(Adnkronos) – “Quel che traspare delle idee del governo sulla modifica del reddito di cittadinanza, nell’approccio è preoccupante: si pensa solo alla riduzione dell’erogazione, senza farci capire bene cosa pensa di questo strumento”. Lo dice ad Adnkronos/Labitalia, Emiliano Manfredonia, presidente nazionale delle Acli. Le Acli, precisa Emiliano, “hanno criticato lo strumento nelle modalità, non nella sua utilità, perché è utile che ci sia questo strumento di sostegno”. “Mi sembra però che per ora, queste proposte fatte non vadano nella direzione giusta perché partono dal principio che essere poveri è una colpa e che la colpa sia: ‘tu non vai a lavorare perché hai il reddito di cittadinanza’. Non è così”, afferma il presidente. “Non possiamo certo escludere che ci siano casi limite di qualche irresponsabile, ma non possiamo fare di casi singoli una narrazione collettiva. Magari aumentiamo i controlli”, auspica il presidente. “La riforma va fatta, ci deve essere un sostegno concreto alle persone,-ribadisce Manfredonia- ci deve essere un incentivo al lavoro e alla formazione, ma questo non può essere che se non accetti non hai più soldi o te li riduco. Le persone devono essere messe in grado di lavoro e questo lo possono fare chi le conosce: le amministrazioni comunali”.
“La proposta di Durigon sul Reddito di cittadinanza? Praticamente, essere poveri è una colpa”. Ci va giù duro, il presidente nazionale delle Acli, Emiliano Manfredonia, commentando il modello di riforma del Rdc illustrato dal sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, in un’intervista al Corriere della Sera. “Il tema è: essere poveri è diventata sostanzialmente una colpa e non si attribuisce nessun tipo di ritardo al sistema delle imprese, della domanda-offerta, al sistema educativo, al sistema formativo. Si dà tutta la colpa ai poveri: i poveri sono poveri perché, in pratica, non hanno voglia di lavorare”, aggiunge il presidente delle Acli. “La povertà -spiega Manfredonia- purtroppo è multidimensionale: è educativa, formativa, abitativa, culturale, sociale. Ci sono molti ritardi e non si possono attribuire le responsabilità alle sole persone”, spiega Manfredonia. “Il vero problema -sottolinea Manfredonia- è che c’è tanto lavoro povero, tanto lavoro poco dignitoso. Il reddito di cittadinanza fa coppia anche con il salario minimo, una soluzione di cui non sono innamorato, ma sicuramente bisogna fare qualcosa per chi va a lavorare e guadagna talmente poco da non sopravvivere. Aspettiamo da tempo una proposta in tal senso”, conclude.
“Il reddito di cittadinanza va riformato, noi lo diciamo da sempre: lo schema giusto è che si torni ad un sostegno alle persone che sono in difficoltà e che siano potenziati i servizi dei Comuni, affinché possano prendere in carico la famiglia che è in condizione di povertà”, dice ancora Manfredonia, presidente della Acli, illustrando quale dovrebbe il corretto approccio al tema del sostegno alla povertà. “E’ un approccio multidisciplinare -spiega il presidente delle Acli- perché se si prende in carico la persona e la famiglia, con il sistema delle istituzioni comunali, del sistema sanitario e anche del Terzo settore, si va a capire chi sono veramente i percettori del reddito, quali sono le motivazioni e si può fare un progetto personalizzato di uscita dalla povertà. Progetto che in tanti casi è anche il lavoro, ma non è esclusivamente il lavoro”.
“I Centri per l’impiego -afferma Manfredonia- possono fare un pezzo del lavoro, ma il reddito di cittadinanza è stato impostato male dall’inizio. Si sono scaricate sui Centri per l’impiego, che non erano adeguati a farlo, tutte le persone che percepivano il reddito di cittadinanza. Al di là dei tempi che sono stati anche dilatati dalla pandemia, per cui il Rdc è diventato essenzialmente lo strumento di sostegno al reddito, e al di là dei malfunzionamenti come i navigator o dei ritardi, i Centri per l’impiego, per la loro stessa strutturazione, non potevano farsi carico di queste persone. Invece il Comune è il luogo dove le persone vivono e l’amministrazione comunale ha una percezione reale delle persone, le può incontrare. Lì, con l’aiuto del sistema sanitario e dal mondo dell’associazionismo, si possono capire i bisogni delle persone e si possono conoscere i volti di chi ha bisogno del reddito di cittadinanza”.
Infine sui navigator, aggiunge: “I navigator? Certo non potevano essere loro a risolvere tutti quei problemi di povertà e di lavoro che l’Italia ha ormai da molti anni”. “Non si può scaricare su di loro la colpa che il Rdc non ha funzionato” dice il presidente delle Acli, aggiungendo: “Mi auguro che per loro si aprano nuove porte: ci sono tanti concorsi, e mi auguro che per quelli che vogliono continuare a lavorare nella Pa si possano aprire delle opportunità, tenendo anche conto del servizio che hanno prestato”. (di Mariangela Pani)