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Paolo Quattrocchi
Paolo Quattrocchi: “La forza del Canada è l’intelligenza collettiva”

L’autore romano presenta il suo libro il 26 aprile alla Casa d’Italia

 

MONTRÉAL – In tutto, 232 pagine e 13 capitoli (di cui 2 dedicati al Québec) per raccontare un paese, il Canada, che lo ha intrigato sin da giovanissimo. Non soltanto per i suoi spazi immensi, ma soprattutto per una mentalità, allo stesso tempo libera e disciplinata, che lo rende “un’interessante eccezione del mondo”. Il libro si chiama “Canada. Storie, visioni e sfide di un laboratorio del futuro”, è stato scritto dall’avv. Paolo Quattrocchi, con la preziosa collaborazione di Giuliano Compagno, scrittore e saggista. Quattrocchi è presidente della Camera di Commercio Italiana in Canada Ovest e dal 2017 dirige il “Centro Studi Italia Canada”, think-tank sui rapporti tra i due Paesi. Sarà proprio Quattrocchi, per l’occasione affiancato da Marianna Simeone, a presentare la sua opera al pubblico Italo-Canadese mercoledì 26 aprile, alle ore 18, presso la Casa d’Italia di Montréal. “La passione per il Canada nasce nel 1977 – ci ha raccontato l’autore – quando feci un viaggio di un mese ‘zaino in spalla’ in Nord America. Ero a Seattle, vicino c’era il Canada, un altro paese dei miei sogni perché nei fumetti di Tex Willer, di cui ero appassionato, c’erano personaggi canadesi come la Giubba rossa e il Trapper francese. Sono stato a Vancouver e c’è stata una prima infatuazione. Ma è nel 2004 che, tornato a Vancouver per il mio compleanno, è scoccata la scintilla. Tanto che negli ultimi 20 anni ho frequentato assiduamente il Canada: prima del covid anche fino a 5 volte l’anno”.

 

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EPPURE SI PARLA SEMPRE DEGLI STATI UNITI, MAI DEL CANADA. “La responsabilità è anche dei canadesi, che non sono consapevoli dell’importanza e del peso che il loro paese ha o può avere nello schacchiere internazionale. I canadesi sono 36 milioni in un territorio vastissimo ed è con Pierre Elliot Trudeau, negli anni 70’, che è nata questa distinzione come stato a sè rispetto al Dominion britannico. E poi c’è il carattere del canadese, che è schivo e riservato, non si rappresenta”.

 

“Il bello del Canada è che le persone seguono le regole perché intimamente consapevoli
che sono giuste per la collettività:
c’è fiducia in un sistema che non tradisce”

 

SCHIVI E RISPETTOSI DELLE REGOLE. “Il bello del Canada è che le persone seguono le regole perché intimamente consapevoli che sono giuste per la collettività. Il comportamente dell’individuo deve essere coerente con l’interesse comune. Ecco la fila al bus o dal rivenditore di telefonini. Ed è proprio questa burocrazia rende il Canada un paese gradevole. Mentre in Italia abbiamo bisogno di un interlocutore fisico su cui scaricare anche le nostre frustrazioni, qui in Canada è tutto più spersonalizzato e digitale: c’è fiducia in un sistema che non tradisce”.

 

UN SISTEMA CHE FUNZIONA IN UNA SOCIETÀ MULTICULTURALE. “Ecco il concetto di laboratorio del futuro: il multiculturalismo è una grandissima risorsa, che però va gestita con la diligenza. È bellissimo che ci siano gli italiani che sono ancora italiani benché canadesi, ma la regola comune deve stare bene a tutti. Dico sempre che l’Italia ha bisogno di più Canada e il Canada di più Italia. Fossi nel governo italiano andrei a vedere come fanno i canadesi a prendere, ovunque nel mondo, le persone più capaci di cui hanno bisogno in quel momento. Il Canada avrebbe bisogno di più Italia perché, noi italiani abbiamo un calore, un’umanità ed un’empatia che al canadese medio mancano. Nonostante ciò, a mio parere, il Canada è la massima espressione dell’intelligenza collettiva, cioè al canadese medio non vengono richieste particolari attitudini se non quella di attenersi al compito che gli viene affidato. Il singolo canadese non è eclettico come l’italiano, ma fa quello che gli viene chiesto e lo fa molto bene. Il senso civico canadese è pazzesco”.

 

L’ECCEZIONALITÀ DEL QUÉBEC IN CANADA. “Io vedo il Québec come la specialità del Canada. Il Canada è speciale perché c’è il Québec, altrimenti il Canada sarebbe stato come la Nuova Zelanda o l’Australia, una semplice ex colonia inglese. Invece il Québec, in ragione delle modalità attraverso cui si è creato il Canada, attraverso una guerra che in Nord America significò la fine dell’impero francese e l’inizio di quello inglese, quindi del Canada, è la vera unicità, perché, finita la guerra dei Sette anni nel 1763, il Canada è subito costretto a mediare, a convivere, restando, tra mille acrobazie, un paese unito. L’unico difetto del Québec è che negli anni non ha mai sentito la spinta ad occupare ‘culturalmente’ il Canada. I quebecchesi sono rimasti arroccati nella loro terra, difendendo e rafforzando la propria cultura. Il Québec non è la Francia ma il Canada, e dovrebbe cercare di plasmare con la sua cultura anche il resto del paese”.

 

IL CANADA È DAVVERO UN LABORATORIO DEL FUTURO? “Il Canada è l’adesione ad un modello inclusivo, basato sulla libertà e, allo stesso tempo, sul rispetto delle regole. Questo fa del Canada un eccezione del mondo. ‘Curare a volte, alleviare spesso, confortare sempre’, esortazione  pronunciata da Pierre Elliott Trudeau negli anni ’70, tra le tensioni separatiste nel paese, resta ancora attuale e rappresenta l’indicazione verso una strada che ha portato al multiculturalismo di oggi. L’augurio è che tutti gli obiettivi soprattutto di carattare sociali di cui il Canada è l’alfiere, a partire dall’annosa questione della riconciliazione con le First Nations, per passare all’accoglienza di popolazioni provenienti da diverse parti del mondo, continuino ad essere perseguiti in quello spirito di libertà che ha caratterizzato almeno gli ultimi 70 anni della storia del Canada”.

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