(Adnkronos) – Dopo la pandemia, in un anno sono più che raddoppiate le richieste per ottenere il ‘Marchio Rspo’. Lo spiegano da Bologna l’Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile e Roundtable on sustainable palm oil (Rspo) presenti a ‘Marca’, la fiera della marca commerciale (private label). Una certificazione che significa aver superato controlli scrupolosi da parte di un ente certificatore, non solo sulle carte ma anche sul posto, e garantisce la sostenibilità della sua produzione.
Associarsi a Rspo, approvvigionarsi in modo responsabile e aderire all’Unione dell’olio di palma sostenibile sono quindi i primi step fondamentali che i retailer italiani e i loro fornitori devono compiere per confermare il proprio impegno nel porre fine alla deforestazione, migliorare i mezzi di sussistenza degli agricoltori e garantire il rispetto dei diritti dei lavoratori, della comunità e combattere il lavoro minorile. “C’è una prima verifica documentale dove si va a vedere se la documentazione prodotta dall’azienda è corretta. Dopo ci sono le verifiche in azienda. L’ente di certificazione si presenta sul posto e fa tutti i controlli del caso” spiega Michela Coli, responsabile certificazione Rspo per Icea – Istituto per la certificazione etica e ambientale, che aggiunge: “Andiamo a vedere la preparazione anche degli addetti ai lavori, ci assicuriamo che quello che viene scritto sulla carta poi corrisponda a quella che è la reale attività dell’azienda. Dopo la prima valutazione viene emesso un certificato, con validità di cinque anni, ma viene automaticamente rinnovato ogni anno a seguito di nuove verifiche ispettive”.
“I vantaggi della certificazione Rspo sul mercato sono innegabili – continua Coli -. Esiste un interesse sempre maggiore sia da parte delle singole aziende che escono a proprio marchio sia da parte della grande distribuzione e di conseguenza tutti i fornitori che fanno prodotti a marchio della grande distribuzione. Viene sempre più spesso chiesto di certificare i propri prodotti sia nell’area ‘food’, quindi alimenti, sia nell’area no food. Questi prodotti possono essere i più vari: dai dolciari alle candele, dai prodotti per le pulizie ai prodotti di bellezza per marchi della grande distribuzione”, conclude Coli.