Comprate una casa, la arredate a vostro piacimento e secondo le vostre possibilità. Sistemate i vostri vestiti ed effetti personali in base alle vostre preferenze. Mangiate ciò che vi piace. Non ce ne rendiamo necessariamente conto, ma questa breve descrizione della vita quotidiana si basa su uno dei pilastri fondamentali della nostra società: il diritto di proprietà. Lo diamo per scontato. Così facendo, però, dimentichiamo che la vita è una competizione per le risorse. Ogni essere umano – proprio come un albero, un fiore o un uccello – ha bisogno di risorse per vivere. C’è stato un tempo – durato decine di migliaia di anni – in cui l’unico modo che l’essere umano aveva per soddisfare i propri bisogni era attraverso il lavoro: cacciare, pescare, raccogliere e coltivare.
Queste attività erano essenziali per la vita e, senza dubbio, per la sopravvivenza. Ciascun essere umano mangiava e viveva dei frutti del proprio lavoro. Lo condivideva con la propria famiglia e, un po’ alla volta, con i membri della sua tribù. Col tempo, alcuni esseri umani si sono resi conto che potevano appropriarsi del frutto del lavoro altrui in vari modi. Uno dei modi più comuni per farlo era la forza. Ed è così che sono stati costruiti gli imperi. Gradualmente, la forza ha lasciato il posto alla persuasione. Invece di appropriarsi del frutto del lavoro altrui, si è cominciato a convincere le persone a cedere il frutto del proprio lavoro in cambio di una ricompensa, inizialmente sotto forma di cibo o altri beni. Da qualche migliaio di anni, gli esseri umani utilizzano il denaro per scambiarsi dei beni, fino al punto che da circa un centinaio di anni questa pratica è diventata la norma.
Alla luce di questo sviluppo, si è reso necessario definire il diritto di proprietà. Se è facile comprendere che chi caccia un cervo può consumarlo, perché se ne è appropriato, era meno intuitivo stabilire, in tempi remoti, a chi appartenesse la terra su cui pascolavano le pecore. Il diritto di proprietà era rilevante per coloro che possedevano terreni e beni. Per i nullatententi, invece, era inutile. All’inizio, quindi, il diritto di proprietà era importante per la classe dei proprietari, mentre per gli altri non aveva alcun significato. Col tempo, la classe proprietaria si è resa conto che c’era un’alternativa migliore alla forza e alle guerre per arricchirsi: la pace e la condivisione. In altre parole, permettendo anche ai meno abbienti di possedere dei beni, anche quest’ultimi avrebbero iniziato a valorizzare il diritto di proprietà, unendosi ai ricchi nel proteggerlo e rispettarlo.
È così che si è organizzata la società moderna, con un governo democraticamente eletto, i tribunali per far rispettare la legge e la polizia per garantire la sicurezza dei cittadini e dei beni. In questo sistema, anche un umile lavoratore può possedere una casa e tutti i beni in essa contenuti. Per i ricchi è un buon affare. Non sono più minacciati dalle rivolte popolari e possono investire di più per diventare ancora più ricchi. Allo stesso tempo, anche i meno abbienti iniziano a costruirsi un patrimonio. È così che è nata la classe media, come quella che il Canada ha conosciuto dal 1950 al 2010. Durante questo periodo storico, molti lavoratori sono riusciti a crearsi un patrimonio acquistando uno o più immobili a reddito, comunemente chiamati “plex”. L’idea è brillante: il proprietario vi alloggia la propria famiglia e, allo stesso tempo, in cambio di un affitto, risponde a un bisogno della società mettendo a disposizione di qualcun altro un appartamento. Anche se ciò comporta dei disagi per il proprietario, nel lungo periodo gli consente di rimborsare più rapidamente il mutuo e di disporre di un capitale per giorni migliori. Ma che succede alle persone che, per qualsiasi motivo, non possono acquistare un immobile? Andranno in affitto. Nelle aree urbane, oggi ci sono più locatari che proprietari. Quale impatto ha questo fenomeno? Alcuni gruppi di inquilini si sono organizzati e chiedono al governo dei diritti specifici. Questi diritti, tuttavia, finiscono per ridurre il diritto di proprietà del proprietario. Per i proprietari più facoltosi, che possiedono un numero considerevole di alloggi e dispongono del personale necessario per amministrarli, ciò ha un impatto minimo. Visto che però la legge è uguale per tutti, sono i piccoli proprietari di duplex o triplex a subirne le conseguenze. La legge non gli è di alcun aiuto, quando vogliono porre fine ad una situazione ingiusta nei confronti del loro inquilino. E i tribunali? Leggendo le sentenze del Tribunal du Logement, emerge una grande simpatia per gli inquilini.