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PER IL RISPETTO DEI NOSTRI MORTI

Ciascuno di noi testimonia ogni giorno il fatto che la vita è la cosa più preziosa che c’è nell’universo. Anche nel momento in cui la vita lascia coloro che ci hanno accompagnato, onoriamo il loro passaggio sulla nostra terra mostrando nei loro confronti il massimo rispetto. Tant’è vero che noi italiani abbiamo persino un termine dedicato al-la loro memoria, chiamando il cimitero Camposanto. Ci sono diversi modi per onorare i nostri morti. Tuttavia, a prescindere dalla fede o dalla religione di chi ci lascia, l’umanità intera elabora riti, pratiche e credenze per manifestare la massima deferenza nei loro confronti. È quindi con immensa tristezza che constatiamo come oggi questo ancestrale rispetto universale non è riconosciuto nel nostro Paese. ll più grande cimitero del Canada, quello di Notre-Dame des Neiges, infatti, rappresenta oggi il luogo di un inqualificabile oltraggio nei confronti dei nostri defunti. (Ha riaperto eccezionalmente domenica per qualche ora, in occasione della festa della Mamma).  Il lutto è una delle prove più grandi per un essere umano. Un dolore che incide profondamente anche sulla salute di chi lo vive. Basta prestare attenzione alle persone che vi circondano e scoprirete che ci sono parenti, amici, colleghi o vicini che hanno perso una persona cara senza averla potuta onorare con la dignità e gli omaggi dovuti.

 

Ci sono quattro categorie di persone che lavorano al cimitero. Gli impiegati amministrativi, gli operatori, i responsabili ed i dirigenti. I dirigenti sono gli stessi dell’Arcidiocesi di Montréal e quindi della Basilica di Notre-Dame. I responsabili sono pochi e attualmente sono quelli che lavorano da soli per fornire alcuni rari servizi al cimitero. Gli impiegati amministrativi e gli operatori godono di alcune delle condizioni di lavoro più invidiabili, come gli orari ridotti con piena retribuzione, una dozzina di settimane di ferie o congedi vari, un generoso sistema pensionistico e dei vantaggi sociali tra i più convenienti. Basti pensare che la retribuzione complessiva si avvicina a più di 50 dollari l’ora. Eppure questo non sembra soddisfarli.

 

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Anzi, attualmente sono in sciopero perché scontenti degli aumenti, per quanto rispettabili, offerti dal datore di lavoro. Continuano, quindi, il lungo sciopero nel quale hanno trascinato tutte le vittime innocenti che hanno perso una persona cara e che non han-no potuto offrire loro un addio degno della nostra morale e delle nostre credenze. Peggio ancora, questo conflitto, che diventa una tragedia personale per coloro che ne subiscono le conseguenze, si svolge nella totale indifferenza dei nostri eletti. Sì, certo, hanno tutti trovato il tempo per votare un generoso aumento del proprio stipendio, ma non sembrano avere il tempo di interessarsi al calvario vissuto dai loro concittadini.

 

È da tempo risaputo che un sindacato può essere riconosciuto come negoziatore di un gruppo di lavoratori. Se il sindacato e il datore di lavoro non riescono a raggiungere un accordo, il sindacato può esercitare delle forme di pressione sul datore di la-voro al fine di obbligarlo a fare delle concessioni. Questa pressione può assumere la forma di uno sciopero. In questo caso, i lavoratori si sottomettono alle direttive del sindacato e smettono di lavorare per indurre il datore di lavoro a cedere. In cambio, il sindacato deve mostrarsi ragionevole, perché se chiede troppo e la controversia si protrae troppo a lungo, i concorrenti del datore di lavoro ne approfitteranno per soffiargli i clienti, cosa che potrebbe portare al fallimento e alla perdita di posti di lavoro. Tuttavia, questo sistema non si applica a un cimitero. Molti dei defunti avevano già acquistato il loro luogo di sepoltura, quindi i sopravvissuti dovrebbero rispettare le loro ultime volontà. Non possono andare da un “concorrente”.

 

La legge prevede un meccanismo di servizio essenziale che va mantenuto in caso di sciopero. Sfortunatamente, le nostre leggi obsolete non sono più adeguate alla realtà odierna. Cento anni fa, i dipendenti non si sarebbero mai comportati come oggi. La legge dice chiaramente che i servizi essenziali devono essere garantiti, se c’è un rischio per la salute. Purtroppo i tribunali non tengono conto della definizione di ‘salute’, che è comunque quella dell’Organizzazione mondiale della sanità, che conosciamo come OMS. Eppure, i tribunali hanno accettato la decisione dell’OMS di dichiarare una pandemia. Ricordiamoci che la definizione di “salute” dell’OMS non riguarda solo la salute fisica, ma anche il benessere morale e sociale dell’individuo. È chiaro che una persona che soffre ancora di più, perché un caro viene abbandonato dopo la morte a causa dello sciopero, è una persona la cui salute viene compromessa. Una società che non rispetta i propri morti è una società che mette in pericolo la vita stessa. È ora che i tribunali lo riconoscano.

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