IL PUNTO di Vittorio Giordano
Siamo tra i più vaccinati al mondo, eppure subiamo misure restrittive, drastiche e severe, perché mancano posti-letto ed il personale medico è inadeguato
Potremmo chiamarlo il paradosso quebecchese. Il 90% della popolazione (dai 5 anni in su) del Québec ha ricevuto almeno una dose di vaccino contro il Covid-19, l’83% ben 2 dosi ed il 40% addirittura 3 dosi (a ritmo di 100 mila nuove somministrazioni giornaliere). La stragrande maggioranza dei Quebecchesi ha seguito alla lettera le consegne del Governo, ha fatto quadrato intorno alle sue Istituzioni e si è fidata ciecamente della Scienza. Tutti ci siamo vaccinati di corsa, perché ci è stato spiegato che, grazie al siero scoperto in tempi record ed al passaporto vaccinale, saremmo potuti tornare ad una certa “normalità”. Ci abbiamo creduto, salvo ritrovarci prigionieri di un problema strutturale e congenito più grande di un virus subdolo e viscido. Ci sentiamo, a ragione, presi in giro, delusi e frustrati. La crisi sanitaria si è trasformata in crisi piscologica, sociale ed economica. Oggi, in Québec, nonostante il tasso altissimo di bi e tri-vaccinati, restano ancora chiusi bar, ristoranti, cinema, teatri, palestre, spa, stadi, chiese; sono vietati gli sport di squadra al chiuso e gli assembramenti sono limitati agli occupanti della stessa residenza. Stiamo pagando un prezzo altissimo. E questo perché siamo tutti vittime dell’inazione e della miopia della classe dirigente al potere negli ultimi 30 anni. La popolazione del Québec, tra le più vaccinate al mondo, continua a subire misure restrittive drastiche e severe perché mancano ospedali ed il personale medico è inadeguato. Ecco la verità. Il Covid-19 è stato solo l’ultima goccia che ha fatto traboccare il vaso. Come ha certificato recentemente la Commissaria alla Salute del Québec: “Non eravamo pronti ad affrontare la pandemia”. Un’accusa pesante, a cui il Primo Ministro Legault ha risposto annunciando “un piano di rifondazione del sistema sanitario”. L’ennesimo annuncio. Come troppo spesso hanno già fatto i suoi predecessori. Un sistema sanitario fragile e carente, messo a nudo dall’esplosione dei ricoveri, causati prima dalla variante Delta e poi da quella Omicron. I fatti sono sotto gli occhi di tutti. Secondo uno studio pubblicato da ‘La Presse’, sulla base dei dati combinati dell’Università di Oxford, dell’OCSE, del Ministero della Salute del Québec e dell’Istituto canadese d’informazione sulla salute, tra i Paesi del G7, il Québec è uno dei posti in cui il Covid ha avuto un impatto maggiore sul sistema sanitario. Attualmente, i pazienti positivi occupano il 21% dei posti-letto disponibili, rispetto al
4% in Germania, al 7% in Francia, all’11% nel resto del Canada ed in Italia, al 12% nel Regno Unito ed in Spagna, al 13% in Ontario, al 16% negli Stati Uniti. E questo perché la capacità ospedaliera del Québec è decisamente inferiore a quella del resto del mondo. La provincia francofona, infatti, ha 1.865 letti per milione di abitanti, contro i 2.500 del Canada, i 3.200 dell’Italia, i 5.800 della Francia, i 7.900 della Germania, i 12.400 della Corea del Sud ed i 12.800 del Giappone. C’è poco da aggiungere. “Tutto ciò dimostra che non abbiamo alcuno spazio di manovra: non possiamo permetterci che il virus circoli come in altri Paesi”, ha commentato l’epidemiologo Benoît Mâsse, professore all’Université de Montréal. Il problema è antico. In un rapporto sulle prestazioni del sistema sanitario pubblicato nel 2016, il Commissario per la Salute e il Welfare (CSBE) aveva sottolineato che, nei 20 anni precedenti, cioè dal 1996 in poi, il numero dei posti letto era diminuito costantemente, senza che i servizi ambulatoriali, che avrebbero dovuto fare da contrappeso, fossero stati potenziati. La colpa, dunque, è dei governi Legault, Couillard, Marois, Charest, Landry e Bouchard. Nessuno escluso. A Legault, oggi, non chiediamo di costruire un ospedale in 10 giorni come ha fatto la Cina, ma in 10 giorni il Primo Ministro può preparare un piano decennale di rilancio del servizio sanitario pubblico. Costruendo nuovi ospedali, migliorando le condizioni di lavoro dei medici e degli infermieri, con posti fissi e salari più competitivi (come in Ontario), e specificando, già nel prossimo decreto flussi, che una quota importante degli immigrati ammessi in Québec (nel 2022 sono 70.500) abbia una Laurea in Medicina o in Scienze Infermieristiche. Ci sarebbe la fila. Ed i nostri figli e nipoti ci ringrazierebbero.