(Adnkronos) – Una ‘parentela’ molto rischiosa, pollini-alimenti, che se non si conosce e si è allergici può essere pericolosa. A spiegare come questo ‘matrimonio’ può finire male è l’immunologo Mauro Minelli, responsabile per il Sud della Fondazione di Medicina personalizzata (Fmp). Una caratteristica peculiare “delle allergie è quella di ingenerare, nei soggetti predisposti, quadri clinici anche piuttosto severi – dalla rinite all’asma, dall’orticaria all’eczema e fino all’anafilassi – attraverso meccanismi immunologici attivati da sostanze del tutto innocue per la popolazione non allergica”, afferma l’immunologo all’Adnkronos Salute.
“Classicamente si annoverano, tra queste sostanze, polveri e pollini, alimenti e farmaci, nichel e altri metalli, forfore animali e muffe. Nel tempo si è visto, tuttavia – osserva – che gli antigeni responsabili delle comuni reazioni allergiche possono presentare, in percentuale variabile, una omologia strutturale e biochimica con altre molecole proteiche diffuse nel mondo vegetale e animale, che svolgono funzioni di natura diversa (difensive, strutturali enzimatiche). Tali proteine sono presenti in pollini, in alimenti del regno vegetale (frutta, verdura, semi), in alimenti del regno animale (latte, uova, carne, molluschi), in organismi diversi (acari, lumache, scarafaggi, vermi)”.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità considera oramai l’allergia una “patologia non trasmissibile, fuori controllo. E, d’altro canto, gli ultimi dieci anni hanno visto un marcato incremento delle allergie in tutti i Paesi del mondo quasi raggiungendo, in alcuni di questi, la prevalenza del 50% nell’ultima generazione”, ricorda Minelli.
“In particolare, si è avuto modo di constatare che, quando una molecola presenta un’elevata omologia allergologica con altre molecole, il paziente, oltre a manifestare una sensibilizzazione alla molecola primaria, può anche essere allergico alle molecole omologhe. Tale constatazione – prosegue Minelli – ha chiarito come mai un soggetto allergico, per esempio, alla polpa della mela spesso risulti allergico al polline della betulla, pur senza avere mai avuto la possibilità di sensibilizzarsi all’albero della betulla. In realtà il paziente potrebbe essere allergico alle proteine Pr (Pathogenesis Related proteins) presenti, in alta omologia, tanto nella polpa della mela quanto nel polline della betulla. Si tratta di proteine piuttosto labili (termo e gastrolabili) per cui gli alimenti che le contengono, se cotti o comunque sottoposti a processi di rielaborazione (marmellate, succhi di frutta), sono generalmente ben tollerati”.
In questo caso il paziente “potrebbe essere allergico anche a tutti gli altri pollini e alimenti contenenti Pr-proteins, certamente presenti nel polline della betulla (molecola Bet v 1), ma anche in molti alimenti appartenenti alle famiglie di Rosacee (mela, pera, pesca, albicocca, ciliegia, prugna, susina, mandorla, nespola), Apiacee (sedano, carota, finocchio, prezzemolo, anice), Fabacee (fagiolo, pisello, fava, lupino, arachide, soia, lenticchia), Poacee (grano, mais, orzo, avena, segale”, precisa. Queste reazioni allergiche crociate si manifestano in quei soggetti che presentino “una sensibilizzazione verso proteine omologhe contenute tanto nei pollini quanto negli alimenti. Il fenomeno, definito ‘cross-reattività’ ma meglio identificato con il termine di ‘co-riconoscimento’, spiega come mai alcuni pazienti possano presentare reazioni anche severe assumendo alimenti allergizzanti mai prima ingeriti”, avverte l’immunologo.
“La causa di tutto questo è da ricercarsi nella ‘parentela’ botanica tra i pollini di alcune famiglie e vari alimenti: il sistema immunitario reagisce anche alle sostanze contenute nei cibi, a causa della loro affinità con gli antigeni contenuti nei pollini inalati. In quanto alla loro diffusione – ricapitola Minelli – studi scientifici condotti sull’argomento hanno dimostrato che, su una popolazione ampia di 25mila persone allergiche, il 55% delle allergie alimentari sia dovuta proprio ad una reazione crociata fra pollini e alimenti”.
“Volendo ulteriormente allargare il campo delle reattività crociate è possibile riferirsi, per esempio, al fatto che una quota consistente di pazienti allergici al polline della betulla, delle graminacee o di altre erbe (tra cui l’ambrosia o l’artemisia o la parietaria) reagisce non col polline in quanto tale, ma con la profilina, una proteina presente nei granuli pollinici e cross‐reagisce con molte altre profiline presenti in alimenti di origine vegetale. Tale evenienza – rimarca l’immunologo – giustifica eventuali reazioni prodotte da pomodoro, melone, kiwi o arancia, in soggetti allergici alle graminacee; oppure reazioni prodotte da gelso, basilico, ciliegia o melone, in soggetti allergici alla parietaria; o ancora reazioni prodotte da melone o banana, in soggetti allergici all’ambrosia”.
“Così come giustifica reazioni prodotte da peperone, sedano, ananas o banana in soggetti sensibili ad Hev b8 che è una frazione molecolare del lattice appartenente alla famiglia delle profiline, per quanto altre frazioni molecolari del lattice, tipo l’Hev b11 o l’Hev b2, oppure l’Hev b5 o l’Hev b6, possano rendersi responsabili di reazioni prodotte da altri alimenti cross-reagenti all’interno della cosiddetta ‘Latex Fruit Syndrome’ – conclude – Il fenomeno della cross-reattività ha chiarito ancora come mai un soggetto allergico alla pesca che contiene una proteina del gruppo Ltp (Lipid Transfer Protein), spesso risulti allergico anche all’uva, alla mela o alla nocciola. Quelli appartenenti al gruppo delle Ltp sono allergeni resistenti al calore e alla digestione nel tratto gastrointestinale, ciò che permette loro di indurre anche importanti sintomi generalizzati fino allo shock anafilattico”.