno di riunire l’Italia, nessuno di noi ha mai chiesto le dimissioni a Matteo Renzi, lui sbagliando ha personalizzato il referendum, prendiamo atto che il presidente del Consiglio ha preso una strada, ora c’è massima fiducia nel lavoro del presidente della Repubblica” Rassegnato Angelino Alfano, leader del Nuovo Centrodestra: “Insieme a milioni di italiani, abbiamo giocato una bella partita e l’abbiamo persa. È stato bello e giusto giocarla: per l’Italia”.

Per il SI anziani ed elettori PD – Secondo l’elaborazione di Ipr Marketing-Istituto Piepoli per Rai, per il Sì avrebbero votato soprattutto gli elettori più anziani: tra gli over 54 i sì hanno raggiunto il 51%, mentre si sono fermati rispettivamente al 37 e al 32% per le fascie di età 35-54 anni e 18-34 anni. Quanto all’appartenenza politica, solo gli elettori del Pd hanno votato in massa per il Sì (il 77%, anche se questo presuppone un 23%, quasi un quarto, che ha votato contro l’indicazione del partito), mentre M5S, Forza Italia e Lega hanno garantito al No percentuali tra il 79 e l’87%.

Gli scenari Dopo l’approvazione della Legge di Bilancio, forse già in settimana, sono  diverse le ipotesi sul tappeto: da un reincarico al presidente uscente all’esecutivo tecnico-istituzionale. La prima opzione sembra allo stato la meno percorribile, perché va a sbattere con le parole dette questa notte da Renzi: “Il No ha vinto in modo straordinariamente netto. Ora tocca al No fare le proposte, serie e credibili, a partire dalla legge elettorale”. Se invece Mattarella decidesse di privilegiare la continuità tra passato e presente, potrebbe essere un Ministro del governo uscente a ricevere l’incarico per tentare di formare un nuovo esecutivo. Già impazza il toto-Premier. Anche se l’orizzonte sarebbe ben preciso: legge elettorale e poi voto. In pole resta in nome di Pier Carlo Padoan. L’attuale ministro delle Finanze, dalla sua, può vantare una grande credibilità (anche internazionale), un buon rapporto con lo stesso Renzi, un profilo tecnico ma ‘stemperato’ dall’esperienza degli ultimi due anni che renderebbe il suo esecutivo più impermeabile di fronte alle polemiche politiche. Scende, nel totonomi, Pietro Grasso. Il nome del presidente del Senato resta non particolarmente gradito a una parte del Pd, i renziani più ortodossi. Il Pd, che resta il maggior partito per numeri sia alla Camera che al Senato, renderebbe percorribile anche la via di un dopo Renzi sempre targato Nazareno. In questo caso, i nomi spendibili sarebbero diversi. Tra questi, certamente il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, stimato da tutte le anime interne del Pd e ben attrezzato politicamente per affrontare la fase delicata. Continuando a pescare nel Pd, nel totonomi resta il Ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio: grande mediatore, ottimo feeling con il Quirinale, stretto rapporto con lo stesso Renzi, anche se in passato non sono mancate le distanze tra i due. Ottimo profilo quello di Dario Franceschini, secondo molti il traghettatore perfetto. Molto vicino al capo dello Stato, il ministro della Cultura è sempre stato in prima fila nelle crisi degli ultimi anni per trovare le soluzioni istituzionali più ‘ragionate’. Sembrerebbe impraticabile, invece, l’ipotesi di affidare il governo a un nome riconducibile al giglio magico, come Maria Elena Boschi o Luca Lotti. Se, come potrebbe essere, Renzi decidesse di rilanciare la sua sfida politica dal Pd i suoi fedelissimi resterebbero al suo fianco. Paiono, infine, davvero complicate soluzioni legate a ‘assi’ da tirare fuori dal mazzo a sorpresa, a partire da quelli di Romano Prodi o ancora di più di Giuliano Amato.

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L’eccezione ESTERO: vince il SI

ROMA – È all’estero che il fronte del Sì ha ottenuto il risultato migliore. Il “Sì” al 64,70% (722.672 voti) e il “no” al 35,30 % (394.253 voti): sono questi i dati, speculari rispetto alla media nazionale, del voto degli italiani all’estero al referendum costituzionale che si è concluso con la bocciatura della riforma proposta da Matteo Renzi. I votanti sono stati il 30,74% degli aventi diritto, un milione e 245.929 su quattro milioni 52.341. In Europa ha votato il 33,70%, in America meridionale il 25,44%, in America settentrionale e centrale il 31,19% e in Africa, Asia, Oceania e Antartide il 31,91%. Le schede bianche, ha registrato il Viminale, sono state lo 0,74% (9.297), le schede nulle il 9,56% (119.174) e le schede contestate e non assegnate lo 0,04% (533).

CENTRO E NORD AMERICA – In Centro e Nord America, su 374.987 elettori hanno votato in 116.969, cioè il 31,19%. Ha vinto il SI con il 62,24%, contro il 37,76% del NO. Le schede bianche sono state 520, quelle nulle 15.444 e quelle contestate 76. Il Paese con la percentuale più alta di votanti è stato l’Honduras (65.83%). In Canada ha votato il 35,82%, Usa il 28,65%, in Messico il 30.50%, in Repubblica Dominicana il 32.88%. Ovunque ha vinto il Sì (in Canada col 67,1% delle preferenze, negli Usa col 58,8% dei consensi ), con l’unica eccezione del Costarica con il NO al 51,39%.

SUD AMERICA – In Sud America di 1.291.065 aventi diritto ha votato il 25,44%, cioè 328.561. il Sì vince con il 71.93% contro il 28.07% del no. 4211 le schede bianche, 36.064 quelle nulle, 311 quelle contestate. Il Paese con la percentuale più alta di votanti è stata la Bolivia (42.12), sotto il 20% il Perù. In Brasile ha votato il 28.58%, in Argentina il 25.33%, in Uruguay il 23.04% e in Venezuela il 21.06%. Ovunque ha vinto il SI. In Brasile il SI ha raggiunto addirittura l’84%, in Uruguay il 77,13%, in Argentina il 65,11%.

EUROPA – In Europa dei 2.166.037 di aventi diritto hanno votato in 730.109, cioè il 33,70%: il 62,42% ha votato sì, il 37,58% no. Le schede bianche sono state 4.048, pari allo 0,55%, quelle nulle 60.983 e quelle contestate 134. In Svizzera la percentuale di votanti è stata del 42,32%, nel Regno Unito 37,60%, in Francia 31,35%, Belgio 22.05%, Germania 29.06%. E se in Russia ha votato il 40,19%, il Paese con la percentuale più alta di votanti risulta essere l’Estonia con il suo 63,89% (a voler tener fuori San Marino e il suo 71,88%). SI al 64,25% in Svizzera, 62,7% in Gran Bretagna, 66,81% in Francia, e 54.73% in Spagna. In alcuni Paesi, tra cui Irlanda, Repubblica Ceca, Russia, Norvegia, Finlandia, Bulgaria e Polonia il NO ha vinto sul SI.

ASIA E OCEANIA – Nella quarta ripartizione – Asia, Africa, Antartide, Oceania, dei 220.252 aventi dirittto hanno votato in 70.290, cioè il 31,91%. Qui il sì ha raggiunto il 59,68% contro il 40,32% del no. Le schede bianche sono state 518, quelle nulle 6683, quelle contestate 12. A spiccare in questa ripartizione è il 100% dei votanti dell’Indonesia: hanno votato tutti e 21 gli aventi diritto. In Australia ha votato il 29,33, in Nuova Zelanda 33,07, in Sud Africa il 20,10, in Cina il 50%, in Corea il 51,77, in Giappone il 59,06, in Libano il 65,44. Ovunque vince il sì con alcune eccezioni come Giappone, Corea, Thailandia, India e Libano. (m.cip.\aise)

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